Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 27045 del 26/11/2020

Cassazione civile sez. VI, 26/11/2020, (ud. 10/11/2020, dep. 26/11/2020), n.27045

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MOCCI Mauro – Presidente –

Dott. CONTI Roberto Giovanni – Consigliere –

Dott. CAPRIOLI Maura – rel. Consigliere –

Dott. LA TORRE Maria Enza – Consigliere –

Dott. DELLI PRISCOLI Lorenzo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 19003-2019 proposto da:

I.A., B.C., elettivamente domiciliati in

ROMA, PIAZZA CAVOUR presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE,

rappresentati e difesi dall’avvocato FULVIO FERLITO;

– ricorrenti –

AGENZIA DELLE ENTRATE – RISCOSSIONE (C.F.(OMISSIS)), in persona

Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI

PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la

rappresenta e difende ope legis;

– ricorrenti incidentali –

e contro

EQUTALIA CENTRO SPA;

– intimata –

avverso la sentenza n. 2181/5/2018 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE della TOSCANA, depositata il 10/12/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 10/11/2020 dal Consigliere Relatore Dott. CAPRIOLI

MAURA.

 

Fatto

Ritenuto che:

La CTR della Toscana, con sentenza nr 2181/2018, rigettava l’appello proposto da I.A. e B.C. avverso la sentenza della CTP di Prato con cui era stato respinto il ricorso in opposizione dei contribuenti avente ad oggetto la comunicazione di avvenuta iscrizione ipotecaria accesa a garanzia di crediti erariali su beni immobili conferiti in un fondo patrimoniale costituito ex art. 167 c.c.

Rilevava che gli appellanti, alla stregua delle risultanze di causa, non avevano assolto all’onere probatorio di dimostrare l’estraneità dei crediti al soddisfacimento dei bisogni familiari e alla consapevolezza di ciò da parte del creditore.

Osservava che essendo le sanzioni e i compensi di riscossione previsti per legge come accessori dei debiti principali doveva considerarsi legittimo il loro inserimento tra i crediti per i quali era prevista l’iscrizione ipotecaria.

Avverso tale sentenza I.A. e B.C. propongono ricorso per cassazione con un unico motivo cui resiste con controricorso e ricorso incidentale condizionato l’Agenzia delle Entrate – Riscossione.

Diritto

Considerato che:

I contribuenti lamentano la violazione e falsa applicazione degli art. 167,170 e 2697 c.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3.

Criticano in particolare la decisione nella parte in cui ha respinto l’appello sulla base di una non corretta interpretazione dell’art. 170 c.c..

Lamentano infatti che il debito tributario non possa essere considerato contratto per i bisogni della famiglia.

Osservano che l’iscrizione ipotecaria è atto pregiudizievole nei confronti dei beni stessi essendo l’ipoteca atto necessariamente e funzionalmente preposto ad una esecuzione immobiliare che non può avere luogo essendo detta garanzia avvenuta in data successiva alla costituzione del fondo patrimoniale e alla sua annotazione a margine dell’atto di matrimonio.

I rilievi critici veicolati attraverso l’unico profilo di censura non possono essere condivisi.

Giova ricordare che questa Corte con ord. n. 15354 del 22/07/2015 – ha escluso che “l’iscrizione ipotecaria prevista dal D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, art. 77, possa essere considerata un atto dell’espropriazione forzata, dovendosi piuttosto essa essere considerata “un atto riferito ad una procedura alternativa all’esecuzione forzata vera e propria”.

Tale affermazione di principio, dalla quale non si vede ragione per discostarsi, non può non riverberarsi nella materia qui trattata, nella quale, venuta meno la premessa ricostruttiva fondata come detto sulla qualificazione dell’iscrizione ipotecaria D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, ex art. 77 come “atto dell’esecuzione”, viene meno anche l’applicabilità dell’art. 170 c.c., non sembrando superabile il dato testuale sopra già evidenziato, tanto più ove si consideri che, ponendo la norma una eccezione alla regola della responsabilità patrimoniale ex art. 2740 c.c., la stessa è da ritenersi soggetta a interpretazione tassativa (V. anche Cass.n. 23875/2015; n. 10794/2016, in motiv.; Cass. n. 5577/2019).

Alla luce della natura dell’iscrizione ipotecaria, si è dunque affermato che” l’iscrizione ipotecaria di cui al D.P.R. n. 602 del 1973, art. 77, è ammissibile anche sui beni facenti parte di un fondo patrimoniale alle condizioni indicate dall’art. 170 c.c., sicchè è legittima solo se l’obbligazione sia strumentale ai bisogni della famiglia o se il titolare del credito non ne conosceva l’estraneità a tali bisogni, gravando in capo al debitore opponente l’onere della prova non solo della regolare costituzione del fondo patrimoniale, e della sua opponibilità al creditore procedente, ma anche della circostanza che il debito sia stato contratto per scopi estranei alle necessità familiari, avuto riguardo al fatto generatore dell’obbligazione e a prescindere dalla natura della stessa. (Cass. n. 20998/2018; Cass. n. 1652 del 2016; Cass. n. 22761 del 09/11/2016; Cass. n. 3738/2015; Cass. 23876/2015).

In particolare, si è affermato che il creditore può iscrivere ipoteca su beni appartenenti al debitore e conferiti nel fondo, se il debito sia stato contratto per uno scopo non estraneo ai bisogni familiari, ovvero – nell’ipotesi contraria – purchè il titolare del credito, per il quale procede alla riscossione, non fosse a conoscenza di tale estraneità, dovendosi ritenere, diversamente, illegittima l’eventuale iscrizione comunque effettuata (v. Cass. n. 23876/2015; Cass. n. 1652/2016; Cass. n. 2998/2018).

Ne consegue che i beni costituenti fondo patrimoniale non possono essere sottratti all’azione esecutiva dei creditori quando lo scopo perseguito nell’obbligazione sia quello di soddisfare i bisogni della famiglia, da intendersi non in senso oggettivo, ma come comprensivi anche dei bisogni ritenuti tali dai coniugi in ragione dell’indirizzo della vita familiare e del tenore prescelto, in conseguenza delle possibilità economiche familiari.

Questa Corte ha, altresì, ribadito che il criterio identificativo dei crediti che possono essere realizzati esecutivamente sui beni conferiti nel fondo va ricercato non già nella natura delle obbligazioni, ma nella relazione esistente tra il fatto generatore di esse e i bisogni della famiglia sicchè non assume rilievo la natura per usare le parole del ricorrente – latamente pubblicistica del credito di cui alle cartelle di pagamento (Cass. n. 3738/2015, n. 15886/2014; Cass. n. 31590/2018 in motiv.; Cass. 2020 /8077; nr 10166).

Spetta, pertanto, al giudice di merito di accertare – in fatto – se il debito in questione si possa dire contratto per soddisfare i bisogni della famiglia, (Cass. n. 12998/2006) a prescindere dalla natura della stessa: sicchè anche un debito di natura tributaria sorto per l’esercizio dell’attività imprenditoriale può ritenersi contratto per soddisfare tale finalità, fermo restando che essa non può dirsi sussistente per il solo fatto che il debito derivi dall’attività professionale o d’impresa, dovendosi accertare che l’obbligazione sia sorta per il soddisfacimento dei bisogni familiari, nel cui ambito vanno incluse le esigenze volte al pieno mantenimento ed all’univoco sviluppo della famiglia, ovvero per il potenziamento della capacità lavorativa, e non per esigenze di natura voluttuaria o caratterizzate da interessi meramente speculativi (cfr. Cass. n. 26126/2019; Cass. n. 9188/2016; Cass. n. 3738/2015; Cass.n. 23876/2015, peraltro in riferimento alla riscossione dell’esattore).

Questa Corte ha pure precisato che tali oneri di allegazione e di prova si configurano anche quando si proponga contro l’esattore domanda di declaratoria della illegittimità di una ipoteca iscritta ai sensi del citato D.P.R. n. 602 del 1973, art. 77.

Ciò premesso la CTR con una valutazione in fatto non sindacabile in questa sede ha affermato che i contribuenti non avevano dimostrato le condizioni per fruire del regime di impignorabilità.

Corretta deve poi ritenersi la decisione nella parte in cui ha riconosciuto la debenza delle sanzioni inflitte ai contribuenti trattandosi di elementi accessori al debito principale definitivamente accertato ed oggetto di legittima pretesa. Una diversa soluzione legittimerebbe, in modo improprio, l’utilizzo del fondo patrimoniale (istituto che ha la finalità di apprestare misure di protezione per i bisogni economici della famiglia) a scopo elusivo: al riguardo, soccorrono i principi concernenti la solidarietà economica e la ratio degli artt. 23 e 53 Cost., i quali, consentendo un corretto bilanciamento delle diverse esigenze, legittima l’iscrizione ipotecaria sul fondo patrimoniale anche per le somme dovute a titolo di sanzioni(Cass. n. 20998/2018, in motiv.).

L’iscrizione ipotecaria non consente alcun vaglio giurisdizionale, fondandosi non su un credito da accertare, ma su un titolo esecutivo portante un credito ormai liquido ed esigibile, il che esclude una valutazione sulla legittimità della iscrizione anche per sanzioni accessorie al debito tributario. Conclusivamente il ricorso deve essere respinto con aggravio di spese.

La censura introdotta con ricorso incidentale condizionato diretto a criticare la ritenuta applicazione del limite previsto dall’art. 170 c.c. alle azioni esecutive anche alla comunicazione di iscrizione ipotecaria quantunque abbia già trovato una risposta nelle considerazioni sopra esposte, resta assorbita.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

P.Q.M.

La Corte:

– Rigetta il ricorso principale; assorbito il ricorso incidentale.

– condanna il ricorrente alla refusione delle spese di lite sostenute dalla Agenzia delle Entrate che liquida in Euro 26000,00 oltre SPA.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, il 10 novembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 26 novembre 2020

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