Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 27046 del 03/12/2013


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Civile Sent. Sez. 2 Num. 27046 Anno 2013
Presidente: GOLDONI UMBERTO
Relatore: PETITTI STEFANO

SENTENZA

sentenza con inotiraione
semplUicata

sul ricorso proposto da:
MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE,
Ministro

pro

tempore,

in persona

rappresentato

e

del

difeso

dall’Avvocatura generale dello Stato, presso i cui uffici
in Roma, via dei Portoghesi n. 12, è domiciliato per legge;

ricorrente

contro
COMUNITA’ MONTANA VERSANTE TIRRENICO MERIDIONALE DI
DELIANUOVA, in persona del Presidente pro tempore;

intimata

avverso il decreto della Corte d’appello di Catanzaro
depositato in data 4 ottobre 2012.

Data pubblicazione: 03/12/2013

Udita

la relazione della causa svolta nella pubblica

udienza del 5 novembre 2013 dal Consigliere relatore Dott.
Stefano Petitti;
sentito l’Avvocato dello Stato Francesco Meloncelli;

generale Dott. Luigi Salvato, che ha chiesto l’accoglimento
del primo motivo di ricorso, assorbiti gli altri.
Ritenuto che, con ricorso depositato in data 25 gennaio
2011 presso la Corte d’appello di Catanzaro, la Comunità
Montana Versante Tirrenico Meridionale chiedeva la condanna
del Ministero dell’economia e delle finanze al pagamento
del danno non patrimoniale derivato dalla irragionevole
durata di un giudizio iniziato dinnanzi al TAR della
Calabria, sezione di Reggio Calabria il 10 ottobre 1994 e
definito con decreto di perenzione del 22 novembre 2010;
che l’adita Corte d’appello accoglieva la domanda,
ritenendo intervenuta una violazione del termine di durata
ragionevole pari a circa sette anni, e condannava il
Ministero al pagamento della somma di euro 5.250,00,
applicando il criterio di 750,00 per ciascuno degli anni di
ritardo, oltre agli interessi legali dalla domanda;
che per la cassazione di questo decreto il Ministero
dell’economia e delle finanze ha proposto ricorso sulla
base di quattro motivi;
che l’intimata non ha svolto attività difensiva.

sentito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore

Considerato

che il Collegio ha deliberato l’adozione

della motivazione semplificata nella redazione della
sentenza;
che con il primo motivo di ricorso l’amministrazione

2 della legge n. 89 del 2001, in combinato disposto con gli
artt. 1226 e 2056 cod. civ., dolendosi del fatto che la
Corte d’appello non abbia accolto l’eccezione di
inammissibilità della domanda proposta dalla Comunità
montana, la quale,in quanto ente pubblico locale, non
poteva subire un danno non patrimoniale;
che con il secondo motivo il Ministero denuncia
violazione dell’art. 2 della legge n. 89 del 2001, come
modificato dall’art. 54, comma 2, del decreto-legge n. 112
del 2008, convertito, con modificazioni, nella legge n. 133
del 2008 e dal codice del processo amministrativo,
dolendosi del fatto che la Corte d’appello non abbia
dichiarato improponibile la domanda per non essere stata
presentata istanza di prelievo;
che con il terzo motivo l’amministrazione deduce
violazione dell’art. 2 della legge n. 89 del 2001, come
modificato dall’art. 54, comma 2, del decreto-legge n. 112
del 2008, convertito, con modificazioni, nella legge n. 133
del 2008 e dal codice del processo amministrativo,
lamentando che la Corte d’appello non abbia comunque

ricorrente deduce violazione e falsa applicazione dell’art.

limitato il periodo indennizzabile alla data del 25 giugno
1998, data di entrata in vigore del d.l. n. 112 del 2008;
che con il quarto motivo il Ministero denuncia
violazione dell’art. 2 della legge n. 89 del 2001 e

d’appello non abbia limitato l’indennizzo in considerazione
del fatto che il giudizio presupposto era stato dichiarato
perento; circostanza, questa, che doveva essere apprezzata
ai fini della riduzione dell’indennizzo se non della sua
esclusione;
che il primo motivo di ricorso, con il quale
l’amministrazione ricorrente si duole sostanzialmente del
mancato accoglimento, da parte della Corte d’appello, della
eccezione di difetto di legittimazione attiva della
Comunità montana in ordine alla domanda di equa
riparazione, è fondato;
che occorre premettere che, alla stregua della regola
di conformazione stabilita dalla giurisprudenza di questa
Corte in considerazione della coincidenza dell’area di
operatività della

legge

n.89 del 2001 con l’area delle

garanzie assicurate dalla Convenzione europea dei diritti
dell’uomo e delle libertà fondamentali, il giudice
nazionale deve, per quanto possibile, interpretare ed
applicare il diritto interno conformemente alla Convenzione
ed alla giurisprudenza della Corte di Strasburgo (Cass.,

‘ dell’art. 2056 cod. civ., dolendosi del fatto che la Corte

S.U., n.1340 del 2004; Cass. n.21403 del 2005; Cass. n.
13657 del 2007; Cass. n. 2371 del 2011);
che in tal senso, ai fini della determinazione dei
soggetti aventi diritto all’equa riparazione, l’espressione

(“Chi ha subito un danno patrimoniale o non patrimoniale
per effetto di violazione della Convenzione per la
salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà
fondamentali, ratificata ai sensi della legge 4 agosto
1955, n. 848, sotto il profilo del mancato rispetto del
termine ragionevole.”) può e deve essere interpretata
restrittivamente alla luce del disposto dell’art. 34 della
C.E.D.U. sopra evidenziato, che inequivocamente esclude dal
novero degli aventi diritto gli enti pubblici, ed in
generale ogni ente o articolazione amministrativa pubblica
che, in quanto tale, detiene o esercita un pubblico potere
(così interpretata specularmente l’espressione
“organizzazioni non governative”);
che tale interpretazione della norma interna, in
applicazione della richiamata regola di conformazione, non
risulta in contrasto né con il testo della norma stessa né
con principi fondamentali dell’ordinamento interno,
segnatamente con l’art. 111, secondo comma, Cost., non
apparendo destinata ad escludere i processi dei quali sia
parte un ente pubblico dalla applicazione dei principi

contenuta nell’art.2, comma 1, della legge n. 89 del 2001

fondamentali fissati in tale norma, bensì piuttosto a
limitare l’ambito di applicazione delle garanzie assicurate
dalla Convenzione europea dei diritti dell’uomo e delle
libertà fondamentali – e quindi l’area di operatività della

individualmente o nelle formazioni collettive da essi
costituite secondo legge, con i diversi poteri statali e
pubblici in genere, escludendo da tale ambito i rapporti
tra i poteri pubblici;
che per tali ragioni si è affermato il seguente
principio di diritto: «il procedimento di cui alla legge n.
89 del 2001 non può essere promosso dagli enti – quali le
Comunità montane che, ai sensi dell’art. 34 della
Convenzione europea dei diritti dell’uomo e delle libertà
fondamentali, non sono qualificabili come “organizzazioni
non governative”, trattandosi di enti che detengono o
esercitano un pubblico potere» (Cass. n. 1007 del 2013);
che il primo motivo va quindi accolto, con assorbimento
degli altri e con conseguente cassazione del decreto
impugnato;
che non essendo,

peraltro,

necessari ulteriori

accertamenti di fatto, la causa può essere decisa nel
merito ex art. 384 cod. proc. civ. con il rigetto della
domanda proposta dalla Comunità Montana Versante Tirrenico
Meridionale che, non rientrando tra le organizzazioni non

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legge n. 89 del 2001 – ai rapporti tra le persone,

governative, non è abilitata a proporre nei confronti dello
Stato la domanda di equa riparazione per la irragionevole
durata di un processo del quale sia stata o sia parte;
che in considerazione della natura giuridica dei

motivi per compensare tra le parti le spese di entrambi i
gradi del giudizio.
PER QUESTI MOTIVI
La Corte accoglie il ricorso, cassa il decreto
impugnato e, decidendo nel merito, rigetta la domanda di
equa riparazione proposta dalla Comunità Montana Versante
Tirrenico Meridionale; compensa le spese dell’intero
giudizio.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della
Seconda Sezione Civile della Corte suprema di cassazione,
il 5 novembre 2013.

soggetti del presente giudizio si ritiene sussistano giusti

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