Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2706 del 04/02/2011

Cassazione civile sez. trib., 04/02/2011, (ud. 03/11/2010, dep. 04/02/2011), n.2706

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PLENTEDA Donato – Presidente –

Dott. D’ALONZO Michele – rel. Consigliere –

Dott. BOGNANNI Salvatore – Consigliere –

Dott. CAMPANILE Pietro – Consigliere –

Dott. DI IASI Camilla – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

(1) il MINISTERO dell’ECONOMIA e delle FINANZE, in persona del

Ministro pro tempore, e (2) l’AGENZIA delle ENTRATE, in persona del

Direttore pro tempore, entrambi domiciliati in Roma alla Via dei

Portoghesi n. 12 presso l’Avvocatura Generale dello Stato che li

rappresenta e li difende;

– ricorrenti –

contro

(1) N.P.M. (residente in

(OMISSIS)), (2) N.A.M. (residente in

(OMISSIS)), (3) N.M.L. (residente in

(OMISSIS)) e (4) N.L.

(residente in (OMISSIS)), tutti “in proprio e come

eredi” di C.A., elettivamente domiciliati in Roma alla

Piazza Verbano n. 22 presso lo studio dell’avv. Giunio E. V. RIZZELLI

che li rappresenta e difende in forza della “procura speciale”

rilasciata in calce al controricorso;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 2000/13/05 depositata il 4 marzo 2005 dalla

Commissione Tributaria Centrale;

Udita la relazione svolta nella pubblica udienza del 3 novembre 2010

dal Cons. dr. Michele D’ALONZO;

sentite le difese dei controricorrenti, perorate dall’avv. Giunio

RIZZELLI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale dr.

VELARDI Maurizio, il quale ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con ricorso notificato (mercoledì) 19 aprile 2006 a N. P.M., a N.A.M., a N.M. L. e a N.L. (ricorso depositato il 9 maggio 2006), il MINISTERO dell’ECONOMIA e delle FINANZE e l’AGENZIA delle ENTRATE – premesso che con istanza del “24 giugno 1986” i predetti N. nonchè C.A. (poi deceduta) avevano chiesto “il rimborso dell’eccedenza di imposta INVIM” da loro versata (per la qualità di “venditori” di un immobile nel cui atto, registrato il 13 agosto 1985, era stato dichiarato “il prezzo convenuto fra le parti”) (“eccedenza”) “scaturente dall’applicazione del sistema di valutazione automatica previsto dal nuovo D.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, art. 52, comma 4, ciò in applicazione delle disposizioni di favore contenute al D.P.R. n. 131 del 1986, art. 79 e stante il rinvio alle norme in materia di registro previsto dal D.P.R. n. 643 del 1972, ‘art. 31”, in forza di un solo motivo, chiedevano di cassare la sentenza n. 2000/13/05 della Commissione Tributaria Centrale (depositata il 4 marzo 2005) che aveva recepito il gravame proposto dai contribuenti avverso la decisione (690/13/1990) della Commissione Tributaria di Secondo Grado di Roma la quale (in contrario avviso a quanto deciso dal giudice di primo grado) aveva respinto l’impugnazione del “silenzio rifiuto” formatosi su detta istanza.

Nel controricorso notificato il 26 maggio 2006 (depositato il 9 giugno 2006) gli intimati instavano per la declaratoria di inammissibilità e, in subordine, per il rigetto dell’avverso gravame.

Il 19 ottobre 2010 i contribuenti depositavano memorie ex art. 378 c.p.c..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. In via preliminare va disattesa l'”eccezione” di inammissibilità del ricorso per cassazione sollevata dai contribuenti:

(a) il ricorso per cassazione contro la decisione della Commissione Tributaria Centrale depositate (come quella qui impugnata) prima dell’entrata in vigore (2 marzo 2006) del testo dell’art. 360 c.p.c. modificato dal D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, art. 2 invero, non essendo espressamente previsto dal D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636 sul contenzioso tributario, è esperibile in virtù delle disposizioni dell’art. 111 Cost.: lo stesso, pertanto, in mancanza di una specifica disciplina, resta soggetto all’applicazione delle norme ordinarie del codice di procedura civile, con la conseguenza – costituzionalmente corretta – che esso non può essere proposto dopo la scadenza del termine annuale di cui all’art. 327 c.p.c., decorrente dalla data di pubblicazione della decisione, effettuato mediante deposito nella segreteria ai sensi del citato D.P.R. n. 636 del 1972, art. 38, commi 1 e 2, indipendentemente dalla notificazione della decisione medesima (la quale, se successiva al decorso dell’anno, non è idonea a sanare una decadenza già verificatasi ed a riaprire i termini per la proposizione dell’impugnazione); tale termine come ripetutamente statuito da questa Corte (Cass., 1: 12 luglio 1983 n. 4736; 7 aprile 1983 n. 2446; 22 giugno 1982 n. 3782;

24 marzo 1982 nn. 1852-853; 10 febbraio 1982 n. 813, ex multis) – è soggetto alla sospensione durante il periodo feriale, secondo la previsione della L. 7 ottobre 1969, n. 742;

(b) il periodo complessivo di effettiva sospensione di “diritto” del decorso dei termini processuali nel periodo feriale, disposto dall’art. 1 detto, poi (Cass., trib., 1 luglio 2003 n. 10350, tra le recenti), si estende dal primo agosto al 15 settembre (compreso) di ciascun anno, cosicchè, diversamente da quanto operato nel caso dai controricorrenti, va calcolato in 46, e non in 45, giorni.

2. Con la sentenza impugnata la Commissione Tributaria Centrale ha accolto l’impugnazione dei contribuenti affermando:

– “in tema di imposta di registro, come di INVIM, l’applicazione del criterio di salutazione automatica degli immobili, di cui al D.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, art. 52, comma 4, con preclusione del potere dell’Ufficio di effettuare l’accertamento in rettifica, è subordinata alle condizioni costituite dalla presentazione di un’esplicita istanza del contribuente di volersi avvalere di tale criterio, dalla circostanza che l’immobile sia dotato di rendita catastale e, se si tratta di terreno, non sia edificabile, nonchè dalla espressa indicazione di un valore del bene, alla data dell’atto, non inferiore a quello desunto dai valori parametrici catastali e dai coefficienti di riferimento”;

– “la disposizione più favorevole si applica retroattivamente ai sensi dell’art. 79”: “in tema di INVIM, la determinazione del valore dei beni D.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, ex art. 52 (T.U.) applicabile per effetto del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 643, art. 31 … si applica anche retroattivamente in caso di pendenza di giudizio in forza dell’art. 79, comma 1, predetto T.U.”.

3. Con il loro ricorso le amministrazioni pubbliche – considerato che “l’imposta di registro”, “come … indicato … nel D.P.R. n. 131 del 1986, art. 51, comma 1”, si applica “assumendosi”, in ipotesi di trasferimento di beni immobili, “come valore dei beni o del diritti quello dichiarato dalle parti nell’atto e, in mancanza e se superiore, il corrispettivo pattuito” – censurano la decisione denunziando “violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 131 del 1986, artt. 51, 52 e 79” esponendo:

– “la disposizione di favore contenuta nel D.P.R. n. 131 del 1986, art. 79, comma 1” (la quale “consente, in determinate e specificate circostanze, l’applicazione del criterio di valutazione catastale retroattivamente”) “ha soltanto inteso introdurre … una delimitazione al potere di accertamento proprio degli uffici” al “fine esclusivo di ridurre le controversie”: “con la … norma”, quindi, “si è inteso dar corso ad una semplice preclusione al potere di accertamento … qualora nell’atto venga indicato un valore non inferiore a quello ottenibile con il procedimento di valutazione automatico … ) contemplato nel D.P.R. n. 131 del 1986, art. 52, comma 4” per cui “il contribuente” che indichi “un valore superiore … non può pretendere poi che l’imposta venga commisurata al valore individuabile attraverso il summenzionato procedimento”;

– “la disposizione transitoria di cui all’… art. 19 trova una limitata applicazione nei casi in cui o si è già dato corso ad un accertamento dell’Ufficio (non ancora), o al caso in cui non si è ancora dato corso all’accertamento in tal modo precludendone detto potere”;

– “rimane estranea all’anzidetta applicazione … l’ipotesi in cui il valore dichiarato fosse superiore a quello cd. catastale non potendosi … dar corso ad un rimborso di quanto tassato in base al valore venale indicato dalla parte”.

4. Dal canto loro i N. osservano:

– “la non applicabilità del “D.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, art. 79 è “tesi ardita e non suffragata da alcun dato testuale”: “esso”, infatti, “fa riferimento a tutti “gli atti pubblici” e a tutte le “scritture privata autenticate” in nulla differenziando a seconda del tipo di imposta da prendere a riferimento”;

– “nel caso” sono presenti “entrambe le condizioni” “che alla data di entrata in vigore del T.U. (1 luglio 1986) non sia decorso il termine di decadenza per l’azione della finanza” e “che alla predetta data” fosse “stata presentata … domanda di rimborso”) per l'”applicazione retroattiva della disciplina di cui al D.P.R. n. 131 del … 1986″ essendo stato l’atto “registrato il 13 agosto 1985” e l’istanza di “rimborso” presentata il 24 giugno 1986;

– detta “retroattività” non vale “solo per correggere eventuali dichiarazioni che indichino un prezzo inferiore a quello desumibile dal calcolo D.P.R. n. 131 del 1986, ex art. 52, comma 4” in quanto “il dettato della norma è chiarissimo e indica la possibilità di agire nei due sensi: … sia in aumento che in diminuzione”;

– “alla luce del raffronto” tra le norme “del D.P.R. n. 634 del 26 ottobre 1972, art. 41” e “art. 43, comma 1, lett. a) del cit. T.U.”;

“del D.P.R. n. 131 del 1986, art. 51, commi 1 e 2” “si può affermare che la base imponibile, in caso di atti che hanno ad oggetto beni immobili o diritti reali immobiliari, è rappresentata dal valore venale del bene, non dovendosi in alcun caso più fare riferimento al corrispettivo pattuito” (come, invece, dispongono l’art. 44 per l’ipotesi di “espropriazione forzata e trasferimenti coattivi” e l’art. 45 per il “caso … di atti di concessione e … con amministrazioni dello Stato”, per i quali “il T.U. ha ritenuto che si dovesse fare riferimento a cifre determinate nell’atto …”) per cui “si deve intendere che quanto previsto dall’art. 52, comma 4 costituisca … l’oggettivo criterio di determinazione del valore venale del bene”;

– poichè “il D.P.R. n. 643 del 1972, artt. 6 e 18” (istitutivo dell’imposta comunale sull’incremento di valore degli immobili, breviter INVIM, poi “soppressa con la L. n. 448 del … 2001, art. 8”) “fanno espresso riferimento al valore dell’immobile”, “la modifica legislativa apportata con il T.U. n. 131 del 1986 ha prodotto i suoi effetti sulle disposizioni del D.P.R. n. 643 del 1972 che facevano riferimento all’importo dichiarato” (“dato che il sistema INVIM si basava sul raffronto tra il valore iniziale ed il valore finale”) “è … del tutto conforme al sistema legislativo che ai fini dell’INVIM si prenda a riferimento il valore dell’immobile come determinato dal … citato D.P.R. n. 131 del 1986, art. 52, comma 4”;

– “anche per ciò che riguarda l’imposta di registro (dovuta dall’acquirente), l’imposta ipotecaria e l’imposta catastale, la L. 23 dicembre 2005, n. 266, art. 1, comma 497 ha stabilito … che il valore dell’immobile (è) determinato ai sensi del… testo unico di cui al D.P.R. n. 131 del 1986, art. 52, commi 4 e 5, indipendentemente dal corrispettivo pattuito indicato nell’atto”.

5. Il ricorso della amministrazioni pubbliche deve essere accolto.

A. Il D.P.R. 26 aprile 1986, n. 131 dispone:

– all’art. 51 (“valore dei beni e dei diritti”):

(a) che “ai fini dei precedenti articoli si assume come valore dei beni o dei diritti, salvo il disposto dei commi successivi, quello dichiarato dalle parti nell’atto e, in mancanza o se superiore, il corrispettivo pattuito per l’intera durata del contratto” (comma 1);

(b) che “per gli atti che hanno per oggetto beni immobili o diritti reali immobiliari e per quelli che hanno per oggetto aziende o diritti reali su di esse, si intende per valore il valore venale in comune commercio” (comma 2); – all’art. 52 (“rettifica del valore degli immobili e delle aziende”):

(1) “l’ufficio, se ritiene che i beni o i diritti di cui all’art. 51, commi 3 e 4 hanno un valore venale superiore al valore dichiarato o al corrispettivo pattuito, provvede alla rettifica mediante apposito avviso di accertamento del maggior valore” (comma 1, nel testo originario, applicabile alla specie ratione temporis);

(2) “non sono sottoposti a rettifica il valore o il corrispettivo degli immobili, iscritti in catasto con attribuzione di rendita, dichiarato in misura non inferiore, per i terreni, a sessanta volte il reddito dominicale risultante in catasto e, per i fabbricati, a ottanta volte il reddito risultante in catasto, aggiornati con i coefficienti stabiliti per le imposte sul reddito …” (comma 4, sempre nel testo originario).

B. “Dalla lettura combinata delle norme su richiamate, con riferimento agli immobili, iscritti in catasto con attribuzione di rendita, si ricavano i seguenti “condivisi e condivisibili “principi” (Cass., 1, 22 marzo 1999 n. 2645, da cui gli excerpta; cfr., anche, Cass., trib., 9 maggio 2003 n. 7111):

(1) “la base imponibile è costituita dal valore venale del bene”;

(2) “se tale valore è superiore al valore dichiarato o al corrispettivo pattuito l’Ufficio ha il potere di procedere a rettifica mediante avviso di accertamento di maggior valore”;

(3) “tale potere non può essere esercitato nella ipotesi in cui il valore dell’immobile sia stato dichiarato in misura non inferiore all’importo ottenuto moltiplicando la rendita catastale per i coefficienti di aggiornamento e il risultato di tale operazione per i moltiplicatori indicati dal D.P.R. n. 131 del 1986, art. 52, comma 4”;

(4) “tale ultima disposizione non attribuisce al contribuente il diritto di ottenere in ogni caso la determinazione della base imponibile tramite il meccanismo di calcolo sopra indicato (cfr. in tal senso Cass. n. 7504-96), atteso che la norma citata non ha inteso individuare per i beni immobili una base imponibile diversa dal valore venale del bene, ma ha inteso soltanto introdurre, alfine di ridurre le controversie tra amministrazione finanziaria e contribuenti, una mera preclusione al potere di accertamento, qualora nell’atto venga indicato almeno un valore non inferiore a quello ottenìbile con il procedimento di valutazione automatica previsto dal citato art. 52, comma 4; ne consegue che, se il contribuente indica un valore superiore, non può pretendere poi che la imposta venga commisurata al valore individuale attraverso il procedimento summenzionato”.

Di contro si rivela non corretta (e, pertanto, da abbandonare) la tesi esposta in precedenza da questa stessa Corte (sentenza 28 aprile 1997 n. 3657 della prima sezione civile) per la quale – poichè “l’art. 51, comma 1, cit. t.u. pur ponendo come regola generale il principio che, in materia di determinazione dell’imposta sui trasferimenti immobiliari, debba aversi riguardo al valore “effettivo”, ossia a quello dichiarato dalle parti oppure al corrispettivo pattuito lascia salvo il disposto dei commi successivi e, tra questi il comma 3 il quale stabilisce che al valore di cui al comma 1 va fatto ricorso solo in occasione di un’eventuale rettifica” ed “l’art. 52, comma 4 a sua volta, però, esclude la possibilità di rettifica (e, quindi, di ricorso al valore “effettivo” dell’immobile), quando l’immobile è iscritto al catasto con attribuzione di rendita ed il valore dichiarato dalle parti non superi un certo multiplo del reddito risultante dal catasto” – “il principio generale contenuto nell’art. 51, comma 1 va interpretato anche alla luce del comma 3 della stessa norma e dell’art. 52, comma 4”, con la conseguenza che “nel caso di rispondenza del valore dichiarato a quello convenzionale, il favore previsto dalla nuova normativa non consiste soltanto nel precludere alla Finanza l’esercizio del suo potere di rettifica, ma sta nel fissare un valore convenzionale dell’immobile, indipendente da quello dichiarato nell’atto o dal corrispettivo pattuito” perchè “la nuova normativa pone come valore convenzionale dell’immobile (sul quale calcolare l’imposta) al massimo quello corrispondente al suddetto multiplo”.

La tesi (che rispecchia quella qui sostenuta dai controricorrenti) non può essere condivisa perchè:

(1) si fonda sulla erronea supposizione che “al valore di cui al comma 1 va fatto ricorso solo in occasione di un ‘ eventuale rettifica” mentre tal valore (come peraltro evidenziato anche in quella sentenza) costituisce una “regola generale”, da considerare in ogni ipotesi di tassazione e, pertanto, valida a prescindere dall’esercizio del potere di rettifica da parte dell’Ufficio;

(2) non considera affatto lo stesso art. 51, comma 2 il quale “per gli atti che hanno per oggetto beni immobili o diritti reali immobiliari e per quelli che hanno per oggetto aziende o diritti reali su di esse” pone a regola generale che “per valore” deve intendersi “il valore venale in comune commercio”;

(3) tralascia di considerare che la norma del D.P.R. n. 131 del 1986, art. 52, comma 4;

(a) costituisce soltanto un limite al potere di rettifica dell’Ufficio, non già un criterio legale (ulteriore e/o diverso da quello “venale in comune commercio” indicato nell’art. 51, comma 2 di determinazione del “valore” di un bene immobile;

(b) fa riferimento (per gli “immobili iscritti in catasto con attribuzione di rendita”) unicamente all’ipotesi di “valore o …

corrispettivo … dichiarato in misura non inferiore”, ovverosia (“misura non inferiore”) a fattispecie che comprende anche il caso di “valore” o di “corrispettivo” dichiarati in misura “superiore”, e;

(c) esclude, di necessità logica essendo comunque quello “dichiarato”, salvo rettifica (ove possibile o ammissibile) in aumento, il valore del bene da considerare ai fini dell’imposizione, qualsiasi diritto di ripetizione dell’imposta eventualmente corrisposta in misura maggiore perchè correlata ad un “valore” o ad un “corrispettivo” dichiarato in misura eccedente quella “parametrica”.

C. Nessun conforto alla tesi perorata dai contribuenti deriva, inoltre, dalla decisione 29 marzo 2004 n. 6245 di questa sezione – avente ad oggetto la richiesta Corte Suprema di Cassazione R.G. n. 13610/06 – 14/20 – di “rimborso della somma … versata a titolo di imposta di registro proporzionale, ai sensi dell’art. 4 della Tariffa, parte prima, annessa al D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 634, in relazione al verbale di assemblea straordinaria del 6 maggio 1982” – in quanto ivi si controverteva sulla imponibilità di atto (delibera di riduzione di capitale) che (si sosteneva) in base alla nuova normativa del cit. TU non era più soggetto ad imposta, quindi si trattava di verificare l’applicabilità di “disposizioni più favorevoli ai contribuenti” prevista dal D.P.R. n. 131 del 1986, art. 79, comma 1.

In questo caso, invece, il tema della decisione, come visto, è costituito dall’individuazione del rapporto normativo tra valore dichiarato nell’atto di alienazione della proprietà di un immobile ed il valore cd. “parametrico” del bene trasferito, ovverosia della regula juris ordinariamente applicabile agli atti soggetti a registrazione nel vigore del D.P.R. n. 131 del 1986.

D. La natura evidentemente ed univocamente innovativa (“in deroga alla” “indipendentemente dal corrispettivo pattuito indicato nell’atto”; “le parti hanno comunque l’obbligo di indicare nell’atto il corrispettivo pattuito”) della disposizione (peraltro finalizzata al “contrasto all’evasione fiscale” nel “settore delle vendite immobiliari”, come specificato nel comma 495 e desumibile dalla riduzione “legale” dell'”onorario” dovuto al notaio rogante disposta dalla norma, oltre che dai benefici previsti nei successivi commi), infine, esclude qualsiasi rilevanza, anche a fini meramente interpretativi, alla norma dettata dalla L. 23 dicembre 2005, n. 266, art. 1, comma 497 per la quale (testo modificato, da ultimo, dalla L. 27 dicembre 2006, n. 296, art. 1, comma 309) “in deroga alla disciplina di cui all’art. 43 del cit. testo unico delle disposizioni concernenti l’imposta di registro, di cui al D.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, e fatta salva l’applicazione del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 39, comma 1, lett. d), ultimo periodo, per le sole cessioni nei confronti di persone fisiche che non agiscano nell’esercizio di attività commerciali, artistiche o professionali, aventi ad oggetto immobili ad uso abitativo e relative pertinenze, all’atto della cessione e su richiesta della parte acquirente resa al notaio, la base imponibile ai fini delle imposte di registro, ipotecarie e catastali è costituita dal valore dell’immobile determinato ai sensi dell’art. 52, commi 4 e 5, del citato testo unico di cui al D.P.R. n. 131 del 1986, indipendentemente dal corrispettivo pattuito indicato nell’atto. Le parti hanno comunque l’obbligo di indicare nell’atto il corrispettivo pattuito. Gli onorari notarili sono ridotti del 30 per cento”.

E. Le specifiche disposizioni dettate dagli artt. 44 (“per la vendita di beni mobili e immobili fatta in sede di espropriazione forzata ovvero all’asta pubblica e per i contratti stipulati o aggiudicati in seguito a pubblico incanto la base imponibile è costituita dal prezzo di aggiudicazione …”, comma 1; “per l’espropriazione per pubblica utilità e per ogni altro atto della pubblica autorità traslativo o costitutivo della proprietà di beni mobili o immobili o di aziende e di diritti reali sugli stessi la base imponibile è costituita dall’ammontare definitivo dell’indennizzo. In caso di trasferimento volontario all’espropriante nell’ambito della procedura espropriativa la base imponibile è costituita dal prezzo”, commi 2) e 45 (“per gli atti concernenti le concessioni di cui all’art. 5 della parte prima della tariffa, nonchè per gli atti portanti trasferimento di beni immobili o diritti reali immobiliari da o ad amministrazioni dello Stato, compresi gli organi dotati di personalità giuridica, con valore determinato dall’ufficio tecnico erariale in base a disposizioni di legge, la base imponibile e costituita rispettivamente dall’ammontare del canone ovvero da quello del corrispettivo pattuito”) del D.P.R. n. 131 del 1986, invocate dai contribuenti, ancora ed infine, trovano una loro peculiare ratio (che esclude qualsivoglia valenza interpretativa favorevole ai contribuenti stessi) in “ragioni di pubblico affidamento” (Cass., trib., 6 giugno 2007 n. 13217, che qualifica quella dell’art. 44 una “deroga espressa alla regola generale prevista nel precedente art. 43, comma 1, lett. A”), garantite dalla procedura di determinazione del valore dei beni negli atti considerati.

In ordine a tali disposizioni questa sezione ha già avuto modo di chiarire che:

– la “forma pubblica” delle “vendite” nella “procedura fallimentare … è volta a perseguire interessi pubblicistici” e, pertanto, “le vendite all’incanto dei beni che attraverso di essa vengono effettuate, date anche le forme di pubblicità assicurate, sono tali da garantire il miglior prezzo di realizzo dei beni posti in vendita, considerato anche che, in caso di prezzo ritenuto basso dal giudice, quest’ultimo può sospendere la vendita, con facoltà per i terzi di aumentare di un sesto il prezzo di aggiudicazione (Cass. 14148/2003)” (Cass., trib., 8 marzo 2006 n. 4956);

– per la mancanza di quelle garanzie “…il trasferimento di immobili disposto in esecuzione di concordato preventivo con cessione dei beni non può essere compreso, nè mediante interpretazìone estensiva, nè in via di applicazione analogica, tra le ipotesi (espropriazione forzata e trasferimenti coattivi) per le quali il D.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, art. 44 richiamato, per l’in.v.im., dal D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 643, art. 31 predetermina la base imponibile per V imposta di registro – con norma di natura eccezionale, sostanzialmente identica a quella di cui al previgente D.P.R. n. 634 del 1972, art. 42 nel prezzo di aggiudicazione o nell’ammontare dell’indennizzo, con la conseguenza che all’amministrazione finanziaria non è precluso l’accertamento di un valore del bene maggiore di quello dichiarato nell’atte di trasferimento”: “nelle alienazioni adottate in regime di concordato preventivo con cessione di beni”, infatti, “non si riscontra … nè la determinazione giudiziale del prezzo dell’immobile (data la natura negoziale del concordato e degli atti di cessione), nè la finalità di realizzare il maggior prezzo possibile (scopo dell’istituto essendo piuttosto quello di raggiungere la maggior convenienza economica dei creditori); e ciò rende manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale del D.P.R. n. 131 del 1986, citato art. 44 sotto il profilo dell’ingiustificata disparità di trattamento delle alienazioni in esame rispetto a quelle rientranti nel suo ambito applicativo” (Cass., trib., 1 febbraio 2006 n. 2206, che richiama “Cass., 5, 3420/2002” e, “in senso analogo”, “Cass., 5, 6403/2003, in materia di cessione di beni a trattativa privata in sede fallimentare e Cass., 5, 763/2001, riguardante trasferimenti in sede di concordato fallimentare”);

– “con riguardo ad atti di cui sia parte un Comune, la tassazione di registro, nella disciplina di cui al D.P.R. n. 131 del 1986, è soggetta alle comuni regole, senza che possano essere invocate estensivamente, in difetto di espressa previsione, le peculiari disposizioni riferite alle amministrazioni dello stato (cfr. Cass. S.U. 8533/90 sia pure con riferimento al precedente regime dell’imposta di registro” (Cass., trib., 27 luglio 2007 n. 16703).

F. Dalle complessive considerazioni che precedono discende l’irrilevanza del richiamo alla norma intertemporale dettata dal medesimo D.P.R. n. 131 del 1986, art. 79 atteso che dall’esame della stessa non si evince nessun trattamento fiscale particolare e diverso da quello degli atti rogati anteriormente rispetto a quelli conclusi successivamente all’entrata in vigore del dettato provvedimento legislativo.

G. In definitiva la sentenza impugnata deve essere cassata perchè fondata su di un erronea interpretazione delle conferenti norme e la causa – in quanto non bisognevole di nessun accertamento di fatto -, ai sensi dell’art. 384 c.p.c., deve essere decisa nel merito da questa Corte con il rigetto del ricorso di primo grado dei contribuenti.

6. Le spese processuali dell’intero giudizio vanno integralmente compensate tra le parti ai sensi dell’art. 92 c.p.c., comma 2.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e, decidendo la causa nel merito, rigetta il ricorso di primo grado dei contribuenti; compensa integralmente tra le parti le spese dell’intero giudizio.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 3 novembre 2010.

Depositato in Cancelleria il 4 febbraio 2011

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