Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 27056 del 26/11/2020

Cassazione civile sez. I, 26/11/2020, (ud. 24/07/2020, dep. 26/11/2020), n.27056

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SAN GIORGIO Maria Rosaria – Presidente –

Dott. PARISE Clotilde – rel. Consigliere –

Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –

Dott. CAIAZZO Luigi Pietro – Consigliere –

Dott. OLIVA Stefano – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 6770/2019 proposto da:

U.S., rappresentato e difeso dall’avvocato Francesca Varone,

giusta procura alle liti in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’Interno, in persona del Ministro pro tempore;

– intimato –

avverso il decreto del TRIBUNALE di MILANO, depositato il 01/01/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

24/07/2020 dal cons. Dott. PARISE CLOTILDE.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Con decreto n. 72/2019 depositato il 01-01-2019 il Tribunale di Milano ha respinto il ricorso di U.S., cittadino del (OMISSIS), avente ad oggetto in via gradata il riconoscimento dello status di rifugiato, della protezione sussidiaria e di quella umanitaria. Il Tribunale ha ritenuto che fosse non credibile la vicenda personale narrata dal richiedente, il quale riferiva di essere fuggito per timore di essere ucciso dai suoi creditori, in relazione a prestiti usuri concessi alla sua famiglia per la locazione di terreni danneggiati in seguito alle alluvioni del 2013 e del 2014, nonchè in relazione al prestito concesso al richiedente per sostenere le spese di viaggio per giungere in Italia. Il Tribunale ha ritenuto che non ricorressero i presupposti per il riconoscimento di alcuna forma di protezione, avuto anche riguardo alla situazione generale del (OMISSIS), descritta nel decreto impugnato, con indicazione delle fonti di conoscenza.

2. Avverso il suddetto provvedimento, il ricorrente propone ricorso per cassazione, affidato a quattro motivi, nei confronti del Ministero dell’Interno, che è rimasto intimato.

3. Il ricorso è stato fissato per l’adunanza in camera di consiglio ai sensi dell’art. 375 c.p.c., u.c. e art. 380 bis 1 c.p.c.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1.Con il primo motivo il ricorrente lamenta “omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, ex art. 360, n. 5” e “Violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 2,3,7,8”. Censura il giudizio di non credibilità della sua vicenda personale, che assume dimostrata, avendo il ricorrente fatto ogni sforzo per circostanziarla. Rimarca che tutta la sua famiglia, anche attualmente, è minacciata di morte dai creditori per la restituzione del prestito usuraio ottenuto per la locazione dei terreni e per le spese di viaggio sostenute dal ricorrente per giungere in Italia.

2. Con il secondo motivo denuncia la “nullità della sentenza e del procedimento ex art. 360, comma 1, n. 4 nonchè violazione e falsa applicazione delle norme di diritto ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3”. Si duole dell’illegittimità del decreto impugnato in relazione alla mancata costituzione dell’Amministrazione Statale e alla mancata videoregistrazione del colloquio del ricorrente ed alla conseguente indisponibilità della stessa.

3. Con il terzo motivo il ricorrente censura la “violazione e falsa applicazione delle norme di diritto ex art. 360, comma 1, n. 3, in relazione al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5, lett. c)”. Si duole della violazione dei parametri normativi di credibilità e del dovere di cooperazione istruttoria ufficiosa.

4. Con l’ultimo motivo il ricorrente lamenta “violazione e falsa applicazione delle norme di diritto ex art. 360, comma 1, n. 3, di cui al D.Lgs. n. 25 del 2018, art. 8, del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 3 e 14” e “violazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 19 del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32”. Lamenta, in relazione al diniego della protezione umanitaria, l’omessa considerazione della sua vulnerabilità, in particolare per la sua giovanissima età (22 anni all’epoca della fuga) e per la raggiunta integrazione lavorativa, essendo occupato come commesso in un negozio cinese.

5. Il secondo motivo, da esaminarsi prioritariamente data la natura processuale del vizio denunciato, è inammissibile.

5.1. Il ricorrente, nel denunciare la nullità del decreto impugnato in ragione della mancata costituzione del Ministero nel giudizio di primo grado e della mancanza della videoregistrazione dell’audizione del ricorrente avvenuta in sede amministrativa, omette di illustrare compiutamente le censure, il cui contenuto neppure risulta comprensibile, in base alla sintetica formulazione con la quale le doglianze sono espresse, ossia con mero richiamo al D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35-bis (pag. n. 5 ricorso). Nessun riferimento si rinviene, peraltro, nella formulazione del motivo, alla mancata audizione personale del richiedente, che neppure viene menzionata in correlazione con l’assenza della video registrazione. Per quanto occorra, va aggiunto che il Tribunale ha fissato l’udienza di comparizione delle parti ed ha ritenuto non necessaria una nuova audizione del richiedente, non avendo quest’ultimo introdotto nuovi temi d’indagine o allegato fatti nuovi.

6. I motivi primo e terzo, da esaminarsi congiuntamente per la loro connessione, sono parimenti inammissibili.

6.1. Le censure non si confrontano con il percorso motivazionale del decreto impugnato e si risolvono in affermazioni generiche ed apodittiche, in particolare sulla credibilità della vicenda personale, che si assume essere stata dimostrata senza spiegarne le ragioni e senza minimamente confutare le argomentazioni espresse sul punto dal Tribunale, che in dettaglio ha esaminato i fatti allegati ed evidenziato elementi di non plausibilità del racconto del richiedente (pag. n. 3 e 4 del decreto impugnato). Le medesime considerazioni valgono per le doglianze sulla mancata attivazione del potere istruttorio sulla situazione del Paese di origine, espresse in modo del tutto generico e senza alcun riferimento alla motivazione del Tribunale, che ha escluso, in base alle informazioni tratte dalle fonti ufficiali di conoscenza, che la zona di provenienza del ricorrente fosse caratterizzata da conflitto armato interno.

7. Anche il quarto motivo è inammissibile.

7.1. Occorre premettere che la domanda di riconoscimento del permesso di soggiorno per motivi umanitari presentata, come nella specie, prima dell’entrata in vigore (5/10/2018) della normativa introdotta con il D.L. n. 113 del 2018, convertito nella L. n. 132 del 2018, deve essere scrutinata sulla base della normativa esistente al momento della sua presentazione (Cass. S.U. n. 29459/2019).

7.2. Tanto premesso, i giudici di merito hanno valutato l’integrazione lavorativa allegata dal ricorrente, assunto come commesso a tempo determinato, contrariamente a quanto dedotto in ricorso, e l’hanno ritenuta elemento da solo insufficiente a giustificare il riconoscimento della protezione umanitaria, in assenza di fattori ulteriori. Il Tribunale ha rimarcato che in caso di rientro nel paese di origine il ricorrente avrebbe potuto ricongiungersi alla propria famiglia e riprendere l’attività lavorativa esercitata prima della partenza.

Le deduzioni svolte in ricorso, ancora una volta, non si confrontano con l’iter motivazionale del decreto impugnato, nè il ricorrente indica elementi individualizzanti di rilevanza, e non è tale, di per sè sola, la giovane età (22 anni) al momento dell’espatrio, o fatti specifici che possano rivestire decisività, nel senso precisato da questa Corte e chiarito con la recente pronuncia delle Sezioni Unite già citata (tra le tante Cass. n. 9304/2019 e Cass. S.U. n. 29459/2019).

Inoltre il fattore dell’integrazione lavorativa diventa recessivo, se difetta la vulnerabilità, come nella specie, e la situazione del Paese di origine, in termini generali ed astratti, è di per sè inidonea al riconoscimento della protezione umanitaria (Cass. S.U. n. 29459/2019 citata, in conformità a Cass. n. 4455/2018).

8. In conclusione, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, nulla dovendosi disporre circa le spese del giudizio di legittimità, stante il mancato svolgimento di attività difensiva da parte del Ministero.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, deve darsi atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso per cassazione, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis ove dovuto (Cass. n. 23535/2019).

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso per cassazione, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis ove dovuto.

Così deciso in Roma, il 24 luglio 2020.

Depositato in Cancelleria il 26 novembre 2020

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