Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 27063 del 26/11/2020

Cassazione civile sez. I, 26/11/2020, (ud. 08/10/2020, dep. 26/11/2020), n.27063

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SAN GIORGIO Maria Rosaria – Presidente –

Dott. MELONI Marina – Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –

Dott. SUCCIO Roberto – Consigliere –

Dott. AMATORE Roberto – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 10932-2019 r.g. proposto da:

M.M., (cod. fisc. (OMISSIS)), rappresentato e difeso,

giusta procura speciale apposta in calce al ricorso, dall’Avvocato

Giovambattista Scordamaglia, presso il cui studio è elettivamente

domiciliato in Petilia Policastro, Via Arringa n. 60;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, (cod. fisc. (OMISSIS)), in persona del legale

rappresentante pro tempore il Ministro;

– intimato –

avverso la sentenza della Corte di Appello di Catanzaro, depositata

in data 18.9.2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

8/10/2020 dal Consigliere Dott. Roberto Amatore.

 

Fatto

RILEVATO

CHE:

1.Con la sentenza impugnata la Corte di appello di Catanzaro ha rigettato l’appello proposto da M.M., cittadino del (OMISSIS), nei confronti del Ministero dell’Interno, avverso l’ordinanza emessa in data 12.12.2016 dal Tribunale di Catanzaro, con la quale erano state respinte le domande di protezione internazionale ed umanitaria avanzate dal richiedente.

La Corte di merito ha ricordato, in primo luogo, la vicenda personale del richiedente asilo, secondo quanto riferito da quest’ultimo; egli ha infatti narrato: i) di essere nato e vissuto in (OMISSIS) e di aver svolto la professione di giornalista professionista; ii) di essere stato costretto a fuggire dal (OMISSIS) in seguito ad una inchiesta giornalistica nella quale erano emerse le responsabilità penali di alcuni trafficanti di droga che erano stati arrestati ed i cui soci in affari, rimasti ancora a piede libero, lo avevano minacciato di morte; iii) di aver subito anche aggressioni fisiche da parte dei predetti soggetti dediti al traffico di stupefacenti.

La Corte territoriale ha, poi, ritenuto che: a) non erano fondate le domande volte al riconoscimento dello status di rifugiato e della protezione sussidiaria, sub D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. a e b, in ragione della complessiva valutazione di non credibilità del racconto, che risultava, per molti aspetti, non plausibile e lacunoso e perchè peraltro il timore di essere ucciso dai trafficanti di stupefacenti non rientrava nel paradigma applicativo degli atti di persecuzione suscettibili di fornire lo status di rifugiato; b) non era fondata neanche la domanda di protezione sussidiaria D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14, lett. c, in ragione dell’assenza di un rischio-paese riferito al (OMISSIS) (provincia di (OMISSIS), regione del (OMISSIS)), stato di provenienza del richiedente, collegato ad un conflitto armato generalizzato; c) non poteva accordarsi tutela neanche sotto il profilo della richiesta protezione umanitaria, posto che il ricorrente non aveva dimostrato una condizione di soggettiva vulnerabilità e perchè non sussisteva neanche il rischio di una compressione dei diritti fondamentali del richiedente in caso di rimpatrio.

2. La sentenza, pubblicata il 18.9.2018, è stata impugnata da M.M. con ricorso per cassazione, affidato a tre motivi. L’amministrazione intimata non ha svolto difese.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

1.Con il primo motivo il ricorrente lamenta, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, violazione e falsa applicazione dell’art. 132 c.p.c., comma 1, n. 3, per omessa valutazione dei documenti prodotti.

2. Con il secondo mezzo si deduce violazione e falsa applicazione, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3 in relazione ai profili di credibilità del racconto del ricorrente.

3. Con il terzo motivo si censura il provvedimento impugnato, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 2 e art. 14, comma 1, lett. b, in riferimento alla richiesta protezione sussidiaria.

4. Il ricorso è fondato.

4.1 Possono essere esaminati congiuntamente il primo e secondo motivo di ricorso, il cui accoglimento determina invero anche l’assorbimento della terza doglianza.

4.1.1 Sul punto deve essere premesso che, secondo la giurisprudenza espressa da questa Corte di legittimità, il vizio di omessa pronuncia che determina la nullità della sentenza per violazione dell’art. 112 c.p.c., rilevante ai fini di cui all’art. 360, comma 1, n. 4 cit. codice, si configura esclusivamente con riferimento a domande attinenti al merito e non anche in relazione ad istanze istruttorie per le quali l’omissione è denunciabile soltanto sotto il profilo del vizio di motivazione (Cass. Sez. 6, Ordinanza n. 13716 del 05/07/2016; Sez. 6 – 1, Ordinanza n. 24830 del 20/10/2017; Cass. Sezioni Unite n. 15982/2001).

Ciò posto, va ulteriormente precisato che il mancato esame di un documento può essere denunciato per cassazione solo nel caso in cui determini l’omissione di motivazione su un punto decisivo della controversia e, segnatamente, quando il documento non esaminato offra la prova di circostanze di tale portata da invalidare, con un giudizio di certezza e non di mera probabilità, l’efficacia delle altre risultanze istruttorie che hanno determinato il convincimento del giudice di merito, di modo che la “ratio decidendi” venga a trovarsi priva di fondamento. Ne consegue che la denuncia in sede di legittimità deve contenere, a pena di inammissibilità, l’indicazione delle ragioni per le quali il documento trascurato avrebbe senza dubbio dato luogo a una decisione diversa (Cass. Sez. 3, Ordinanza n. 16812 del 26/06/2018; Cass. n. 19150/2016).

4.1.1 Orbene, il ricorrente ha puntualmente allegato una serie di documenti versati in atti sia nella sede processuale del giudizio di primo grado che in quella di appello (tesserino giornalistico presso l'(OMISSIS); autorizzazione originale per la professione di giornalista; diploma di giornalista; copia della denuncia dell’aggressione subita) il cui esame da parte dei giudici del merito sarebbe stato necessario al fine di verificare la ricorrenza dei presupposti applicativi dell’invocata protezione sussidiaria D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14, lett. b, e per il necessario giudizio di credibilità del racconto e che invece sono stati integralmente ignorati dal giudice di appello. La motivazione resa, dunque, dalla corte territoriale è risultata apodittica e dunque apparente nella parte in cui ha escluso la riconducibilità della descritta fattispecie concreta nel paradigma applicativo dell’invocata normativa protettiva di matrice internazionale, e cioè di quella prevista dal D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14 senza valutare quei fondamentali documenti allegati dal ricorrente da cui sarebbe emerso per lo meno il pericolo di danno grave collegato ad un pericolo di aggressione da parte di agenti privati, ai sensi del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 5, comma 1, lett. c.

In realtà, la motivazione impugnata riposa su una complessiva valutazione di non credibilità del racconto incentrata già sul preliminare profilo del non creduto svolgimento da parte del richiedente della professione di giornalista, senza che tuttavia il provvedimento reso dalla Corte di appello si sia interrogato sulla valenza probatoria dei documenti allegati dal ricorrente, documenti che erano volti proprio a dimostrare lo svolgimento della predetta attività professionale nel corso della quale era emerso il pericolo di “danno grave” collegato alla possibilità di aggressioni violente da parte dei trafficanti di droga, contro i quali poteva risultare vana la pur invocata protezione statuale.

Ciò inficia irrimediabilmente la valutazione di credibilità del ricorrente la cui motivazione può dunque ritenersi come meramente apparente sul punto qui da ultimo in discussione.

Si impone pertanto la cassazione del provvedimento impugnato per una nuova lettura degli atti istruttori sopra indicati.

P.Q.M.

accoglie il primo e secondo motivo; dichiara assorbito il terzo; cassa la sentenza impugnata con rinvio alla Corte di appello di Catanzaro, in diversa composizione, anche per le spese del presente giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 8 ottobre 2020.

Depositato in Cancelleria il 26 novembre 2020

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