Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 27039 del 03/12/2013


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Civile Sent. Sez. 2 Num. 27039 Anno 2013
Presidente: GOLDONI UMBERTO
Relatore: CORRENTI VINCENZO

SENTENZA

sul ricorso 16819-2007 proposto da:
BERNARDO

ROSA

MARIA

C.F.BRNRMR22B52C888Y,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA ENNIO QUIRINO
VISCONTI 20, presso lo studio dell’avvocato PAGANELLI
MAURIZIO, rappresentata e difesa dall’avvocato
CIPRIANO MARIA ROSARIA;
– ricorrente –

2013
contro

2002

LAGALA

ANTONIO

RAFFAELE

C.F.LGLNNR43A21C888X,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA GERMANICO 168,
presso

lo

studio

dell’avvocato

TANTALO

LUCA,

Data pubblicazione: 03/12/2013

rappresentato

e

difeso dall’avvocato MODARELLI

FILIPPO;
– controricorrente nonchè contro

CICI SABINO, CICI NICOLA, CICI ROSA ANGELA, LEONE

LAZAZZERA ANNA MARIA, LEONE PASQUALE, LEONE ELEONORA;
– intimati –

avverso la sentenza n. 39/2007 della CORTE D’APPELLO
di POTENZA, depositata il 31/01/2007;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 01/10/2013 dal Consigliere Dott. VINCENZO
CORRENTI;
udito

l’Avvocato

Petretti

Alessio

con

delega

depositata in udienza dell’Avv. Cipriano Maria
Rosaria difensore della ricorrente che ha chiesto
raccoglimento del ricorso;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. SERGIO DEL CORE che ha concluso per il
rigetto del ricorso.

ROCCO, CICI PASQUALE ROCCO, CICI GRAZIA VITA,

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con citazione del 5.10.1997 Bernardo Rosa Maria e Leone Nicola, coniugi,
convenivano in giudizio Lagala Antonio davanti al Tribunale di Matera per sentir
annullare o dichiarare inefficace nei loro confronti l’atto di donazione 4.11.1992 in
notar Casino reg, al n. 1643 col quale Ferrara Nicoletta aveva donato al figlio Lagala

al f. 27, p. 663 sub 3.
Premettevano di essere i legittimi proprietari per avere acquistato il locale dalla
Ferrara con atto del 1971 in notar Mobilio, locale lasciato nella disponibilità del
marito della Ferrara in cambio di servigi di artigiano; che, deceduta la Ferrara,
Lagala aveva iniziato lavori ed, a seguito delle loro rimostranze e del cambio delle
serrature, aveva ottenuto la reintegra nel possesso, senza iniziare il giudizio di
merito, donde l’inefficacia del provvedimento possessorio;
che da una visura catastale avevano scoperto l’intestazione al Lagala sia pure con la
riserva per atti di passaggio intermedi non esistenti.
Il convenuto resisteva alle domande eccependo che l’acquisto riguardava altro
immobile.
Con sentenza 21.6.2002 il Tribunale dichiarava la esclusiva proprietà degli attori
mentre la Corte di appello di Potenza, con sentenza 39/07, rigettava la domanda,
osservando che l’oggetto del contendere era costituito dall’appartamento in
Colobraro via Margherita 9 che nell’atto 24.7.1971 è individuato in via Mazzini 1,
confinante con detta via, con via Regina Margherita, con altra proprietà della
venditrice, con vicolo cieco e sottostante proprietà di Mango Gaetano, con non
pertinenti dati catastali p. 122, f. 27, p. 663 sub 3 via Regina Margherita 9, piano
terra cat. C6, classe 2 mq 32 e che il primo giudice si era allontanato dalla costante

Antonio un locale in via Margherita 9 di Colobraro, piano terra, di mq 32 in catasto

giurisprudenza secondo la quale l’indicazione dei confini assume valore decisivo e
prevalente rispetto alle altre risultanze ed in particolare ai dati catastali.
La ctu aveva concluso per due ipotesi: o era stato comperato il locale di via
Margherita riportando correttamente i dati catastali ed in modo errato confini e
confinanti oppure era avvenuto l’esatto contrario, scartando la seconda ipotesi

Era stata ignorata l’esistenza dell’atto in notar Virgilio 5.9.1930; inoltre i Bernardo
Leone nel 1971 avevano effettuato due acquisti in notar Mobilio, uno dalla Ferrara,
altro il 31.7 da eredi di Ferrara Antonio, mentre risulterebbero proprietari di tre
diverse entità, con la conclusione che il bene di via Mazzini 1 è inserito alla partita
catastale 219 per errore.
Ricorre Bernardo Rosa Maria con due motivi e relativi quesiti, resiste Lagala.
All’udienza del 10.4.2013 è stata disposta la produzione delle ricevute di ritorno o la
rinotifica del ricorso alle persone indicate nel termine di 90 giorni.
La ricorrente ha depositato nei termini le ricevute di ritorno ed un plico restituito per
compita giacenza.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Col primo motivo si deducono violazione dell’art. 342 cpc ed omessa motivazione
avendo il giudice di II grado omesso qualsiasi disamina dell’eccezione di
inammissibilità del gravame per assenza di specificità col quesito se vi è violazione
della norma indicata e se il Giudice doveva dichiarare l’inammissibilità dell’appello
anche di ufficio in mancanza di motivi specifici e di una generica richiesta di
riforma.
Col secondo motivo si lamentano violazione degli artt. 1537, 1538,1362, 1363 cc
nonché contraddittoria motivazione con due quesiti : 1) se la misura e le risultanze

perché la Ferrara non avrebbe avuto titolo per vendere il locale di via Mazzini.

catastali non possono avere valore prevalente rispetto ai confini, con necessità di
rigoroso accertamento dei confini; 2) se vi è stata violazione delle norme indicate.
Le censure non meritano accoglimento.
La Corte di appello, premesso che il gravame non era affatto generico né
inammissibile, ha determinato l’oggetto del contratto con articolata motivazione

ctu, alla luce degli atti indicati, dando luogo ad una interpretazione non solo letterale
ma anche sistematica, in particolare osservando: che l’oggetto del contendere era
costituito dall’appartamento in Colobraro via Margherita 9 che nell’atto 24.7.1971 è
individuato in via Mazzini 1, confinante con detta via, con via Regina Margherita,
con altra proprietà della venditrice, con vicolo cieco e sottostante proprietà di Mango
Gaetano, con non pertinenti dati catastali p. 122, f. 27, p. 663 sub 3 via Regina
Margherita 9, piano terra cat. C6, classe 2 mq 32 e che il primo giudice si era
allontanato dalla costante giurisprudenza secondo la quale l’indicazione dei confini
assume valore decisivo e prevalente rispetto alle altre risultanze ed in particolare ai
dati catastali.
La ctu aveva concluso per due ipotesi: o era stato comperato il locale di via
Margherita riportando correttamente i dati catastali ed in modo errato confini e
confinanti oppure era avvenuto l’esatto contrario, scartando la seconda ipotesi
perché la Ferrara non avrebbe avuto titolo per vendere il locale di via Mazzini.
Era stata ignorata l’esistenza dell’atto in notar Virgilio 5.9.1930; inoltre i Bernardo
Leone nel 1971 avevano effettuato due acquisti in notar Mobilio, uno dalla Ferrara,
altro il 31.7 da eredi di Ferrara Antonio, mentre risulterebbero proprietari di tre
diverse entità, con la conclusione che il bene di via Mazzini 1 è inserito alla partita
catastale 219 per errore.

riportata alle pagine 7 e ss, spiegando l’opzione rispetto alle ipotesi prospettate dalla

Ciò premesso, la prima censura, che si conclude con un quesito assertivo e
tautologico, omette di considerare che per ribaltare la decisione andavano riportati i
motivi di appello considerati non specifici, rispetto ad una sentenza che ha concluso
in senso contrario.
Quanto al secondo motivo, i cui quesiti sono generici, va considerato che

la volontà delle parti espressa nel contratto, è tipico accertamento in fatto
istituzionalmente riservato al giudice del merito, censurabile in sede di legittimità
soltanto per violazione dei canoni legali d’ermeneutica contrattuale posti dagli artt.
1362 ss. CC, oltre che per vizi di motivazione nell’applicazione di essi; pertanto,
onde far valere una violazione sotto entrambi i due cennati profili, il ricorrente per
cassazione deve, non solo fare esplicito riferimento alle regole legali
d’interpretazione mediante specifica indicazione delle norme asseritamente violate
ed ai principi in esse contenuti, ma è tenuto, altresì, a precisare in qual modo e con
quali considerazioni il giudice del merito siasi discostato dai canoni legali
assuntivamente violati o questi abbia applicati sulla base di argomentazioni illogiche
od insufficienti.
Di conseguenza, ai fini dell’ammissibilità del motivo di ricorso sotto tale
profilo prospettato, non può essere considerata idonea – anche ammesso ma non
concesso lo si possa fare implicitamente – la mera critica del convincimento, cui quel
giudice sia pervenuto, operata, come nella specie, mediante la mera ed apodittica
contrapposizione d’una difforme interpretazione a quella desumibile dalla
motivazione della sentenza impugnata, trattandosi d’argomentazioni che riportano
semplicemente al merito della controversia, il cui riesame non è consentito in sede di
legittimità (e pluribus, Cass. 9.8.04 n. 15381, 23.7.04 n. 13839, 21.7.04 n. 13579,
16.3.04 n. 5359, 19.1.04 n. 753).

l’opera dell’interprete, mirando a determinare una realtà storica ed obiettiva, qual è

Tra l’altro, trattandosi di verificare la proprietà in relazione ad un atto del
1971, va rilevato che, ratione temporis, il riferimento ai dati catastali non assumeva
il carattere di essenzialità riconosciuto dalla riforma del catasto e che il riferimento
ai confini costituiva il dato prevalente (Cass. 21.5.1997 n. 4508).
Comunque, non è risolutiva la generica indicazione delle norme violate

merito determinare l’oggetto del contratto attraverso atti e fatti storici (Cass.
16.1.2013 n. 952).
In definitiva il ricorso va rigettato, con la conseguente condanna alle spese.
PER QUESTI MOTIVI
La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente alle spese liquidate in
euro 3700, dei cui 3500 per compensi, oltre accessori.
Roma I° ottobre 2013.
Il consigliere estensore

il Presidente

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ano Giudiziario
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DEPOSITATO IN CANCELLERIA
Roma,

03 WC.2013

anche nella alternativa tra vendita a corpo o a misura ed è prerogativa del giudice di

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