Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 27059 del 03/12/2013


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Civile Sent. Sez. L Num. 27059 Anno 2013
Presidente: VIDIRI GUIDO
Relatore: BALESTRIERI FEDERICO

SENTENZA
sul ricorso 20186-2011 proposto da:
GIUSTOLISI OTTAVIO GSTTTV70A08C351W, elettivamente
domiciliato in ROMA, VIA BAIAMONTI 4, presso lo studio
dell’avvocato INTERNULLO ROSARIA, rappresentato e
difeso dall’avvocato ZAPPALA’ MARIO, giusta delega in
atti;
– ricorrente –

2013
2726

contro

ARTICA S.R.L. IN LIQUIDAZIONE P.I. 01193690870, in
persona del legale rappresentante pro tempore
elettivamente domiciliato in ROMA, VIA ENNIO QUIRINO

Data pubblicazione: 03/12/2013

VISCONTI 20, presso lo studio dell’avvocato ANTONINI
MARIO, rappresentato e difeso dall’avvocato ANDRONICO
FRANCESCO, giusta delega in atti;
– controricorrente –

avverso la sentenza n. 467/2010 della CORTE D’APPELLO

udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 26/09/2013 dal Consigliere Dott. FEDERICO
BALESTRIERI;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. GIANFRANCO SERVELLO, che ha concluso
per il rigetto del ricorso.

di CATANIA, depositata il 08/07/2010 R.G.N. 1443/2007;,

Svolgimento del processo
Giustolisi Ottavio proponeva appello avverso la sentenza con la
quale il Tribunale di Catania aveva rigettato l’impugnativa del
licenziamento intimatogli ai sensi della legge n.223\91 dalla s.r.l.
Artica in data 1° luglio 2004.
Lamentava, per quanto qui interessa, l’erroneità della decisione

determinato la scelta datoriale di dare awio alla procedura di cui
alla legge n.223\91 e per non aver riscontrato la nullità dei criteri
di scelta pattizi (che non potevano considerarsi “generali e
astratti”) e, comunque, la violazione, in concreto, di detti criteri
da parte datoriale.
Chiedeva, quindi, in riforma dell’appellata sentenza, dichiararsi la
nullità, l’inefficacia, e/o l’illegittimità del licenziamento, con la
condanna della controparte alla reintegrazione nel posto di lavoro
ed al risarcimento del danno ex artt.5 della legge 223\91 e 18
legge n.300\70.
Si costituiva la società Artica, resistendo al gravame e
chiedendone il rigetto.
Con sentenza depositata 1’8 luglio 2010, la Corte d’appello di
Catania rigettava il gravame, condannando l’appellante al
pagamento delle spese.
Per la cassazione propone ricorso il Giustolisi, affidato a tre
motivi.
Resiste la s.r.l. Artica in liquidazione con controricorso, poi
illustrato con memoria.
Motivi della decisione
1.-Con il primo motivo il ricorrente denuncia la violazione e falsa
applicazione degli artt. 4, 5 e 24 della legge n. 223\91, oltre ad
omessa motivazione circa un fatto controverso e decisivo della
controversia (art. 360, comma 1, nn.3 e 5 c.p.c.).
Lamenta che i giudici di appello ritennero oggettivi e ragionevoli i
criteri di scelta del personale da licenziare (tra cui “i fattorini che

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per non aver verificato la sussistenza dei motivi che avevano

dovessero rifiutare la trasformazione del proprio rapporto di
lavoro da tempo pieno a tempo parziale”), suscettibili di essere
applicati e controllati senza alcun margine di discrezionalità da
parte del datore di lavoro, laddove la stessa società aveva
ammesso in corso di causa che dai libri matricola non risultavano
esattamente le qualifiche possedute dai vari dipendenti, tra cui il
Giustolisi, sicché la scelta del suo licenziamento non risultava

2. Con il secondo motivo si denuncia la violazione degli artt. 2697
e 2709 c.c., oltre ad insufficiente e contraddittoria motivazione
circa un fatto controverso e decisivo della controversia (art. 360,
comma 1, nn.3 e 5 c.p.c.).
Lamenta che la Corte territoriale ritenne pacifico che il ricorrente
svolgesse le mansioni di fattorino, laddove esse erano ricomprese
nel sesto livello di cui al c.c.n.l. di categoria, mentre il Giustolisi
era inquadrato nel quinto, come risultava dal libro matricola, con
mansioni di operaio addetto al carico e scarico, e la difforme
circostanza del suo inquadramento nel sesto livello con mansioni
di fattorino doveva essere provata dalla società.
3. Con il terzo motivo il ricorrente denuncia parimenti la
violazione degli artt. 2697 e 2709 c.c., oltre ad insufficiente e
contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo
della controversia (art. 360, comma 1, nn.3 e 5 c.p.c.).
Lamenta che la sentenza impugnata ritenne provata la
circostanza della selezione in base al criterio del rifiuto da parte
dei fattorini di trasformare il loro orario di lavoro da tempo pieno
a tempo parziale sulla base delle dichiarazioni scritte di due
colleghi del ricorrente da cui emergeva la proposta ed il rifiuto di
accettarla.
Espone il ricorrente che le scritture provenienti da terzi non
hanno efficacia di prova piena ma possono solo fornire, in
concorso con altre circostanze, nella specie insussistenti,
argomenti di prova. Evidenzia in ogni caso che sussistevano altri

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suffragata da un criterio obiettivo.

fattorini cui la proposta di trasformazione dell’orario non fu fatta
(deduzione ritenuta inammissibile perché nuova, laddove il
giudice aveva l’obbligo di verificare il rispetto dei criteri di scelta).
4. I motivi, che per la loro connessione possono esaminarsi
congiuntamente, sono infondati.
Giova evidenziare che, come accertato dalla Corte di merito, la

sede sindacale, nella necessità di ridurre il monte ore lavorativo,
con conseguente riduzione del personale ad orario pieno e
mantenimento del personale con orario patt time.

Di qui la ragionevolezza del criterio, concordato in sede sindacale
nell’ambito della procedura ex lege n. 223\91, di individuare i
licenziandi tra coloro che avessero rifiutato la trasformazione
dell’orario di lavoro.
Le censure mosse al riguardo dal ricorrente non tengono conto
che la Corte territoriale ha accertato che dal materiale probatorio
di causa risultava che i dipendenti dell’Artica si dividevano in due
gruppi: impiegati (qualifica certamente non posseduta dal
Giustolisi) ed operai, e che questi ultimi svolgevano tutti,
promiscuamente, mansioni di autisti, consegnatari e fattorini.
Tale circostanza non risulta specificamente contestata dal
ricorrente (che peraltro neppure produce o riproduce in ricorso
l’invocato libro matricola, in contrasto con gli artt. 366 e 369
c.p.c.), risultando comunque decisivo, in base al criterio di scelta
adottato in sede sindacale (legittimo anche in alternativa ai criteri
di legge, ex art. 5 L. n. 223\91), lo svolgimento delle mansioni di
fattorino piuttosto che il livello economico di inquadramento
contrattuale su cui ha insistito il ricorrente.
Di qui l’infondatezza delle prime due censure, circa l’incertezza
delle mansioni svolte dai dipendenti e dal Giustolisi in particolare.
Quanto alla terza, rileva la Corte che le dichiarazioni scritte di
altri fattorini che rifiutarono la trasformazione di orario, sono
state correttamente utilizzate dal giudice di appello solo a

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soluzione della pacifica crisi aziendale venne individuata, anche in

conforto, nel riferito contesto, della effettività del criterio
concordato in sede sindacale e non prova dirimente della
controversia.
Quanto alla doglianza che sussistevano altri fattorini cui la
proposta di trasformazione dell’orario non fu fatta, il ricorrente
non contesta neppure genericamente che, come ritenuto dalla

inammissibile. Lamenta piuttosto che il giudice avrebbe avuto
l’obbligo di verificarla, avendo l’obbligo di verificare il rispetto dei
criteri di scelta. La tesi non può tuttavia essere condivisa,
essendo in ogni caso inammissibile la deduzione di circostanze
nuove in appello ex art. 437 c.p.c. Questa Corte ha comunque
osservato (Cass. n. 27165 del 2009) che in tema di licenziamento
collettivo, mentre grava sul datore di lavoro l’onere di allegazione
dei criteri di scelta e la prova della loro piena applicazione nei
confronti dei lavoratori licenziati, spetta al lavoratore dimostrare
l’illegittimità della scelta, con indicazione dei lavoratori in
relazione ai quali la stessa sarebbe stata falsamente o
illegittimamente realizzata, deduzione quest’ultima risultata
inammissibile per la sua novità. A ciò aggiungasi che la relativa
censura proposta in questa sede è parimenti inammissibile per
essere sfornita di adeguata specificazione, in contrasto col
principio di autosufficienza del ricorso, circa la fonte di prova da
cui la circostanza avrebbe dovuto essere evinta (non essendo
stato prodotto o indicata la sua esatta ubicazione nei fascicoli di
causa dell’invocato libro matricola, Cass. sez. un. 3 novembre
2011 n. 22726).
Il ricorso va pertanto rigettato.
Le spese di lite seguono la soccombenza e si liquidano come da
dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento
delle spese del presente giudizio di legittimità, che liquida in

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Corte territoriale, trattavasi di deduzione nuova e pertanto

€.50,00 per esborsi, €3.000,00 per compensi, oltre accessori di
legge.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 26 settembre

2013

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