Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 27040 del 27/12/2016

Cassazione civile, sez. II, 27/12/2016, (ud. 26/09/2016, dep.27/12/2016),  n. 27040

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MAZZACANE Vincenzo – Presidente –

Dott. PARZIALE Ippolisto – Consigliere –

Dott. ORICCHIO Antonio – rel. Consigliere –

Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere –

Dott. ABETE Luigi – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 12339-2012 proposto da:

(OMISSIS) ora FALLIMENTO (OMISSIS) S.P.A., elettivamente domiciliato

in ROMA, VIA TOSCANA 10, presso lo studio dell’avvocato ANTONIO

RIZZO, rappresentato e difeso dall’avvocato LORENZO SCARPELLI con

procura non notarile;

– ricorrente –

contro

G.G., elettivamente domiciliato in ROMA P.ZZA CAVOUR

presso la CORTE di CASSAZIONE rappresentato e difeso dagli Avvocati

TOMMASO ROLFO, GABRIELE PALOSCIA;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 1545/2011 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE,

depositata il 29/11/2011;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

26/09/2016 dal Consigliere Dott. ANTONIO ORICCHIO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CAPASSO Lucio, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

CONSIDERATO IN FATTO

G.G. proponeva opposizione innanzi al Tribunale di Firenze avverso il D.I. n. 470 del 2003, emesso su istanza dell'(OMISSIS) S.p.A. e con il quale gli veniva intimato il pagamento della somma di Euro 1.335.188,79. L’ingiunzione derivava da una precedente sentenza – la n. 1328/2000 – del Tribunale di quella stessa Città, con la quale, in esisto ad un giudizio ex art. 2932 c.c. – era stata trasferita all’ingiungente la proprietà di un complesso edilizio in (OMISSIS), già appartenuto al G..

Con sentenza n. 4144/2006 l’adito Tribunale di prima istanza accoglieva la proposta opposizione e revocava l’opposto D.I., con condanna della società ingiungente-opposta alla refusione delle spese di primo grado.

Avverso la suddetta decisione, di cui chiedeva la riforma, interponeva appello la (OMISSIS), appello resistito dal G.. Con sentenza n. 1545/2011 l’adita Corte di Appello di Firenze rigettava l’appello e condannava l’appellante alla refusione delle spese di lite.

Per la cassazione della suddetta sentenza della Corte distrettuale ricorre la (OMISSIS) con atto affidato a due ordini di motivi. Resiste con controricorso il G..

Nell’approssimarsi dell’udienza hanno depositato memorie, ai sensi dell’art. 378 c.p.c., sia la parte contro ricorrente che il Fallimento della (OMISSIS) S.p.a. costituitosi in luogo della parte in bonis originariamente ricorrente.

Diritto

RITENUTO IN DIRITTO

1.- Con il primo motivo del ricorso si censura il vizio si censura la violazione dell’art. 24 Cost. e degli artt. 99 e 112 c.p.c. ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3.

In particolare si adduce che l’art. 24 Cost. “vieta di porre impedimenti all’esercizio dei propri diritti”.

Ma la norma è citata in modo del tutto inopportuno e destituito di fondamento.

Con la gravata sentenza (e con quella oggetto del giudizio innanzi alla Corte territoriale) non si è compresso alcun diritto o creato ostacolo all’esercizio dello stesso.

Correttamente il Giudice del merito ha ritenuto che la condanna del Tribunale di Firenze (con la sentenza n. 1328/2000) aveva statuito solo una condanna generica, in base alla quale sola non poteva emettersi D.I..

Per di più la stessa invocata decisione invocata rinviava ad una quantificazione da compiersi doverosamente in altro giudizio, nè la parte ricorrente – in violazione del noto principio di autosufficienza – dice o indica altri elementi sulla citata pregressa condanna generica.

Il motivo, quindi, va respinto.

2.- Con il secondo motivo del ricorso si deduce il vizio di carenza motivazionale perchè vi sarebbe stato errore del Giudice del merito in quanto si sarebbe dovuto ” ritenere per “liquido” anche il credito facilmente liquidabile”.

Il motivo, con inammissibile censura in punto di error in procedendo (tendente ad una rivalutazione sul fatto della paventata “liquidabilità” del credito) è comunque infondato: tanto in quanto postula una del tutto sconosciuta equiparazione al credito liquido di quello cosiddetto “liquidabile”.

Il motivo deve, perciò, essere respinto.

3.- Il ricorso va, dunque, rigettato.

4.- Le spese seguono la soccombenza e si determinano così come in dispositivo.

PQM

LA CORTE

rigetta il ricorso e condanna la parte ricorrente al pagamento in favore del contro ricorrente delle spese del giudizio, determinate in Euro 7.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali nella misura del 15% ed accessori come per legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sezione Seconda Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 6 settembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 27 dicembre 2016

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