Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 27043 del 27/12/2016


Clicca qui per richiedere la rimozione dei dati personali dalla sentenza

Cassazione civile, sez. II, 27/12/2016, (ud. 11/10/2016, dep.27/12/2016),  n. 27043

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BIANCHINI Bruno – Presidente –

Dott. PARZIALE Ippolisto – Consigliere –

Dott. ORILIA Lorenzo – Consigliere –

Dott. COSENTINO Antonello – Consigliere –

Dott. GRASSO Giuseppe – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 26036-2012 proposto da:

S.V., (OMISSIS), difeso da se stesso, elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA CELIMONTANA 38, presso lo studio

dell’avvocato PAOLO PANARITI, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

CONDOMINIO (OMISSIS), B.A., F.A., elettivamente

domiciliati in ROMA, VIA PAOLO EMILIO 57, presso lo studio

dell’avvocato MARCO SERRA, che li rappresenta e difende unitamente

all’avvocato ALESSANDRO ISALBERTI;

– controricorrenti –

e contro

G.F., M.G., BI.GI.,

BI.TO., BI.GI.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 834/2012 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA,

depositata il 06/04/2012;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

11/10/2016 dal Consigliere Dott. GIUSEPPE GRASSO;

udito l’Avvocato ROMANO Mario, con delega depositata in udienza

dell’Avvocato Paolo PANARITI, difensore del ricorrente che ha

chiesto l’accoglimento del ricorso;

udito SERRA Marco difensore dei resistenti che ha chiesto il rigetto

del ricorso;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

PEPE Alessandro, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza n. 2070/07 del 25/6/2007 il Tribunale di Verona, dichiarata non validamente approvato il regolamento condominiale di cui all’assemblea del 13/5/2002 del Condominio (OMISSIS) (assorbite le istanze attoree di cui al punto 7a della citazione) e il difetto d’interesse ad agire dell’attore S.V. con domanda di annullamento delle tabelle millesimali e rigettate le altre domande avanzate dall’attore nei confronti del predetto condominio, nonchè nei confronti degli altri condomini, in accoglimento della domanda riconvenzionale, dichiarò illegittimo, per violazione dell’art. 1102 c.c., l’utilizzo a parcheggio del cortile interno del fabbricato, preteso dall’attore.

Proposto appello, l’attore, la Corte di Venezia, con sentenza depositata il 6/4/2012, confermò la sentenza di primo grado.

Per quel che è utile anticipare in questa sede va riferito che l’appellante aveva lamentato la carenza di rappresentanza del condominio; l’inammissibilità della domanda riconvenzionale degli appellati per carenza d’interesse, in quanto assorbita e coperta dal giudicato interno (dichiarazione d’invalidità della deliberazione che aveva posto il divieto di parcheggio); il vizio di extrapetizione; l’illegittimità della declaratoria d’inibitoria al parcheggio; l’incompetenza per materia del tribunale in favore del giudice di pace.

Con ricorso del 4/11/2012 il S. chiede annullarsi la sentenza d’appello.

Resistono con controricorso il Condominio, F.A. e B.A.. Hanno presentato memorie il ricorrente e i resistenti. Quest’ultimi, in seno alle memorie deducono che con delibera assembleare del 10/10/2013, allegata all’atto difensivo e comunicata alla controparte, si erano attribuiti all’amministratori ampi poteri di rappresentare il Condominio nel giudizio di legittimità.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

La Corte non può fare a meno di rilevare la mancanza di rigore formale e logico nella esposizione delle doglianze, inquinata da ripetizioni, accorpamenti e promiscuità, tali da porre ai limiti dell’ammissibilità il ricorso. Ricorso che, nel merito, è destituito di giuridico fondamento per le ragioni che si esporranno dopo aver posto in sintetica rassegna il contenuto delle censure.

Ab inizio il ricorrente deduce, a mò di antefatto, violazione dell’art. 112, contraddittoria motivazione su un punto controverso e decisivo ed omesso esame e pronuncia.

Assume l’ A., premettendo una sintesi non esaustiva delle doglianze, che la Corte di merito aveva errato nel giudicare tardive e nuove una pluralità di eccezioni da esso sollevate; eccezioni che, comunque, e contraddittoriamente, secondo il ricorrente, erano state poi disattese.

In particolare: a) andava ribadita la carenza di rappresentanza del condomino, costituente difetto di una condizione dell’azione, verificabile d’ufficio, a maggior ragione a riguardo della domanda riconvenzionale, b) doveva constatarsi l’illogicità manifesta derivante dall’aver giudicato persistente l’interesse alla riconvenzionale, nonostante in altro capo della sentenza si era affermato l’intervenuto assorbimento di ogni subordinata; c) doveva affermarsi la sussistenza di giudicato endoprocessuale, rilevabile d’ufficio, costituito dalla declaratoria d’invalidità della deliberazione con la quale si era vietato il parcheggio nel cortile; d) trattandosi di modalità d’uso della cosa comune la competenza inderogabile era del giudice di pace; e) violazione dell’art. 1102 c.c., in quanto la Corte aveva erroneamente assimilato l’uso paritario, previsto dalla norma, ad uso identico.

Di poi, il ricorrente, denunziando la violazione dell’art. 1131 c.c., art. 2729 c.c., comma 2, art. 2909 c.c., deduce che l’amministratore condominiale non aveva il potere di resistere in giudizio e ancor più di proporre domanda riconvenzionale, in assenza di precipua autorizzazione assembleare, non trattandosi di regolare l’uso della cosa comune e tantomeno di dare esecuzione a delibera condominiale e, pertanto, l’esercizio era avvenuto al di fuori dei casi previsti dall’art. 1131 c.c.. Nè il difetto poteva ritenersi sanato dalla chiamata in causa di tutti i condomini, poichè”nel frattempo erano mutati i condomini originari rispetto a quelli che avrebbero dovuto dare l’autorizzazione a resistere nel giudizio di primo grado”; “Nè, con violazione dell’art. 2729 c.c., comma 2 può presumersi che i medesimi abbiano, anche solo per implicito, manifestata la loro volontà alla costituzione del distinto rapporto processuale nel giudizio di secondo grado da parte del condominio”. Inoltre, era rimasto volato l’art. 2909 c.c.: dichiarata l’invalidità della delibera che vietava il parcheggio non sarebbe stato possibile affermare il divieto in parola.

Successivamente il ricorrente denunzia vizio motivazionale su un punto controverso e decisivo, nonchè violazione dell’art. 112 c.p.c., in quanto la Corte di merito, dopo aver dichiarato tardive le deduzioni concernenti la legittimità della costituzione del condominio, l’interesse ad agire, la connessione oggettiva fra la domanda principale e quella riconvenzionale e l’incompetenza del tribunale, aveva deciso nel merito, rigettando la prospettazione dell’appellante.

Viene appresso denunziata violazione degli artt. 100, 36 e 112 c.p.c. e artt. 1137 e 1109c.c.. Assume il ricorrente che la domanda riconvenzionale andava dichiarata inammissibile d’ufficio per carenza delle condizioni dell’azione: in un procedimento squisitamente di tipo impugnatorio era stata introdotta una domanda diretta ad ottenere una illegittima sostituzione del giudice nel potere deliberativo di merito dell’assemblea. Da qui anche il vizio di extrapetizione e violazione dell’art. 112 c.c..

Il S., indi, prospetta violazione degli artt. 1136, 1102 e 1138 c.c.. Al contrario di quanto affermato in sentenza, la domanda riconvenzionale non era una ordinaria forma di esercizio dei compiti dell’amministratore (regolare l’uso della cosa comune), poichè incidente sulla sfera dei diritti del singolo condomino e il primo non poteva ambire a disciplinare la materia in assenza di una determinazione unanime di tutti i comunisti.

Viene successivamente dedotta violazione dell’art. 112 c.p.c. e vizio motivazionale. La Corte era caduta in palese contraddizione in quanto, pur avendo affermato la mancanza di un valido strumento deliberativo che vietasse il parcheggio, aveva, del pari, sostenuto la legittimità del divieto imposto dal Tribunale, nel mentre si sarebbe dovuto concludere che questi, così come non avrebbe potuto autorizzare un tale uso, allo stesso tempo non avrebbe potuto vietarlo.

Si contesta ancora la violazione degli artt. 324 e 112 c.p.c.. Il ricorrente insiste nel denunziare la violazione del giudicato interno, coprente il dedotto ed il deducibile: la dichiarazione d’invalidità della delibera che stabiliva il divieto precludeva, secondo il S., il vaglio positivo della domanda riconvenzionale, con la quale il predetto divieto si chiedeva al giudice di affermare.

Si deduce, poscia, la violazione dell’art. 112 c.p.c. e delle regole sulla competenza. Il ricorrente insiste per la declaratoria d’incompetenza in favore del giudice di pace, proprio in quanto era stata affermata la natura solo regolamentare del diritto al parcheggio (“modalità di uso dei servizi condominiali”).

Si argomenta successivamente la violazione dell’art. 1102 c.c.: egli aveva acquistato il proprio appartamento con i correlati diritti condominiali in assenza di qualsivoglia regolamento che vietasse l’uso a parcheggio del cortile; parcheggio, peraltro, in fatto possibile e compatibile con le manovre d’ingresso ai garage di altri condomini; la Corte di Venezia aveva ricusato di prendere in considerazione anche un uso turnario affermando, contro il vero, che l’attore rivendicava l’uso esclusivo; aveva erroneamente identificato l’uso paritario con l’uso identico.

Infine viene prospettata la violazione dell’art. 949 c.c., art. 1102 c.c. – art. 1106 c.c., comma 1 e art. 1138 c.c. e art. 112 c.p.c.. Legittimamente il ricorrente poteva invocare la negatoria servitutis, allo scopo di fronteggiare le molestie riscontrate nell’uso del bene comune; azione rimasta assorbita, ma non disattesa, dalla declaratoria d’invalidità della delibera.

Appare funzionale ad una migliore comprensibilità e speditezza argomentativa riportare, in sintesi, le ragioni decisorie della Corte d’appello. Quel giudice chiarisce che con l’unico, articolato motivo d’appello il S. aveva lamentato la violazione degli artt. 112 c.p.c. e art. 1102 c.c., per avere il Tribunale, impingendo in vizio di extrapetizione, dichiarato illegittimo l’utilizzo a parcheggio del cortile condominale, “laddove l’attore non avrebbe proposto in alcun modo la domanda di vedersi riconosciuto il diritto esclusivo a parcheggiare nel cortile interno del condominio, avendo solo fatto richiesta di fruire del cortile stesso in conformità a quanto disposto dall’art. 1102 c.c.”. Motivo che la Corte di Venezia giudicò infondato.

Per contro, le altre deduzioni vengono qualificate eccezioni tardive, in quanto “proposte solo nelle conclusioni d’appello”, con la precisazione consequenziale che la materia del contendere in appello doveva intendersi limitata “alla sola asserita extrapetizione del punto della sentenza, che ha dichiarato illegittimo il parcheggio di un’autovettura nel piccolo cortile comune da parte dell’odierno appellante”, poichè la sentenza di primo grado non era stata impugnata “a) sul punto ove implicitamente afferma la legittimità della costituzione del condominio; b) sul punto in cui afferma (anche se implicitamente) la sussistenza dell’interesse, ex art. 100 c.p.c., del condominio alla “persistenza dei capi impugnati della sentenza”; c) sul punto attestante la connessione oggettiva tra la domanda attorea e la riconvenzionale del condominio, ex art. 36 c.p.c.. Infine, l’eccezione d’incompetenza per materia avrebbe dovuto essere eccepita (o rilevata dal Giudice) solo alla prima udienza del giudizio di primo grado ex art. 38 c.p.c., comma 1″.

Alla luce di quanto premesso tutti i punti di doglianza ricavabili dal ricorso vanno disattesi.

Carenza di rappresentanza del Condominio.

In primo e risolutivo luogo la questione è preclusa dalla mancanza di rituale censura d’appello.

Peraltro, va osservato che l’amministratore ha la rappresentanza dei condomini e può agire in giudizio, fra l’altro, per eseguire una delibera assembleare (art. 1131 e art. 1130, n. 1). Esecuzione da intendersi in senso sostanziale: perseguimento dello scopo fissato nella delibera.

Inoltre, la circostanza che, oltre al Condomino, si ebbero a costituire in giudizio tutti gli altri condomini, chiedendo il rigetto dell’avversa domanda e svolgendo “riconvenzionale”, elide in radice la fondatezza della denuncia. Nè assume rilievo la circostanza che nel corso del giudizio di primo grado, a F.A. e Bi.Gi. sia succeduta, a titolo particolare B.A. (la quale, peraltro, è intervenuta volontariamente), stante che il successore a titolo particolare assume la posizione del suo dante causa (art. 111 c.p.c.). Gli ulteriori pretesi mutamenti soggettivi durante il corso del giudizio d’appello sono, a fortiori, ininfluenti sul corretto ragionamento della Corte di Venezia.

Del pari inammissibile per tardiva allegazione deve ritenersi la eccezione d’incompetenza, per le ragioni puntualmente esposte nella sentenza gravata, senza contare che l’azione giudiziaria intentata dal S. aveva ben diverso oggetto rispetto al regolamento delle “modalità di uso dei servizi condominiali”.

Interesse alla statuizione riconvenzionale, giudicato endoprocessuale, violazione dell’art. 112 c.p.c., inammissibilità della domanda riconvenzionale per carenza delle condizioni dell’azione, molestie nell’uso della cosa comune e negatoria servitutis.

Nell’insieme trattasi di prospettazioni infondate.

Come chiarito dalle due sentenze di merito, la declaratoria di nullità del regolamento condominiale approvato il 13/5/2002, per difetto deliberativo, non impediva il vaglio della domanda riconvenzionale, con la quale i convenuti avevano chiesto dichiararsi illegittima la pretesa dell’odierno ricorrente di posteggiare l’automobile nel cortile condominiale, in quanto in contrasto con gli artt. 1101, 1102, 1118 e 1120 c.c.. Invero, non si rinviene il lamentato difetto d’interesse in capo alla controparte, la quale, caducato il regolamento, il quale poneva il divieto, astratto e generale, trova soddisfazione nell’affermazione che il cortile condominiale, a cagione del suo modo d’essere, non consentiva, in concreto, il parcheggio, in quanto violava l’art. 1102 c.c..

Ovviamente, e specularmente, non si configura il giudicato prospettato, nè la incompatibilità logica denunziata, trattandosi di aree decisorie non sovrapponibili, neppure in parte.

Ancor meno convincente appare la violazione dell’art. 112 c.p.c., avendo il giudice vagliato, giudicandola fondata, la domanda riconvenzionale, all’esito di un’istruttoria (altrimenti non giustificabile) che gli ha fornito il necessario sapere fattuale per l’affermazione del divieto.

Non è dato, poi, cogliere in che consista la nullità per “carenza delle condizioni dell’azione” per avere introdotto la predetta domanda riconvenzionale nel giudizio avviato dal S.. Come si è cercato di spiegare, in assenza di preclusione di sorta, davanti alla domanda dell’attore, diretta ad ottenere l’invalidazione del regolamento condominiale, il Condomino e gli altri condomini, nel caso in cui quella pretesa fosse stata giudicata fondata (evenienza in concreto poi verificatasi), avevano inteso perseguire la negazione dell’uso a parcheggio, previo accertamento dell’incompatibilità dello stesso con il modo d’essere in concreto del predetto cortile. In altri termini, nel mentre il regolamento stabiliva una regola tassativa, sganciata da qualsivoglia situazione di fatto che la investisse anche di sola mera opportunità, il divieto giudiziale si fonda su ben altri presupposti.

Per le stesse ragioni non può condividersi che con una tale pronunzia il giudice si sia illegittimamente surrogato al potere deliberativo dell’assemblea: esattamente al contrario, qui il giudice si è limitato a vietare una data utilizzazione della cosa comune in quanto incompatibile con i diritti degli altri condomini.

Fuori luogo l’evocazione della negatoria servitutis da parte del S., dovendo, nella specie trovare applicazione la disciplina che il codice civile destina al condominio, non resta da osservare che la statuizione, i cui presupposti (implicanti accertamenti di merito) non sono in questa sede censurabili, attraverso la fonte di sapere derivante dalla svolta CTU, ha ritenuto che l’uso a posteggio, anche di una sola autovettura, del piccolo cortile era tale da impedire agli altri partecipanti di farne parimenti uso “secondo il loro diritto” (art. 1102 c.c.), in specie rendendo particolarmente disagevole l’ingresso di mezzi all’interno delle esistenti private autorimesse.

Il Collegio condivide, siccome recentemente chiarito (Sez. 2, n. 7466 del 14/04/2015, Rv. 635044), che la nozione di pari uso della cosa comune, agli effetti dell’art. 1102 c.c., non va intesa nei termini di assoluta identità dell’utilizzazione del bene da parte di ciascun comproprietario, in quanto l’identità nel tempo e nello spazio di tale uso comporterebbe un sostanziale divieto per ogni partecipante di servirsi del bene a proprio esclusivo o particolare vantaggio, pure laddove non risulti alterato il rapporto di equilibrio tra i condomini nel godimento dell’oggetto della comunione. Tuttavia, nel caso al vaglio, la pretesa di utilizzare l’angusto cortile per posteggiare la propria autovettura, non solo impedirebbe l’uso paritario da parte degli altri condomini, ma renderebbe oltremodo difficoltosa l’utilizzazione dei garage di loro esclusiva proprietà, cosi immutando la destinazione del cortile. Peraltro, il criterio dell’uso promiscuo della cosa comune, desumibile dall’art. 1102 c.c., richiede che ciascun partecipante abbia il diritto di utilizzare la cosa comune come può (nel caso passandovi o stazionandovi a piedi o con l’ausilio di mezzi diversi e meno ingombranti di un’automobile) e non in qualunque modo voglia, atteso il duplice limite derivante dal rispetto della destinazione della cosa e della pari facoltà di godimento degli altri comunisti (Sez. 2, n. 15203 del 11/07/2011, Rv. 618648).

All’epilogo segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese legali in favore dei resistenti. Spese che, tenuto conto del valore e della natura della causa si liquidano siccome in dispositivo.

PQM

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese legali in favore dei resistenti, spese che liquida nella complessiva somma di Euro 3.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre accessori come per legge.

Così deciso in Roma, il 11 ottobre 2016.

Depositato in Cancelleria il 27 dicembre 2016

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA