Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 27058 del 03/12/2013


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Civile Sent. Sez. L Num. 27058 Anno 2013
Presidente: VIDIRI GUIDO
Relatore: BALESTRIERI FEDERICO

SENTENZA
sul ricorso 19756-2011 proposto da:
MARRAS

SERGIO

MRRSRG57B13H118A,

elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA MARCELLO PRESTINARI 13,
presso lo studio dell’avvocato PALLINI MASSIMO, che lo
rappresenta e difende giusta delega in atti;
– ricorrente 2013
2725

contro

MERIDIANA S.P.A. P.I. 018467101901;
– intimata –

I.

avverso la sentenza n. 524/2010 della CORTE D’APPELLO
di CAGLIARI, depositata il 23/07/2010 R.G.N. 409/09;

Data pubblicazione: 03/12/2013

udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 26/09/2013 dal Consigliere Dott. FEDERICO
BALESTRIERI;
udito l’Avvocato PALLINI MASSIMO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore

per l’accoglimento del ricorso.

Generale Dott. GIANFRANCO SERVELLO, che ha concluso

Svolgimento del processo
Con ricorso al Tribunale di Cagliari, Sergio Marras esponeva che
la Compagnia aerea Meridiana, da cui dipendeva lavorando
presso l’aeroporto di Cagliari Elmas, aveva perso l’assegnazione
della rotta Cagliari-Milano in favore della società Air One; che con
accordo sindacale del 12 febbraio 2002 era stato previsto per lo
scalo di Cagliari il passaggio di 38 dipendenti Meridiana alla Air

comunicato il licenziamento per impossibilità di utilizzare la sua
prestazione. Il ricorrente, che pur iniziò a lavorare per la Air One,
con lettera del 17 aprile 2002 impugnò il licenziamento perché
intimato in violazione della procedura prevista dalla legge n.
223\91. Chiedeva quindi l’accertamento dell’illegittimità del
recesso e la reintegrazione nel suo posto di lavoro, con le
conseguenze di cui all’art. 18 L. n. 300\70.
Si costituiva la società Meridiana eccependo di non aver licenziato
il Marras, ma di avergli solo comunicato che in attuazione del
riferito accordo sindacale egli non era più titolare del suo
rapporto di lavoro, con contestuale liquidazione delle competenze
di fine rapporto e che il ricorrente era stato assunto dalla Air One
senza soluzione di continuità e con identico trattamento
economico e normativo, sicché nella specie non era ravvisabile
l’ipotesi di licenziamento collettivo per riduzione di personale.
Il Tribunale accoglieva la domanda, ritenendo che la fattispecie
dovesse essere disciplinata dalla legge n. 223\91, reintegrando il
dipendente nel suo posto di lavoro.
Proponeva appello la società Meridiana; resisteva il Marras,
proponendo appello incidentale circa l’omessa liquidazione del
risarcimento del danno nella misura minima di cinque mensilità.
Con sentenza depositata il 23 luglio 2010, la Corte d’appello di
Cagliari, riteneva che l’accordo del 12 febbraio 2002 configurasse
un accordo di passaggio del personale non soggetto alla legge n.
223\91, di cui pure ricorrevano i presupposti fattuali, “con

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One; che con telegramma del 22 febbraio 2002 veniva

cessazione del rapporto di lavoro con il cedente ed immediata
riassunzione da parte del cessionario”, e che il telegramma del 17
febbraio 2002, inviato a tutti i 38 lavoratori interessati,
contenesse non un licenziamento ma un “esonero della
prestazione lavorativa” per essere immediatamente assunti da Air
One. Rilevava inoltre che il Marras, accettando il t.f.r. ed
iniziando a lavorare per la Air One avesse prestato acquiescenza

pertanto l’originaria domanda.
Per la cassazione propone ricorso il Marras, affidato a tre motivi.
La società Meridiana è rimasta intimata.
Motivi della decisione
1.-Con il primo motivo il ricorrente denuncia la violazione e falsa
applicazione degli artt. 2118 e 2119 c.c.; 1 e 3 della L. n. 604\66;
24 della L. n. 223\91, oltre ad omessa, insufficiente e
contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo
della controversia (art. 360, comma 1, nn.3 e 5 c.p.c.).
Lamenta che la Corte di merito, nel ritenere che nella specie non
vi fosse stato un licenziamento collettivo, violò il principio
secondo cui nel nostro ordinamento non possono ammettersi
fattispecie di risoluzione del rapporto di lavoro non sottoposte al
sistema legale di tutela dei licenziamenti (Cass. n. 535 del
15/01/2003; Cass. n.14763\99; Cass. n. 4861\99 ed altre).
2.- Con il secondo motivo il ricorrente denuncia la violazione degli
artt. 1321, 1372 e 1406 c.c.; 5 L. n. 223\91 e 18 L. n. 300\70,
oltre ad omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa
un fatto controverso e decisivo della controversia (art. 360,
comma 1, nn.3 e 5 c.p.c.).
Lamenta che il giudice di appello ritenne sussistere una
fattispecie di licenziamento non corrispondente ad alcuna delle
ipotesi previste dall’ordinamento, non considerando peraltro che
gli artt. 1372 e 1406 c.c. stabiliscono, rispettivamente, che il
contratto non può essere risolto che per mutuo consenso o per
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all’operazione. In riforma della sentenza impugnata, rigettava

cause ammesse dalla legge, mentre in tema di cessione del
contratto vige il principio del necessario consenso del contraente
ceduto. Entrambe le ipotesi non si erano verificate nella specie,
non potendo evincersi un consenso tacito dalla mera ricezione
del t.f.r. e dall’inizio del lavoro presso la società Air One.
3.- Con il terzo motivo il ricorrente denuncia la violazione dell’art.
24 L. n. 223\91, oltre ad omessa, insufficiente e contraddittoria

controversia (art. 360, comma 1, nn.3 e 5 c.p.c.).
Lamenta che una volta ritenuto, necessariamente, che il
telegramma del 22 febbraio 2002 configurasse un licenziamento,
esso, per riguardare contestualmente ben oltre cinque lavoratori
dipendenti da azienda avente ben più di 15 dipendenti, doveva
ritenersi un licenziamento collettivo ex art. 24 L. cit. con la
conseguenza obbligata della sua illegittimità, non essendo stata
osservata la procedura prevista dalla menzionata norma di legge.
4.- I motivi, che per la loro connessione possono congiuntamente
esaminarsi, sono fondati.
Non può infatti non condividersi la tesi secondo cui nel nostro
ordinamento non possono ammettersi ipotesi di risoluzione del
rapporto di lavoro non previste dalla legge (ex alils, Cass. n.
14387 del 2000; Cass. n. 6175 del 2000; Cass. n.14763\99),
sottoposte al sistema legale di tutela dei licenziamenti applicabile
alle varie fattispecie.
Ed invero, nell’ambito

del contratto di lavoro subordinato,

l’autonomia privata si estrinseca essenzialmente nel consenso
all’insorgenza del vincolo, mentre il contenuto è quasi
esclusivamente determinato da fonti eteronome (la legge e le cd.
fonti sociali), con salvezza soltanto della possibilità di pattuire
condizioni di maggior favore per il prestatore d’opera. Vi sono,
peraltro, casi (divenuti più frequenti nella legislazione recente) in
cui le esigenze di tutela si ritengono compiutamente assicurate
dalla contrattazione collettiva, con abilitazione di quest’ultima a
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motivazione circa un fatto controverso e decisivo della

derogare norme che restano imperative rispetto alla
contrattazione individuale. Ma è necessaria, evidentemente,
un’esplicita previsione della legge con specificazione dei settori e
delle materie.
Il sistema è dunque sicuramente nel senso che l’attività
lavorativa subordinata può essere prestata esclusivamente in
conformità dei tipi contrattuali previsti dalla legge, tipi

adoperato dalle parti e delle relative pattuizioni, ma del reale
atteggiarsi del rapporto (cd. valore dichiarativo dell’esecuzione).
Perciò, nel contratto di lavoro a tempo indeterminato, la volontà
delle parti di realizzare l’interesse alla cessazione dei suoi effetti
può essere attuata soltanto mediante il negozio unilaterale di
recesso (licenziamento e dimissioni), con la conseguenza che,
sebbene si sia in presenza di un contratto a prestazioni
corrispettive, non si applica la disciplina della rescissione, della
risoluzione per inadempimento (ed è esclusa, quindi, la possibilità
di pattuire una clausola risolutiva espressa, ai sensi dell’art.
1456), o per eccessiva onerosità. La conclusione è, dunque, che
all’autonomia privata non è dato inserire clausole di durata del
rapporto (fuori dei casi previsti dalla legge) e neppure condizioni
risolutive ai sensi dell’art. 1353 c.c. o condizioni risolutive
espresse ai sensi dell’art. 1456 c.c.; di ciò non può fondatamente
dubitarsi ove si consideri che alla parte socialmente in grado di
predisporre il contenuto contrattuale (il datore di lavoro) non può
essere consentito, attraverso la pattuizione di termini o di
condizioni risolutive, di sottrarsi alla disciplina limitativa dei
licenziamenti (individuali e collettivi) o anche soltanto all’obbligo
del preawiso.
Al quesito poi se ciò che non è consentito all’autonomia
individuale possa ritenersi consentito a quella collettiva deve
darsi sicura risposta negativa, sulla base del complesso delle

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contrattuali identificati non sulla base del mero nomen iuris

considerazioni già svolte, in difetto di una specifica autorizzazione
legislativa ad incidere sulla materia dell’estinzione del rapporto.
Deve quindi concludersi che in nessun caso può ammettersi che
l’estinzione del rapporto di lavoro non consegua al negozio di
recesso, la cui legittimità deve essere valutata alla stregua del
regime di stabilità applicabile nel caso concreto (Cass. n. 14387
del 2000).

contratto (o accordo) collettivo preveda, per l’ipotesi di
licenziamento dei dipendenti di un’impresa, una procedura per il
passaggio diretto dei lavoratori licenziati alle dipendenze
dell’impresa subentrante nell’appalto, la costituzione di un nuovo
rapporto di lavoro degli stessi soggetti con tale impresa non
implica di per sé rinuncia al diritto di impugnare il licenziamento
intimato dall’originario datore di lavoro (Cass. n. 4166 del 2006),
chiarendo in particolare (Cass. n. 12613 del 2007; da ultimo
Cass. n.14010 del 2013) che detta tutela (con costituzione di un
rapporto di lavoro con altra azienda) non esclude, ma si
aggiunge, a quella apprestata a favore del lavoratore nei
confronti del datore di lavoro che ha intimato il licenziamento,
con i limiti posti dalla legge all’esercizio del suo potere di recesso,
non incidendo sul diritto del lavoratore di impugnare il
licenziamento intimatogli per ottenere il riconoscimento della
continuità giuridica del rapporto originario. Né la scelta effettuata
per la costituzione di un nuovo rapporto implica, di per sé,
rinuncia all’impugnazione dell’atto di recesso, dovendosi
escludere che si possa desumere la rinuncia del lavoratore ad
impugnare il licenziamento o l’acquiscenza al medesimo dal
reperimento di una nuova occupazione, temporanea o definitiva,
non rivelandosi, in tale scelta (e tanto meno dall’accettazione del
t.f.r. da parte dell’impresa che ha disposto il licenziamento) in
maniera univoca, ancorché implicita, la sicura intenzione del
lavoratore di accettare l’atto risolutivo.
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Questa Corte ha inoltre più volte affermato che anche ove un

Avendo la Corte di merito escluso, con statuizione non censurata
nel presente giudizio, che nella specie potesse configurarsi un
trasferimento di azienda, il ricorso va pertanto accolto, la
sentenza impugnata cassata, con rinvio ad altro giudice, in
dispositivo indicato, il quale si atterrà al menzionato principio di
diritto al fine dell’ulteriore esame della controversia attinente alle
conseguenze dell’accertata illegittimità del licenziamento, oltre

comprese quelle del presente giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, rinvia,
anche per le spese, alla Corte di appello di Cagliari in diversa
composizione.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 26 settembre
2013

alla regolamentazione delle spese dell’intero processo, ivi

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