Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 27040 del 26/11/2020

Cassazione civile sez. VI, 26/11/2020, (ud. 08/10/2020, dep. 26/11/2020), n.27040

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GRECO Antonio – Presidente –

Dott. ESPOSITO Antonio Francesco – Consigliere –

Dott. CROLLA Cosmo – rel. Consigliere –

Dott. LUCIOTTI Lucio – Consigliere –

Dott. D’AQUINO Filippo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 18677-2019 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE (OMISSIS), in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende ope legis;

– ricorrente –

contro

GOLD ISLAND SRL, in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEL MATTONATO 3, presso lo

studio dell’avvocato DONATELLO PICCININNI, rappresentata e difesa

dall’avvocato GAETANO MICHELE MARIA DE BONIS;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

avverso la sentenza n. 221/1/2019 della COMMISSIONE TRIBTUARIA

REGIONALE della BASILICATA, depositata il 30/04/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 08/10/2020 dal Consigliere Relatore Dott. CROLLA

COSMO.

 

Fatto

CONSIDERATO IN FATTO

1. La soc. Gold Island srl proponeva ricorso davanti alla Commissione Tributaria Provinciale di Potenza avverso l’avviso di accertamento con il quale per l’anno di imposta 2011 veniva ripresa a tassazione l’imposta sui redditi sulla scorta della ritenuta insussistenza oggettiva di una fornitura di merce effettuata dalla Ditta I.A. per Euro 228.000.

2. La Commissione Tributaria Provinciale accoglieva il ricorso ritenendo nullo l’avviso di accertamento per mancata sottoscrizione dell’atto.

3. Sull’impugnazione dell’Agenzia e la Commissione Tributaria Regionale della Basilicata, pur ritenendo formalmente legittimo l’avviso di accertamento sotto il profilo della sottoscrizione e del rispetto del contraddittorio procedimentale, rigettava nel merito l’appello sul presupposto dell’esistenza dell’operazione di fornitura disconosciuta dall’Ufficio.

5. Avverso la sentenza della CTR l’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per Cassazione sulla scorta di un unico motivo. Il contribuente si è costituito depositando controricorso e ricorso incidentale condizionato.

Diritto

RITENUTO IN DIRITTO

1. Con l’unico motivo la ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 2967 c.c. e dell’art. 2729 c.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3; si sostiene che la CTR non aveva tenuto conto degli elementi probatori offerti a sostegno dell’inesistenza della fornitura di merce costituiti: a) dalla indisponibilità del fornitore della merce; b) dal mancato pagamento della fornitura; c) dal rapporto di stretta correlazione tra le parti del contratto di fornitura (i soci della società acquirente erano figli del fornitore I.A.) ed aveva invece valorizzato indici presuntivi forniti dal contribuente privi del requisito della concludenza.

2. Il motivo è infondato.

2.1 Va innanzitutto delineato il regime di ripartizione dell’onere probatorio nella ipotesi, come quella in esame, nella quale l’Ufficio prospetta l’abusivo utilizzo della detrazione mediante emissione di fatture riferite ad operazioni asseritamente inesistenti.

2.2 Occorre rammentare che la fattura, di regola, è documento idoneo a rappresentare un costo d’impresa, come si evince dal D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 21, che ne disciplina il contenuto, e costituisce titolo per il contribuente ai fini del diritto alla detrazione dell’I.V.A. e alla deducibilità dei costi, sicchè, nella ipotesi di fatture che l’Amministrazione ritenga relative ad operazioni inesistenti, non spetta al contribuente provare che l’operazione è effettiva, ma spetta all’Ufficio, che adduce la falsità del documento, dimostrare che l’operazione commerciale, oggetto della fattura, in realtà non è mai stata posta in essere (Cass. 12 dicembre 2005, n. 27341; Cass. 6 giugno 2012, n. 9108; Cass. 5 dicembre 2014, n. 25775; Cass. 14 gennaio 2015, n. 428).

2.3 Tale prova può ritenersi raggiunta qualora l’Amministrazione fornisca validi elementi, che possono anche assumere la consistenza di presunzioni semplici, considerato che la prova presuntiva non è collocata su un piano gerarchicamente subordinato rispetto ad altri fonti di prova e costituisce una prova completa alla quale il giudice di merito può attribuire rilevanza anche in via esclusiva ai fini della formazione del proprio convincimento (Cass. 6 giugno 2012, n. 9108; Cass. 5 luglio 2018, n. 17619).

2.4 Pertanto, nel caso, come quello in esame, in cui l’Ufficio ritenga che la fattura concerna operazioni oggettivamente inesistenti, cioè sia mera espressione cartolare di operazioni commerciali mai poste in essere, ha l’onere di fornire – alla stregua del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 39, comma 1, lett. d), e del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 54, comma 2 – elementi validi per affermare che l’operazione fatturata non è stata effettuata (ad esempio, provando che la società emittente la fattura è una “cartiera” o una società “fantasma”) e in tal caso passerà sul contribuente l’onere di dimostrare l’effettiva esistenza delle operazioni contestate (Cass. 19 ottobre 2007, n. 21953; Cass. 11 giugno 2008, n. 15395; Cass. 30 ottobre 2013, n. 24426; Cass. 18 dicembre 2014, n. 26854).

2.5 Ovviamente tale prova non potrà consistere nella esibizione della fattura, nè nella sola dimostrazione della regolarità formale delle scritture contabili o dei mezzi di pagamento adoperati, i quali sono normalmente utilizzati proprio allo scopo di far apparire reale un’operazione fittizia (Cass. 3 dicembre 2001, n. 15228; Cass. 10 giugno 2011, n. 12802; Cass. 14 gennaio 2015, n. 428; Cass., sez. 6-5, ord. 15 maggio 2018, n. 11873; Cass. 5 luglio 2018, n. 17619; Cass. 19 ottobre 2018, n. 26453).

2.6 Nella caso in esame giudice tributario di appello non ha violato i principi di diritto sopra esposti in quanto, pur dando per presupposti gli elementi presuntivi forniti dall’Amministrazione a sostegno della fittizietà delle prestazioni dedotte nelle fatture portate a detrazione (desumibili dal mancato versamento del corrispettivo, dalle risultanze della contabilità della fornitrice che evidenziavano la mancata disponibilità della merce e dallo stretto rapporto di parentela tra le parti contraenti), ha adeguatamente valutato la prova contraria offerta dal contribuente.

2.7 Si legge, infatti nella motivazione della sentenza “difformemente da quanto asserito dall’A.F. circa l’assenza di pagamenti per la merce acquistata dal contribuente dalla ditta gestita dal figlio, la ricorrente ha puntualmente provato per mezzo di corrispondenza la conclusione con data certa di un accordo volto ad una diversa imputazione dei pagamenti, ex art. 1193 c.c., comma 2 (…). Sicchè il pagamento di oltre 36.000 Euro della contribuente a favore della ditta I. non va imputato come erroneamente ritenuto dall’ufficio ai 126.000 Euro del debito pregresso ai sensi del comma 1 del precitato articolo, ma proprio alla fornitura di merce per abbigliamento oggetto del presente giudizio, seppur pagamento solo parziale per difficoltà rinvenienti appunto da una pregressa e perdurante esposizione debitoria che con tale pattuizione le parti tentavano di arginare e ripianare. A supporto di ciò, poi, vi è altresì la documentazione esibita attinente la consegna della merce a mezzo vettore”.

2.8 La CTR ha dunque esaminato ed apprezzato elementi probatori – costituiti dalla scrittura privata avente data certa con la quale i contraenti hanno definito le modalità di pagamento anche con riferimento alle pregresse forniture e dalla documentazione fiscale attestante la consegna della merce a mezzo vettore – ritenendoli obiettivamente idonei a neutralizzare quelli presuntivi relativi all’inesistenza delle relative prestazioni addotte dall’agenzia fiscale.

2.9 Si tratta di un accertamento in punto di fatto, insindacabile in sede di legittimità se non secondo quanto consentito dall’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.

3. Il rigetto del motivo del ricorso principale determina l’assorbimento dei tre motivi del ricorso incidentale condizionato.

4. Le spese del presente giudizio seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

P.Q.M.

La Corte:

– rigetta il ricorso principale assorbito il ricorso incidentale;

– condanna l’Agenzia delle Entrate al pagamento delle spese del presente giudizio che si liquidano in Euro 5.600 per compensi oltre Euro 200 per esborsi, rimborso forfettario ed accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 8 ottobre 2020.

Depositato in Cancelleria il 26 novembre 2020

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