Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2705 del 04/02/2021

Cassazione civile sez. III, 04/02/2021, (ud. 06/10/2020, dep. 04/02/2021), n.2705

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Presidente –

Dott. DI FLORIO Antonella – rel. Consigliere –

Dott. RUBINO Lina – Consigliere –

Dott. VINCENTI Enzo – Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 30378-2019 proposto da:

O.O., rappresentata e difesa dall’avv.to

MARIAGRAZIA MARELLI con studio in Alessandria Corso Crimea 57

(marelli.postacert.com) ed elettivamente domiciliata presso la

Cancelleria civile della Corte di Cassazione in Roma, piazza Cavour;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del Ministro pro tempore;

– resistente –

avverso la sentenza n. 383/2019 della CORTE D’APPELLO di GENOVA,

depositata il 13/02/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

06/10/2020 dal Consigliere Dott. DI FLORIO ANTONELLA.

 

Fatto

RILEVATO IN FATTO

che:

1. O.O., proveniente dalla Nigeria ricorre affidandosi a cinque motivi per la cassazione della sentenza della Corte d’Appello di Genova che aveva confermato la pronuncia di rigetto del Tribunale della domanda di protezione internazionale declinata in tutte le forme gradate, da lui avanzata in ragione del diniego opposto in sede amministrativa dalla competente Commissione territoriale.

1.1. Per ciò che qui interessa, il ricorrente aveva narrato di essere fuggito dal proprio paese in quanto era stato introdotto nella setta Black Axe Confraternity sotto l’effetto di una droga che gli era stata somministrata a seguito una sedazione e, dopo essere stato percosso, gli era stato comunicato che l’affiliazione era irrevocabile, pena la morte. Ha aggiunto di temere che in caso di rimpatrio potesse essere rintracciato dai componenti della setta.

2. Il Ministero dell’Interno ha depositato “atto di costituzione” non notificato al ricorrente, chiedendo di poter partecipare alla eventuale udienza di discussione della causa ex art. 370 c.p.c., comma 1.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

Che:

1. Con il primo motivo, deduce ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 3, 4 e 5.

1.1. Contesta la statuita inattendibilità delle sue dichiarazioni, fondata, in thesi, su una valutazione erronea del racconto da parte della Corte territoriale: la sua narrazione, infatti, lungi dall’essere infarcita di contraddizioni, era connotata da mere precisazioni da lui apportate alle varie versioni, solo apparentemente incompatibili.

1.2. Il motivo è inammissibile.

1.3. Anche se la sentenza contiene un’affermazione frutto di un’opinione personale della Corte (“E’ anche vero però che sovente dei migranti provenienti dalla Nigeria per motivi economici narrano storie inverosimili della loro fuga da culti in cui sono stati fatti entrare a forza”: cfr. pag. 12 penultimo cpv della sentenza impugnata) che esula dalla funzione stessa della motivazione la quale, dunque, nel caso in esame, deve essere corretta attraverso l’espunzione della frase sopra riportata, la censura chiede, nella sostanza, una rivalutazione del merito del racconto narrato rispetto al quale i giudici d’appello hanno evidenziato contraddizioni in modo logico e costituzionalmente sufficiente.

1.4. La censura, pertanto, si traduce in una non consentita richiesta di rivalutazione di merito delle emergenze istruttorie, preclusa in questa sede.

2. Con il secondo motivo, il ricorrente deduce, ex art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, la violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 2, lett. f, artt. 5 e 7, art. 8, comma 1, lett. d): lamenta che non gli era stato riconosciuto lo stato di rifugiato con motivazione carente e riferita erroneamente alla sua fede cristiana che non era mai stata oggetto di censura.

2.1. Il motivo risulta assorbito dalle argomentazioni relative alla precedente censura, in quanto la ratio decidendi della pronuncia è fondata sulla valutazione di complessiva inattendibilità del racconto: le argomentazioni spese in relazione alla sua fede cristiana comunque fondata su una allegazione da lui stesso introdotta (cfr. il terzo motivo d’appello riportato a pag. 7 della sentenza impugnata) rientrano in un’argomentazione ad adiuvandum che non configura il travisamento denunciato.

3. Con il terzo motivo, il ricorrente deduce, ex art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 2, lett. G) e art. 14, lett. b) e c): lamenta genericamente che non gli era stata riconosciuta la protezione sussidiaria e che la Corte aveva omesso di considerare il pericolo generalizzato esistente in Nigeria anche al di fuori del territorio controllato dalle truppe di (OMISSIS).

3.1. Lamenta il mancato adempimento del dovere di cooperazione istruttoria.

3.2. Il motivo è inammissibile.

3.3. La sentenza impugnata richiama C.O.I. aggiornate al 2019 (Ecoi.net, Rapporto Nigeria Sicurity Situation 2019: cfr. pag. 24 della sentenza impugnata), rispetto alle quali il ricorrente non ne contrappone altre più attendibili ed idonee a condurre ad una diversa soluzione della controversia: ragione per cui la censura si risolve in una richiesta di rivalutazione di merito, inammissibile in questa sede anche perchè viene conformata attraverso il mero collage di pronunce di merito, non conducenti rispetto alla specifica vicenda (cfr. pagg. 18, 19 e 20 del ricorso).

4. Con il quarto motivo, ex art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, il ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6: assume che la Corte non aveva considerato la sua fragilità psicologica, derivante dalla storia narrata e deduce nuovamente il rischio di violazione dei diritti fondamentali, derivante dal suo rimpatrio.

4.1. Si duole del fatto che era stata sottovalutata la sua integrazione in Italia, estrinsecata attraverso la partecipazione a corsi di formazione ed attività lavorative a tempo determinato.

4.2. La censura è inammissibile per mancanza di specificità.

Si osserva, infatti, la Corte ha valutato sia le forme di integrazione dedotte (pag. 27, ultimo cpv della sentenza), sia la vulnerabilità derivante dai problemi psicologici (pag. 28) e con motivazione al di sopra della sufficienza costituzionale l’ha considerata inidonea a configurare, nell’ambito del giudizio di comparazione, il presupposto per il riconoscimento della forma di protezione invocata.

4.3. Trattasi di una valutazione di merito, in quanto tale non censurabile in questa sede (cfr. Cass. 8758/2017; Cass. 18721/2018).

5. Con il quinto motivo, infine, il ricorrente lamenta, ex art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, la violazione dell’art. 91 c.p.c., comma 1: si duole della mancata compensazione delle spese di lite e dell’assenza di motivazione sull’applicazione del principio della soccombenza.

5.1. Il motivo è inammissibile ex art. 360 bis c.p.c., in quanto la giurisprudenza di questa Corte è assolutamente consolidata nel ritenere che la regola della soccombenza – che non necessita di alcuna motivazione, essendo sufficiente che venga richiamata – è derogabile attraverso la compensazione (totale o parziale) delle spese di lite mediante una insindacabile decisione del giudice di merito.

5.2. E’ stato al riguardo affermato che “in tema di spese processuali, la facoltà di disporne la compensazione tra le parti rientra nel potere discrezionale del giudice di merito, il quale non è tenuto a dare ragione con una espressa motivazione del mancato uso di tale sua facoltà, con la conseguenza che la pronuncia di condanna alle spese, anche se adottata senza prendere in esame l’eventualità di una compensazione, non può essere censurata in cassazione, neppure sotto il profilo della mancanza di motivazione. (cfr. Cass.SU 14989/2005; Cass.7607/2006; Cass. 11389/2019).

6. In conclusione, il ricorso è inammissibile.

7. Non sono dovute spese, atteso che il ricorso viene deciso in adunanza camerale, in relazione alla quale – assente la discussione orale – l’atto di costituzione del Ministero risulta irrilevante ex art. 370 c.p.c., comma 1.

8. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, da atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello cui è tenuto per il ricorso proposto, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

PQM

La Corte, dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, da atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello cui è tenuto per il ricorso proposto, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Terza Sezione civile della Corte di cassazione, il 6 ottobre 2020.

Depositato in Cancelleria il 4 febbraio 2021

 

 

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