Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 27062 del 26/11/2020

Cassazione civile sez. I, 26/11/2020, (ud. 08/10/2020, dep. 26/11/2020), n.27062

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SAN GIORGIO Maria Rosaria – Presidente –

Dott. MELONI Marina – Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –

Dott. SUCCIO Roberto – Consigliere –

Dott. AMATORE Roberto – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 9880-2019 r.g. proposto da:

M.A., (cod. fisc. (OMISSIS)), rappresentato e difeso, giusta

procura speciale apposta in calce al ricorso, dall’Avvocato

Giovambattista Scordamaglia, presso il cui studio è elettivamente

domiciliato in Petilia Policastro, Via Arringa n. 60;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, (cod. fisc. (OMISSIS)), in persona del legale

rappresentante pro tempore il Ministro;

– intimato –

avverso la sentenza della Corte di Appello di Catanzaro, depositata

in data 19.12.2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

8/10/2020 dal Consigliere Dott. Roberto Amatore.

 

Fatto

RILEVATO

CHE:

1. Con la sentenza impugnata la Corte di appello di Catanzaro ha rigettato l’appello proposto da M.A., cittadino del (OMISSIS), nei confronti del Ministero dell’Interno, avverso l’ordinanza emessa in data 21.12.2017 dal Tribunale di Catanzaro, con la quale erano state respinte le domande di protezione internazionale ed umanitaria avanzate dal richiedente.

La Corte di merito ha ricordato, in primo luogo, la vicenda personale del richiedente asilo, secondo quanto riferito da quest’ultimo; egli ha infatti narrato: i) di essere nato a (OMISSIS) ((OMISSIS)), ove aveva sempre vissuto fino al 13.4.2015; ii) di essere stato costretto a fuggire dal suo paese, perchè ingiustamente accusato di essere complice dell’omicidio di una ragazza, che era stata la fidanzata di un suo amico.

La Corte territoriale ha, poi, ritenuto che: a) non erano fondate le domande volte al riconoscimento dello status di rifugiato e della protezione sussidiaria, sub D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. a e b, in ragione della insussistenza dei presupposti applicativi dell’invocata tutela protettiva perchè la vicenda rientrava nel novero di un episodio solo penalmente rilevante che non evidenziava alcun profilo di persecuzione in danno del richiedente nei cui confronti poteva al più evidenziarsi una sorta di ritorsione trasversale per la militanza politica dello zio; b) non era fondata neanche la domanda di protezione sussidiaria D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14, lett. c, in ragione dell’assenza di un rischio-paese riferito al (OMISSIS), stato di provenienza del richiedente, collegato ad un conflitto armato generalizzato; c) non poteva accordarsi tutela neanche sotto il profilo della richiesta protezione umanitaria, posto che il ricorrente non aveva dimostrato un saldo radicamento nel contesto sociale italiano, non rilevando a tal fine la sola integrazione lavorativa e perchè non era comunque rintracciabile nel paese di provenienza del richiedente una situazione di emergenza sanitaria o alimentare e una compressione dei diritti fondamentali del ricorrente; d) anche il timore di essere arrestato ingiustamente per la vicenda penale sopra descritta non poteva rilevare al fine del rilascio di un permesso di soggiorno per motivi umanitari poichè non era riferibile ad un pericolo di natura transitoria.

2. La sentenza, pubblicata il 19.12.2018, è stata impugnata da M.A. con ricorso per cassazione, affidato a quattro motivi.

L’amministrazione intimata non ha svolto difese.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

1.Con il primo motivo il ricorrente lamenta, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, violazione e falsa applicazione dell’art. 132 c.p.c., comma 1, n. 3, per omessa valutazione dei documenti prodotti e, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3 in relazione ai profili di credibilità del racconto del ricorrente.

2. Con il secondo mezzo si deduce violazione e falsa applicazione, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, del D.Lgs. n. 251 del 2008, artt. 6, 7 e 8 in relazione allo status di rifugiato.

3. Con il terzo motivo si censura il provvedimento impugnato, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per violazione del D.Lgs. n. 215 del 2007, art. 2 e art. 14, comma 1, lett. b, in riferimento alla richiesta protezione sussidiaria.

4. Il quarto mezzo denuncia, sempre ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5 e del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32 in relazione al profilo della mancata comparazione del profilo dell’integrazione sociale e quello della situazione personale del richiedente.

4. Il ricorso è fondato per le ragioni qui di seguito precisate.

4.1 Il primo motivo può essere esaminato congiuntamente al terzo, riguardando i medesimi profili di doglianza relativamente al mancato accoglimento dell’invocata protezione sussidiaria, con l’ulteriore conseguenza che il loro accoglimento determina l’assorbimento dell’esame delle restanti doglianze.

4.1.1 Sul punto deve essere premesso che, secondo la giurisprudenza espressa da questa Corte di legittimità, il vizio di omessa pronuncia che determina la nullità della sentenza per violazione dell’art. 112 c.p.c., rilevante ai fini di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, si configura esclusivamente con riferimento a domande attinenti al merito e non anche in relazione ad istanze istruttorie per le quali l’omissione è denunciabile soltanto sotto il profilo del vizio di motivazione (Cass. Sez. 6, Ordinanza n. 13716 del 05/07/2016; Sez. 6 – 1, Ordinanza n. 24830 del 20/10/2017; Cass. Sezioni Unite n. 15982/2001).

Ciò posto, va ulteriormente precisato che il mancato esame di un documento può essere denunciato per cassazione solo nel caso in cui determini l’omissione di motivazione su un punto decisivo della controversia e, segnatamente, quando il documento non esaminato offra la prova di circostanze di tale portata da invalidare, con un giudizio di certezza e non di mera probabilità, l’efficacia delle altre risultanze istruttorie che hanno determinato il convincimento del giudice di merito, di modo che la “ratio decidendi” venga a trovarsi priva di fondamento. Ne consegue che la denuncia in sede di legittimità deve contenere, a pena di inammissibilità, l’indicazione delle ragioni per le quali il documento trascurato avrebbe senza dubbio dato luogo a una decisione diversa (Cass. Sez. 3, Ordinanza n. 16812 del 26/06/2018; Cass. n. 19150/2016).

4.1.1 Orbene, il ricorrente ha puntualmente allegato una serie di documenti versati in atti sia nella sede processuale del giudizio di primo grado che in quella di appello (articolo di giornale; denuncia emessa nei suoi confronti; documenti giudiziari; mandato di arresto) il cui esame da parte dei giudici del merito sarebbe stato necessario al fine di verificare la ricorrenza dei presupposti applicativi dell’invocata protezione sussidiaria D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14, lett. a e b, e per il necessario giudizio di credibilità del racconto e che invece sono stati integralmente ignorati dal giudice di appello. La motivazione resa, dunque, dalla corte territoriale è risultata apodittica e dunque apparente nella parte in cui ha escluso la riconducibilità della descritta fattispecie concreta nel paradigma applicativo dell’invocata normativa protettiva di matrice internazionale, e cioè di quella prevista dal D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 7 e 14 senza valutare quei fondamentali documenti allegati dal ricorrente da cui sarebbe emerso per lo meno il pericolo di danno grave collegato ad una carcerazione ingiustificata e degradante.

Senza contare che il corretto e puntuale esame dei predetti documenti – il cui scrutinio era necessario per verificare (come detto) la ricorrenza dei presupposti applicativi della protezione sussidiaria prevista dal sopra indicato D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. a e b, – avrebbe anche dovuto implicare la conseguente attivazione dei poteri istruttori previsti dal D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, al fine di verificare il concreto pericolo, nel paese di provenienza del richiedente, di un “danno grave” legato alla possibile ingiustificata detenzione conseguente alla vicenda penale sopra ricordata.

Si impone pertanto la cassazione del provvedimento impugnato per una nuova lettura degli atti istruttori sopra indicati.

La decisione sulle spese del giudizio di legittimità sono rimesse al giudice del rinvio.

P.Q.M.

accoglie il primo e terzo motivo; dichiara assorbiti i restanti; cassa la sentenza impugnata con rinvio alla Corte di appello di Catanzaro, in diversa composizione, anche per le spese del presente giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 8 ottobre 2020.

Depositato in Cancelleria il 26 novembre 2020

 

 

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