Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 27038 del 26/11/2020

Cassazione civile sez. VI, 26/11/2020, (ud. 08/10/2020, dep. 26/11/2020), n.27038

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GRECO Antonio – Presidente –

Dott. ESPOSITO Antonio Francesco – Consigliere –

Dott. CROLLA Cosmo – rel. Consigliere –

Dott. LUCIOTTI Lucio – Consigliere –

Dott. D’AQUINO Filippo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 11779-2019 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE (OMISSIS), in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende ope legis;

– ricorrente –

Contro

G.W., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA AURELIA

353, presso lo studio dell’avvocato CRISTINA DURIGON, rappresentato

e difeso dall’avvocato MARIO GIRARDI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 687/17/2019 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE della CAMPANIA, depositata il 25/01/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 08/10/2020 dal Consigliere Relatore Dott. CROLLA

COSMO.

 

Fatto

CONSIDERATO IN FATTO

1. G.W. proponeva ricorso davanti alla Commissione Tributaria Provinciale di Caserta avverso l’avviso con il quale per l’anno di imposta 2011 veniva accertato, ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 38, comma 4 (accertamento sintetico), il maggior reddito di Euro 42.765,00 (rispetto a quello dichiarato di Euro 17.630,00) con conseguente ripresa a tassazione della maggiore Irpef ed addizionale regionale e comunale oltre alle sanzioni.

2. La Commissione Tributaria Provinciale rigettava il ricorso.

3. Sull’impugnazione del contribuente, la Commissione Tributaria Regionale della Campania accoglieva l’appello osservando a) che il motociclo tg (OMISSIS) era un bene di antiquariato e l’autovettura tg. (OMISSIS) risultava già venduta nel 2007 sicchè le spese dei due veicoli andavano escluse dal computo del reddito sintetico, b) che il contribuente aveva dato prova di disporre di sufficienti risorse finanziarie non derivanti da reddito per far fronte alle altre spese poste a fondamento dell’accertamento sintetico.

5. Avverso la sentenza della CTR l’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per Cassazione sulla scorta di due motivi. Il contribuente si è costituito depositando controricorso.

Diritto

RITENUTO IN DIRITTO

1. Con il primo motivo la ricorrente denuncia nullità della sentenza per violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36, dell’art. 132 c.p.c., dell’art. 118disp. att. c.p.c. e dell’art. 111 Cost. in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, avendo la CTR reso una motivazione del tutto apparente in punto di giustificazione delle spese componenti il reddito sinteticamente accertato.

1.1 Con il secondo motivo viene dedotta la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 38, commi 4, 5 e 6, degli artt. 2728 e 2697 c.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 e degli artt. 113 e 115 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4, per non aver accertato la CTR che non era stata fornita la prova della esistenza al momento delle spese delle somme precedentemente introitate e della destinazione della specifica utilizzazione delle somme disponibili a fronteggiare gli esborsi posti a base dell’accertamento sintetico.

2. Il primo motivo è infondato.

2.1 Ricorre il vizio di omessa o apparente motivazione della sentenza allorquando il giudice di merito ometta di indicare gli elementi da cui ha tratto il proprio convincimento ovvero li indichi senza un’approfondita disamina logica e giuridica, rendendo, in tal modo, impossibile ogni controllo sull’esattezza e sulla logicità del suo ragionamento. E’ noto che in seguito alla riformulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), disposta dal D.L. n. 83 del 2012, art. 54, conv. con modif. in L. n. 134 del 2012, è denunziabile in cassazione l’anomalia motivazionale che si concretizza nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili”, quale ipotesi che non rende percepibile l’iter logico seguito per la formazione del convincimento e, di conseguenza, non consente alcun effettivo controllo sull’esattezza e sulla logicità del ragionamento del giudice. In particolare, il vizio motivazionale previsto dall’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, nella formulazione introdotta dal D.L. n. 83 del 2012, art. 54, convertito in L. n. 134 del 2012, applicabile ratione temporis, presuppone che il giudice di merito abbia esaminato la questione oggetto di doglianza, ma abbia totalmente pretermesso uno specifico fatto storico, e si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa e obiettivamente incomprensibile”, mentre resta irrilevante il semplice difetto di “sufficienza” della motivazione. E così, ricorre il vizio di omessa motivazione della sentenza, denunziabile in sede di legittimità ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, quando il giudice di merito ometta di indicare gli elementi da cui ha tratto il proprio convincimento ovvero indica tali elementi senza una approfondita disamina logica e giuridica, rendendo in tal modo impossibile ogni controllo sull’esattezza e sulla logicità del suo ragionamento.

2.2 Nella specie la CTR ha enunciato le ragioni in fatto e diritto -consistite nell’avere il contribuente fornito la prova della propria capacità economica per l’anno in contestazione – che sorreggono il decisum in modo da rispettare il parametro del “minimo costituzionale”.

3. Il secondo motivo è anch’esso infondato.

3.1 Il D.P.R. n. 600 del 1973, art. 38, comma 4, nella versione applicabile ratione temporis alla presente controversia prevede che “L’ufficio, indipendentemente dalle disposizioni recate dai commi precedenti e dall’art. 39, può sempre determinare sinteticamente il reddito complessivo del contribuente sulla base delle spese di qualsiasi genere sostenute nel corso del periodo d’imposta, salva la prova che il relativo finanziamento è avvenuto con redditi diversi da quelli posseduti nello stesso periodo d’imposta, o con redditi esenti o soggetti a ritenuta alla fonte a titolo di imposta o, comunque, legalmente esclusi dalla formazione della base imponibile.”.

3.2 Questa Corte in tema di delimitazione dei confini della prova contraria a carico del contribuente a fronte di un accertamento induttivo sintetico D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 38, ha ripetutamente che “l’accertamento del reddito con metodo sintetico non impedisce al contribuente di dimostrare, attraverso idonea documentazione, che il maggior reddito determinato o determinabile sinteticamente è costituito in tutto o in parte da redditi esenti o da redditi soggetti a ritenute alla fonte a titolo di imposta, tuttavia la citata disposizione prevede anche che “l’entità di tali redditi e la durata del loro possesso devono risultare da idonea documentazione”. La norma chiede qualcosa di più della mera prova della disponibilità di ulteriori redditi (esenti ovvero soggetti a ritenute alla fonte), e, pur non prevedendo esplicitamente la prova che detti ulteriori redditi sono stati utilizzati per coprire le spese contestate, chiede tuttavia espressamente una prova documentale su circostanze sintomatiche del fatto che ciò sia accaduto (o sia potuto accadere). In tal senso va letto lo specifico riferimento alla prova (risultante da idonea documentazione) della entità di tali eventuali ulteriori redditi e della “durata” del relativo possesso, previsione che ha l’indubbia finalità di ancorare a fatti oggettivi (di tipo quantitativo e temporale) la disponibilità di detti redditi per consentire la riferibilità della maggiore capacità contributiva accertata con metodo sintetico in capo al contribuente proprio a tali ulteriori redditi, escludendo quindi che i suddetti siano stati utilizzati per finalità non considerate ai fini dell’accertamento sintetico, quali, ad esempio, un ulteriore investimento finanziario, perchè in tal caso essi non sarebbero ovviamente utili a giustificare le spese e/o il tenore di vita accertato, i quali dovrebbero pertanto ascriversi a redditi non dichiarati”. Nè la prova documentale richiesta dalla norma in esame risulta particolarmente onerosa, potendo essere fornita, ad esempio, con l’esibizione degli estratti dei conti correnti bancari facenti capo al contribuente, idonei a dimostrare la “durata” del possesso dei redditi in esame; quindi non il loro semplice “transito” nella disponibilità del contribuente” (Cass. ord. n. 1455/16, 25104/148895/2014, 26321/2016).

3.3 Nella fattispecie i giudici di seconde cure valutando gli specifici elementi documentali offerti dal contribuente hanno ritenuto provato che nell’anno 2011 il G.W. disponeva di un reddito complessivo, tenuto conto anche del reddito della moglie e delle entrate derivanti dalla restituzione di un finanziamento e dalla vendita dell’autovettura, sufficienti per far fronte alle spese contestate nell’accertamento. La CTR ha, inoltre, fondato il convincimento della destinazione di tali somme al finanziamento delle spese sulla base della evidenza nell’estratto di conto corrente della provvista proveniente dal rimborso dell’anticipazione e dalla vendita dell’auto che, non essendo stata oggetto di prelevamento da parte del titolare del conto corrente, è servita contribuire al pagamento delle rate di leasing addebitate sul conto.

3.4 Si tratta di accertamenti in fatto incensurabili in sede di legittimità se non nei limiti ristretti di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, nell’attuale formulazione.

3.5 I giudici di seconde cure si sono quindi uniformati alla normativa di settore e ai principi giurisprudenziali sopra enunciati in tema di ripartizione dell’onere probatorio.

4. Il ricorso va quindi rigettato.

5. Le spese del presente giudizio seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

P.Q.M.

La Corte:

– rigetta il ricorso;

– condanna l’Agenzia delle Entrate al pagamento delle spese del presente giudizio che si liquidano in Euro 2.300 per compensi oltre Euro 200 per esborsi, rimborso forfettario ed accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 8 ottobre 2020.

Depositato in Cancelleria il 26 novembre 2020

 

 

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