Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 27053 del 26/11/2020

Cassazione civile sez. I, 26/11/2020, (ud. 24/07/2020, dep. 26/11/2020), n.27053

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SAN GIORGIO Maria Rosaria – Presidente –

Dott. PARISE Clotilde – rel. Consigliere –

Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –

Dott. CAIAZZO Luigi Pietro – Consigliere –

Dott. OLIVA Stefano – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 5402/2019 proposto da:

A.V., rappresentato e difeso dall’avvocato Almiento Antonio,

giusta procura alle liti allegata al ricorso;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’Interno, in persona del Ministro pro tempore,

elettivamente domiciliato in Roma Via dei Portoghesi 12 presso

l’Avvocatura Generale dello Stato, che lo rappresenta e difende ope

legis;

– resistente –

avverso il decreto del TRIBUNALE di MILANO, depositato il 06/01/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

24/07/2020 dal consigliere PARISE CLOTILDE.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Con decreto n. 83-2019 depositato il 6-1-2019 il Tribunale di Milano ha respinto il ricorso di A.V., cittadino della (OMISSIS), avente ad oggetto in via gradata il riconoscimento dello status di rifugiato, della protezione sussidiaria e di quella umanitaria. Il Tribunale ha ritenuto che fosse non credibile la vicenda personale narrata dal richiedente, il quale riferiva di essere fuggito dal suo Paese per evitare una persecuzione di natura politica da parte dei seguaci del partito (OMISSIS), atteso che suo cugino J. era il leader dei giovani del partito avversario (OMISSIS) e suo zio era rimasto ucciso negli scontri, al posto del cugino. Il Tribunale ha ritenuto che non ricorressero i presupposti per il riconoscimento di alcuna forma di protezione, avuto anche riguardo alla situazione generale della (OMISSIS), descritta nel decreto impugnato, con indicazione delle fonti di conoscenza.

2. Avverso il suddetto provvedimento, il ricorrente propone ricorso per cassazione, affidato a sei motivi, nei confronti del Ministero dell’Interno, che si è costituito tardivamente, al solo fine dell’eventuale partecipazione all’udienza di discussione.

3. Il ricorso è stato fissato per l’adunanza in camera di consiglio ai sensi dell’art. 375 c.p.c., u.c. e art. 380 bis 1, c.p.c..

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. I motivi di ricorso sono così rubricati:”1.Nullità del decreto e/o del procedimento, per violazione del combinato disposto del D.Lgs. n. 251 del 2017, art. 3 e D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8 per omesso esame del ricorrente”; “2. Nullità della sentenza o del procedimento, per omessa pronuncia sui motivi di gravame, mancanza o apparenza della motivazione”; “3. Nullità del decreto o del procedimento, per la violazione del potere-dovere officioso del giudice di acquisire informazioni e documenti rilevanti, in base al diritto vivente di questa S.C. (Cass. Sez. Un. N. 27310/2008), al D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8 e alla Dir. 2004/83/CE, nonchè 1. b per contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili, in ambedue i casi rilevante ai sensi e per gli effetti dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4”; “4.Violazione e/o falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 7 e 14 rilevante ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 (mancata concessione della protezione sussidiaria cui il ricorrente aveva diritto ex lege in ragione delle attuali condizioni socio-politiche del paese di origine)”;

Violazione e/o falsa applicazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 19 anche in relazione alle previsioni di cui al D.P.R. n. 349 del 1999, art. 28, comma 1, alla L. n. 110 del 2007, all’art. 10 Cost. e art. 3 CEDU, rilevante ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 (Il Tribunale ha errato a non applicare al ricorrente la protezione, non potendo essere rifiutato il permesso di soggiorno allo straniero, qualora ricorrano seri motivi di carattere umanitario, nonchè essendo vietata l’espulsione dello straniero che possa essere perseguitato nel suo paese d’origine o che ivi possa correre gravi rischi”; “6. Violazione e/o falsa applicazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, e dell’art. 8 CEDU, violazione di legge ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, omesso esame circa un fatto decisivo ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 – mancata valutazione della sussistenza dei presupposti per il riconoscimento della protezione umanitaria”. Con il primo motivo il ricorrente deduce che il Tribunale non ha assolto il dovere di cooperazione istruttoria, in quanto avrebbe potuto rinnovare l’ascolto del richiedente per consentirgli di colmare lacune del racconto, e che non ha applicato i principi affermati dalla pronuncia n. 17717/2018 di questa Corte, che richiama. Con il secondo, terzo e quarto motivo denuncia la nullità del decreto impugnato per motivazione mancante o apparente o illogica, nonchè per violazione di legge, avendo il Tribunale dato atto della diffusa instabilità politica della (OMISSIS), senza tuttavia trarne coerenti conclusioni, e per mancata attivazione del dovere di cooperazione istruttoria, da effettuarsi mediante acquisizione di informazioni di carattere generale sia in ordine alla vicenda personale del richiedente, sia in ordine alla situazione generale del Paese di origine, e anche dell'(OMISSIS), che è caratterizzata da diffusa instabilità politica, pericolosità ed insufficiente rispetto dei diritti umani. Con i motivi quinto e sesto il ricorrente si duole del mancato riconoscimento della protezione umanitaria, assumendo che il Tribunale avrebbe dovuto acquisire d’ufficio informazioni sulla sua vulnerabilità ed inoltre aveva erroneamente dato prevalenza alla ritenuta insufficiente integrazione sociale in Italia, senza adeguata comparazione con la sua situazione in (OMISSIS), come da pronuncia n. 4455/2018 di questa Corte.

2. Il primo motivo, con il quale il ricorrente si duole della sua mancata audizione personale, è infondato.

2.1. Il Tribunale, dando atto della fissazione dell’udienza di comparizione delle parti, in assenza di disponibilità della videoregistrazione del colloquio nella fase amministrativa, ha ritenuto non necessaria l’audizione del richiedente, rilevando che la difesa non aveva introdotto ulteriori temi d’indagine e si era limitata a richiamare la vicenda personale già narrata alla Commissione Territoriale, senza segnalare carenze specifiche nella ricostruzione dei fatti avvenuta in sede amministrativa. Il ricorrente si limita ad invocare, a sostegno della censura, la pronuncia di questa Corte n. 17717/2018, di cui riporta solo parzialmente il contenuto, ed, invece, con quella pronuncia è stato chiaramente affermato che è obbligatoria la fissazione dell’udienza di comparizione delle parti, in assenza di videoregistrazione, ma che non ne consegue l’obbligatorietà dell’audizione personale del richiedente. Pertanto la doglianza, come formulata, non coglie nel segno, essendosi il Tribunale attenuto ai principi affermati da questa Corte con la citata ordinanza, ed inoltre il ricorrente neppure precisa quali decisivi chiarimenti avrebbe potuto fornire sulla propria vicenda personale nel corso dell’audizione.

3. I motivi secondo, terzo e quarto, da esaminarsi congiuntamente per la loro connessione, sono in parte infondati e in parte inammissibili.

3.1. Le censure relative al giudizio di non credibilità sono inammissibili in quanto neppure si confrontano con il percorso argomentativo di cui al decreto impugnato. I Giudici di merito hanno rimarcato in dettaglio vari profili di incoerenza, contraddittorietà e genericità dei fatti narrati, facendo corretta applicazione dei parametri dettati dal D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5, lett. c) (Cass. n. 21142/2019; Cass. n. 20580/2019). Inoltre il Tribunale ha attivato il potere istruttorio ufficioso, cercando, nelle fonti di conoscenza, riscontri in ordine ai fatti allegati dal richiedente, ed ha concluso, in dettaglio dando conto di fatti e ragioni alla base del convincimento, affermando che il ricorrente avesse conoscenza dei fatti perchè di notoria conoscenza in quanto ampiamente riportati dai mass media (sull’evento storico del 12 aprile 2013, di particolare risonanza nel Paese – pag. 5 decreto -), ma non per una diretta esperienza degli stessi, stante l’assenza di riferimenti, nelle fonti, ai nominativi indicati dal ricorrente o alla morte dello zio. Il ricorrente non si confronta minimamente con le puntuali argomentazioni di cui al decreto impugnato, si duole dell’omessa cooperazione istruttoria e dell’apparenza della motivazione e si limita, genericamente, a sostenere che il Tribunale non abbia considerato la “realtà sociale accettata nel suo Paese”.

3.3. Una volta esclusa dal Giudice territoriale, con apprezzamento di fatto incensurabile e con motivazione adeguata, la credibilità delle vicende personali narrate, non ricorrono i presupposti per il riconoscimento del rifugio politico e della protezione sussidiaria di cui all’art. 14, lett. a) e b) D.Lgs. cit., in cui rileva, se pure in diverso grado, la personalizzazione del rischio oggetto di accertamento (cfr. Cass. n. 6503/2014; Cass. n. 16275/2018). Nella specie, peraltro, come si è detto, sono stati attivati dal Tribunale anche i poteri di istruzione officiosa. Ne consegue la palese infondatezza delle doglianze espresse in relazione al dovere di cooperazione istruttoria nella ricostruzione della vicenda personale ed alla natura apparente della motivazione, che è invece senz’altro superiore al “minimo costituzionale” (Cass. S.U.n. 8053/2014).

3.4. Quanto alla protezione sussidiaria di cui al citato art. 14, lett. c l’accertamento della situazione del Paese di origine del richiedente integra un apprezzamento di fatto, sindacabile solo nei limiti di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 (Cass. n. 30105/2018). Nella specie, il Tribunale ha esaminato e descritto ampiamente la situazione della (OMISSIS), con indicazione delle fonti di conoscenza, affermando che nell'(OMISSIS), da cui proviene il ricorrente, non risultavano le criticità riferibili ad altre zone. Le deduzioni svolte al riguardo in ricorso, oltre ad essere del tutto generiche, sono inammissibilmente dirette ad una ricostruzione fattuale difforme da quella motivatamente effettuata dai Giudici di merito.

4. I motivi quinto e sesto, da esaminarsi congiuntamente perchè entrambi riguardanti il diniego della protezione umanitaria, sono inammissibili.

4.1. Occorre premettere che la domanda di riconoscimento del permesso di soggiorno per motivi umanitari presentata, come nella specie, prima dell’entrata in vigore (5/10/2018) della normativa introdotta con il D.L. n. 113 del 2018, convertito nella L. n. 132 del 2018, deve essere scrutinata sulla base della normativa esistente al momento della sua presentazione (Cass. S.U. n. 29459/2019).

4.2. Ciò posto, non è minimamente specificata in ricorso quale sia la condizione di vulnerabilità soggettiva del ricorrente, che è stata esclusa con motivazione adeguata dal Tribunale, rispetto alla quale, ancora una volta, il ricorrente non si confronta. Le deduzioni svolte in ricorso, limitate al richiamo della normativa di riferimento e della giurisprudenza di questa Corte, sono del tutto generiche. Il ricorrente neppure indica elementi individualizzanti di rilevanza o fatti specifici che possano rivestire decisività, nel senso precisato da questa Corte e chiarito con la recente pronuncia delle Sezioni Unite già citata (tra le tante Cass. n. 9304/2019 e Cass. S.U. n. 29459/2019). Inoltre la situazione del Paese di origine, in termini generali ed astratti, è di per sè inidonea al riconoscimento della protezione umanitaria (Cass. S.U. n. 29459/2019 citata, in conformità a Cass. n. 4455/2018).

5. In conclusione, il ricorso deve essere rigettato, nulla dovendosi disporre circa le spese del giudizio di legittimità, stante il mancato svolgimento di attività difensiva da parte del Ministero.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, deve darsi atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso per cassazione, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis ove dovuto (Cass. n. 23535/2019).

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso per cassazione, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis ove dovuto.

Così deciso in Roma, il 24 luglio 2020.

Depositato in Cancelleria il 26 novembre 2020

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