Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 27057 del 26/11/2020

Cassazione civile sez. I, 26/11/2020, (ud. 24/07/2020, dep. 26/11/2020), n.27057

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SAN GIORGIO Maria Rosaria – Presidente –

Dott. PARISE Clotilde – rel. Consigliere –

Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –

Dott. CAIAZZO Luigi Pietro – Consigliere –

Dott. OLIVA Stefano – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 7130/2019 proposto da:

K.I., rappresentato e difeso dall’avvocato Proserpio

Anna, giusta procura speciale alle liti in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’Interno, in persona del Ministro pro tempore,

elettivamente domiciliato in Roma Via dei Portoghesi 12, presso

l’Avvocatura Generale dello Stato, che lo rappresenta e difende ope

legis;

– resistente –

avverso il decreto del TRIBUNALE di MILANO, depositato il 19/01/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

24/07/2020 dal cons. Dott. PARISE CLOTILDE.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Con decreto n. 554/2019 depositato il 19-1-2019 e comunicato il 21-1-2019, il Tribunale di Milano ha respinto il ricorso di K.I., cittadino del (OMISSIS), avente ad oggetto in via gradata il riconoscimento dello status di rifugiato, della protezione sussidiaria e di quella umanitaria, all’esito del rigetto delle relative domande da parte della locale Commissione Territoriale. Il Tribunale ha ritenuto che fosse non credibile la vicenda personale narrata dal richiedente, il quale riferiva di essere fuggito per il timore, in caso di rimpatrio, di poter essere ucciso dai vicini che si erano appropriati di terreni appartenenti a suo padre. Il Tribunale ha ritenuto che non ricorressero i presupposti per il riconoscimento di alcuna forma di protezione, avuto anche riguardo alla situazione generale del (OMISSIS), descritta nel decreto impugnato, con indicazione delle fonti di conoscenza.

2. Avverso il suddetto provvedimento, il ricorrente propone ricorso per cassazione, affidato a due motivi, nei confronti del Ministero dell’Interno, che si è costituito tardivamente, al solo fine dell’eventuale partecipazione all’udienza di discussione.

3. Il ricorso è stato fissato per l’adunanza in camera di consiglio ai sensi dell’art. 375 c.p.c., u.c. e art. 380 bis 1 c.p.c..

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1.Con il primo motivo il ricorrente lamenta “In relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3. Violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 3 e 14 e del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8 con riferimento all’esame dei fatti e delle circostanze, alla definizione di danno grave, nonchè ai criteri applicabili all’esame della domanda e alla procedura di esame della stessa.”. Deduce che le informazioni riportate nei siti internet indicati nel decreto, al momento in cui è stato emesso, ossia nel mese di dicembre 2018, erano già superate, riferendosi a rapporti e situazioni del 2017 o tutt’al più dei primi mesi del 2018. Ad avviso del ricorrente con il decreto impugnato sono state violate le disposizioni previste dal D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3 e dal D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8 per omesso esame dei fatti pertinenti al suo Paese di origine, in quanto attualmente, in (OMISSIS), gli episodi di violenza indiscriminata, pur non avendo ancora raggiunto le proporzioni che hanno nel nord e nel centro, si manifestano anche nel sud-ovest del paese, e in particolare nella regione di (OMISSIS), zona di provenienza del ricorrente. Richiama il Rapporto EASO sulla situazione del (OMISSIS) del dicembre 2018, che allega, in stralcio, al ricorso per cassazione, in base al quale risulta che la violenza in (OMISSIS) ormai è diffusa su tutto il territorio, è perpetrata sia dalla polizia sia dai ribelli e gli attacchi terroristici sono in aumento nella zona sud del paese. Richiama inoltre la risoluzione del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite n. 2423 del 28.06.2018, che pure produce in allegato al ricorso per cassazione, con cui si esprime preoccupazione per l’estendersi del conflitto armato e delle manifestazioni di violenza anche nel Sud del Paese, tanto che è stata prolungata la permanenza della missione (OMISSIS) di un ulteriore anno. Deduce che dalle suddette fonti emerge un quadro complessivo di sicurezza estremamente critico a causa dell’elevata probabilità del verificarsi di episodi di violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato interno che coinvolgono la popolazione civile, sicchè tutto il territorio del (OMISSIS) è da considerarsi a rischio.

2. Con il secondo motivo lamenta “Violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6 e art. 3 CEDU con riferimento all’esame dei fatti e delle circostanze in relazione delle difficili condizioni personali del richiedente”. Ad avviso del ricorrente il Tribunale ha sottovalutato la sua condizione di vulnerabilità, poichè viveva in (OMISSIS) in condizioni di povertà, era pressochè analfabeta e viveva con la madre e la sorella in un piccolo villaggio, coltivando il terreno che era di suo padre e di cui i vicini si erano appropriati. Rileva di aver dimostrato la sua conoscenza della lingua italiana, la disponibilità di un alloggio e la volontà di dotarsi di una professionalità da spendere nel mondo del lavoro, così risultando anche integrato il fattore del suo inserimento sociale nel territorio italiano.

3. Il primo motivo è inammissibile.

3.1. Il ricorrente si duole dell’omessa valutazione, da parte del Tribunale, di fonti di conoscenza aggiornate sulla situazione del (OMISSIS) e, a sostegno della censura, produce in allegato al ricorso per cassazione stralcio del rapporto Easo del dicembre 2018 e risoluzione del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite del giugno 2018. La produzione documentale è inammissibile, atteso che, ai sensi dell’art. 372 c.p.c., è consentita la produzione di nuovi documenti in sede di legittimità qualora siano incidenti sull’inammissibilità del ricorso, nonchè sulla proponibilità, procedibilità e proseguibilità del ricorso medesimo (Cass. n. 3934/2016), mentre non è consentita la produzione di nuovi documenti che richiedano, come nella specie, accertamenti di fatto su questioni di merito, quale è quella relativa alla situazione sociopolitica del Paese di origine del richiedente (Cass. n. 30105/2018).

Sotto ulteriore profilo, si osserva che il ricorrente non deduce che il rapporto Easo del dicembre 2018 fosse già pubblicato e disponibile alla data in cui la causa è stata decisa dal Tribunale (19-12-2018), nè deduce di aver indicato al Tribunale quella fonte (cfr. Cass. n. 4037/2020). Nè la censura è prospettata come omesso esame di fatto decisivo, difettando, peraltro, di decisività le informazioni riportate in ricorso, secondo cui “gli attacchi terroristici sono in aumento nella zona sud del Paese e la violenza è perpetrata sia dalla polizia sia dai ribelli” (pag.n. 9), in particolare non equivalendo la situazione così descritta a quella di violenza indiscriminata in conflitto armato interno, requisito, com’è noto, necessario per il riconoscimento della protezione sussidiaria di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c).

4. Anche il secondo motivo è inammissibile.

4.1. Occorre premettere che la domanda di riconoscimento del permesso di soggiorno per motivi umanitari presentata, come nella specie, prima dell’entrata in vigore (5/10/2018) della normativa introdotta con il D.L. n. 113 del 2018, convertito nella L. n. 132 del 2018, deve essere scrutinata sulla base della normativa esistente al momento della sua presentazione (Cass. S.U. n. 29459/2019).

4.2. Le deduzioni svolte in ricorso non si confrontano con l’iter motivazionale del decreto impugnato, con il quale il Tribunale, dopo aver ribadito la non credibilità della vicenda personale narrata, ha rilevato la mancanza di allegazione, da parte del ricorrente, di fattori di vulnerabilità, avendo egli indicato solo lo svolgimento di attività lavorativa. Il ricorrente non confuta specificamente le suddette argomentazioni, nè indica elementi individualizzanti di rilevanza, non essendo tale la povertà (Cass. n. 3681/2019), o fatti specifici che possano rivestire decisività, nel senso precisato da questa Corte e chiarito con la recente pronuncia delle Sezioni Unite già citata (tra le tante Cass. n. 9304/2019 e Cass. S.U. n. 29459/2019).

Inoltre il fattore dell’integrazione lavorativa diventa recessivo, se difetta la vulnerabilità, come nella specie, e la situazione del Paese di origine, in termini generali ed astratti, è di per sè inidonea al riconoscimento della protezione umanitaria (Cass. S.U. n. 29459/2019 citata, in conformità a Cass. n. 4455/2018).

5. In conclusione, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, nulla dovendosi disporre circa le spese del giudizio di legittimità, stante il mancato svolgimento di attività difensiva da parte del Ministero.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, deve darsi atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso per cassazione, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis ove dovuto (Cass. n. 23535/2019).

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso per cassazione, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis ove dovuto.

Così deciso in Roma, il 24 luglio 2020.

Depositato in Cancelleria il 26 novembre 2020

 

 

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