Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 27037 del 03/12/2013


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Civile Sent. Sez. 2 Num. 27037 Anno 2013
Presidente: ODDO MASSIMO
Relatore: SCALISI ANTONINO

SENTENZA

sul ricorso 26805-2007 proposto da:
VANNI FRANCESCO VNNFNC48R12G273W, domiciliato ex lege
in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CORTE DI CASSAZIONE,
rappresentato e difeso dall’avvocato BUTTAFUOCO
GIUSEPPE;
– ricorrente –

2013
1975

contro

RABENI FRANCESCO RBNFNC21S221891N, domiciliato ex lege
in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CORTE DI CASSAZIONE,
rappresentato e difeso dall’avvocato NASELLI DOMENICO;
– controricorrente –

Data pubblicazione: 03/12/2013

avverso la sentenza n. 220/2007 della CORTE D’APPELLO
di CALTANISSETTA, depositata il 24/07/2007;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 26/09/2013 dal Consigliere Dott. ANTONINO
SCALISI;

Generale Dott. AURELIO GOLIA che ha concluso per
l’inammissibilità, in subordine per il rigetto del
ricorso.

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore

Svolgimento del processo

.

Rabeni Francesco con atto di citazione del 6 giugno 2001 conveniva in
giudizio davanti al Tribunale di Nicosia Vanni Francesco, proponendo azione
di accertamento di usucapione avente per oggetto due appezzamenti di terreno
siti in contrada Manca degli alberi di Sperlinga: In particolare, l’attore

esponeva di aver posseduto per oltre 50 anni i due fondi in un primo momento
insieme al padre e successivamente dopo la morte del genitore in via esclusiva
pacificamente e pubblicamente provvedendo alla coltivazione e manutenzione
dei terreni che aveva migliorato, al pagamento delle imposte e tasse nella
completa inerzia del Vanni e della di lui madre Rividdi Giovanna.
Deduceva, altresì, che Rividdi Giovanna (dante causa del Vanni) nel 1991 lo
aveva convenuto in giudizio insieme a Rividdi Bartolomeo, chiedendo di
essere integrata nel possesso di alcuni fondi tra cui quelli oggetto della
presente controversia lamentando di essere stata privata dal possesso, che tale
domanda era stata rigettata in primo ed in secondo grado, che la Rividdi aveva
affermato di essere stata immessa nel possesso dei fon di in esecuzione di una
sentenza emessa in data 7 marzo 1987 del Tribunale di Palermo Tuttavia,
precisava l’attore che:

a) nella vicenda giudiziaria decisa dal Tribunale di

Palermo con la sentenza del 7 marzo 1987 era rimasto estraneo e che
l’esecuzione non si era svolta nei suoi confronti; b) il Tribunale di Nicosia con
la sentenza n. 33 del 1000 aveva dato atto che la Rividdi non aveva dato la
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prova né del possesso né del rispetto del termine per proporre l’azione a tutela
_

del possesso.
Si costituiva il Vanni chiedendo il rigetto della domanda attorea e, in via
riconvenzionale, chiedeva la condanna dell’attore al rilascio del fondo e al
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_

pagamento dei frutti percepiti dal 1989. In particolare, deduceva che i due
fondi erano stati detenuti a titolo di affitto da Rabeni Rosario e poi dal figlio
Rabeni Francesco e che il relativo canone era stato pagato ai Raviddi e, poi, a

.

mani di Raviddi Bartolomeo che dal 1969 aveva amministrato tutti i beni del

Esaurita l’istruzione della causa il tribunale di Nicosia, con sentenza non
definitiva del 4 dicembre 2004, rigettava la domanda proposta da Rabeni
Francesco ritenendo l’insussistenza di un possesso utile ad usucapire i beni
oggetto di causa. In accoglimento della domanda riconvenzionale proposta da
Vanni il Tribunale di Nicosia condannava l’attore al rilascio dei fondi in
contestazione.
Avverso questa sentenza proponeva appello Rabeni Francesco.
Si costituiva Vanni resistendo al gravame e eccependo che l’appello era stato
proposto tardivamente.
La Corte di Appello di Caltanissetta con sentenza n. 220 del 2007 accoglieva
l’appello e in riforma della sentenza del Tribunale di Nicosia dichiarava che
l’appellante aveva acquistato per usucapione i beni oggetto della controversia.
Dichiarava compensate le spese. Secondo la Corte nissena la nuova
.

produzione documentale in appello ammissibile perché indispensabile per la
decisione consentiva di ribaltare la decisione adottata dal primo giudice. In
particolare, secondo la Corte di merito, dovendo ritenere non attendibili i testi
ritenuti invece tali dal Tribunale di Nicosia, a favore del Rabeni varrebbe la
presunzione di possesso derivante dal prolungato rapporto di fatto con i fondi
che secondo le deposizioni di Longo e Blasco sono stati sempre coltivati da
Rabeni e posseduti in modo esclusivo per un periodo senza dubbio
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Ravvidi, fino al 22 maggio 1989.

.

ultraventermale precedente al 1991.
La cassazione di questa sentenza è stata chiesta da Vanni Francesco con
ricorso affidato a cinque motivi. Rabeni Francesco ha resistito con

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controricorso.

1.= Con il primo motivo Vanni Francesco lamenta la violazione dell’art. 360
n. 3 cpc. per erronea e falsa applicazione degli artt. 1144, 1158 e 2697 cc. e
345 cpc. e dell’art. 360 n. 5 cpc., per omesso esame con conseguente difetto di
motivazione circa il contenuto dei documenti. Secondo il ricorrente la Corte
nissena avrebbe riformato la sentenza di primo grado senza l’ombra di una
prova sull’esercizio di un possesso del Rabeni sui terreni per cui è causa e
sull’animus possidenti, e, addirittura, in presenza di prove contrarie. Infatti: a)
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le dichiarazioni dei testi Lo Bianco (e non Longo) e Blasco essenzialmente
non hanno dato la prova che sui terreni oggetto delle controversia il Rabeni,
insieme al padre prima e dal 1943 da solo, avrebbe esercitato quel potere di
fatto che si manifesta in una attività corrispondente all’esercizio della
proprietà e per di più continuato e non interrotto, manifesto e non clandestino,
pacifico e

non contestato e uti dominus. B) la dichiarazione di Rividdi

Bartolomeo non poteva essere utilizzata nel presente giudizio, non solo perché
inidonea a dimostrare la natura giuridica del rapporto intercorso tra il Rabeni e
i terreni, ma anche il Rividdi Bartolomeo non poteva ritenersi attendibile, data
per la grave inimicizia che si era venuta a creare con Rividdi Giovanna e con
il figlio Vanni e, comunque, per via del suo malcelato interesse personale. Per
altro, l’affermazione del Rividdi Bartolomeo secondo cui lo stesso non si era
mai occupato dei terreni oggetto della presente controversia e non aveva
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Motivi della decisione

_

ricevuto canoni di affitto in natura relativi agli stessi terreni, non era credibile
dato che lo stesso premeditatamente non si era presentato davanti al Tribunale
di Palermo per prestare il giuramento decisorio deferitagli dalla Rividdi

Giovanna. Pertanto, conclude il ricorrente: “è legittimo ribaltare la sentenza
del Giudice di primo grado e ritenere e dichiarare che il Rabeni Francesco

proprietario, per avvenuta usucapione, dei terreni ricadenti nella contrada
“degli Alberi” di Sperlinga , in assenza di un qualsivoglia elemento di prova
circa il possesso ad usucapione e, addirittura, in presenza della prova contraria
e senza per altro, prendere in considerazione i documenti comprovanti la
grave inimicizia tra il Rividdi Bartolomeo la mamma del Vanni e il Vanni
stesso?
1.1.= Il motivo è inammissibile per inidoneità del quesito di diritto e, laddove
si denuncia un vizio di motivazione della sentenza impugnata, per mancato
_
momento di sintesi ovvero del quesito cc.dd. di fatto, ai sensi dell’art. 366 bis
cpc. così come aggiunto dalla legge n. 40 del 2006, considerato che il
ricorrente oltre ad omettere negligentemente la formulazione del quesito di
diritto, si è limitato a riproporre questioni di merito, senza cogliere la “ratio
decidendi” e/o, comunque, reiterando censure del tutto generiche ed inidonee
.

a configurare i profili di erroneità della sentenza impugnata.
1.1.a).= Tuttavia, appare opportuno ribadire, anche in questa occasione,
quanto già affermato da questa Corte e, cioè, che

l’accertamento relativo al

possesso “ad usucapionem”, alla rilevanza delle prove ed alla determinazione
del decorso del tempo utile al verificarsi dell’usucapione è devoluto al giudice
del merito ed è incensurabile in sede di legittimità se sorretto da motivazione
congrua ed immune da vizi logici (Cass. n. 4035 del 2007). Spetta, infatti,
4

O

.

solo al giudice del merito individuare la fonte del proprio convincimento e
valutare le prove, controllarne l’attendibilità e la concludenza, scegliere tra le
risultanze istruttorie quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione,

,

dar prevalenza all’uno o all’altro mezzo di prova. Né per ottemperare

tutte le risultanze istruttorie e a confutare ogni argomentazione prospettata
dalle parti, essendo sufficiente che egli indichi gli elementi sui quali fonda il
suo convincimento e dovendosi ritenere, per implicito, disattesi tutti gli altri
rilievi e fatti che, sebbene non specificamente menzionati, siano incompatibili
con la decisione adottata.
2.= Con il secondo motivo il ricorrente lamenta la violazione dell’art. 360 n. 3
cpc. per erronea e falsa applicazione degli artt. 1144, 1158 e 2697 cc. e 345
cpc. e dell’art. 360 n. 5 cpc., per erronea valutazione delle prove e difetto di
_
motivazione su un punto decisivo. Secondo il ricorrente, Rabeni, mentre in
primo grado non aveva contestato che il rilascio dei due spezzoni di terreno
fossero tra quelli di cui il Tribunale di Palermo con la sentenza n. 427 del
1987 ha disposto il rilascio, ma aveva sostenuto che la sentenza non gli si
poteva opporre perché era rimasto estraneo al giudizio nel quale la sentenza
era stata emessa. Nel secondo grado del giudizio, invece, il Rabeni ha
introdotto un nuovo tema di indagine sostenendo e, per di più sottolineando,
che il cennato giudizio civile davanti al Tribunale di Palermo ha avuto oggetto
diverso dei due fondi per il quale il Rabeni ha chiesto declaratoria di avvenuto
_

acquisto per usucapione. La Corte nissena, noncurante dell’inammissibilità
dell’eccezione per novità ha, anche, illegittimamente ritenuto e dichiarato che
i terreni oggetto di controversia non avevano formato oggetto della sentenza
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all’obbligo della motivazione il giudice di merito è tenuto a prendere in esame

del Tribunale di Palermo omettendo di effettuare i dovuti accertamenti senza
_

tener conto del verbale di immissione in possesso del 3 maggio 1989. Pertanto
conclude il ricorrente : è legittimo presumere ed escludere che i terreni per i

.

quali è stato disposto il rilascio dal Tribunale di Palermo fossero diversi dai

avvenuta usucapione, senza considerare che tale eccezione è stata sollevata
solo in secondo grado e senza prendere in alcuna considerazione il verbale di
immissione in possesso della Rividdi Giovanna in tali terreni da parte
dell’Ufficiale Giudiziario?.
2.1.= Anche questo motivo, ancorché non pienamente rispondentete alle
prescrizioni di cui all’art. 366 bis cpc., è inammissibile per carenza di
_

interesse.
La sentenza cui viene fatto riferimento era intervenuta tra la madre del
convenuto e Rividdi Bartolomeo ed in forza di essa la donna era stata
immessa il 3 maggio 1989 nel possesso dei fondi diversi da quelli goduti
dall’attore, e in difetto di prova contraria la decisione impugnata ha
correttamente ritenuto che il possesso dell’attore fosse iniziato nel 1943 (o nei
primi anni del 1950 secondo i testi Lo Bianco e Blasco) e che, quindi, egli
aveva già maturato l’usucapione nel 1989. Va, tuttavia, aggiunto che il motivo
prospetta un vizio revocatorio, avendo al sentenza affermato che la
controversia tra la donna e l’amministratore non aveva riguardato il fondo
occupato dal convenuto, ed è vero che la sentenza non ha esaminato il verbale

_

di esecuzione di rilascio, che il convenuto sostiene avere interessato anche il
fondo controverso.
3.= Con il terzo motivo il ricorrente denuncia la violazione dell’art. 1141 cc.,
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terreni che la Corte a cuor leggero ha attribuito in proprietà al Rabeni per

i

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in relazione all’art. 360 n. 3 e 5 cpc., per omesso esame e conseguente difetto

_

di motivazione di un punto decisivo della controversia. Secondo il ricorrente,
la Corte nissena non avrebbe tenuto conto che in ragione della sentenza n. 427

.

del 1987 del Tribunale di Palermo era rimasto definitivamente accertato che il
Rividdi Bartolomeo per incarico ricevuto da Nicolò Rividdi padre di

Giovanna dante causa di Vanni dal 1969 in poi ha amministrato i terreni e la
casa sita nel comune di Sperlinga e, pertanto Rivvidi Bartolomeo nella qualità
di mandatario dei Rividdi e il Rabeni Francesco avente causa dei Rividdi
Bartolomeo dei due spezzoni di terreno oggetto della presente controversia
hanno cominciato ad avere la detenzione dei suddetti terreni e, dunque, per il
compimento del tempo utile ad usucapire il bene sarebbe stato necessario un
atto di interversio possessionis.
3.1.= Il motivo ancorché non pienamente rispondentete alle prescrizioni di cui
all’art. 366 bis cpc., rimane assorbito nei motivi precedenti per quanto —come
già si è detto, la sentenza impugnata ha in modo esaustivo escluso che tra
Rividdi e Rabeni fosse intercorso un rapporto di affitto in ordine ai beni
oggetto della presente controversia.
4.= Con il quarto motivo il ricorrente denuncia la violazione dell’art. 360 n. 5
cpc., per omesso esame dei documenti decisivi ai fini della sussistenza o meno

dell’interruzione del rapporto tra il Rabeni e i terreni, comunque, esso si
voglia qualificare. Secondo il ricorrente la Corte nissena non ha tenuto conto
che l’immissione della Rividdi Giovanna nel possesso dei terreni per cui è
_

processo, eseguita in data 3 maggio 1989 dall’Ufficiale Giudiziario del
Tribunale di Nicosia in forza della sentenza del Tribunale di Palermo,
costituiva un atto interruttivo del rapporto tra Rabeni Francesco con i terreni
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1

di cui alla richiesta di declaratoria di usucapione. La Corte nissena non

avrebbe tenuto conto, altresì, dell’effetto interruttivo del rapporto di cui si dice
della richiesta di reintegra nel possesso avanzata dalla stessa Rividdi
Giovanna con ricorso depositato in data 9 maggio 1991. Piuttosto, la domanda

essere rigettata per la mancanza di uno dei caratteri che il possesso ad
usucapionem deve avere e, cioè, la continuità.
4.1.= Il motivo è infondato.
La sentenza di primo grado prima e la sentenza della Corte nissena dopo ha
avuto modo di evidenziare che il periodo cui bisognava fare riferimento per
stabilire se fosse maturato il tempo necessario per l’acquisto del diritto di
proprietà per usucapione era quello precedente al 1991 perché in quell’anno la
dante causa del Vanni Rividdi Giovanna, aveva proposto l’azione a tutela del
possesso e quindi aveva interrotto il decorso del termine per l’usucapione.
Entrambe le sentenze, avendo fatto riferimento al precedente giudizio
possessorio conclusosi con la sentenza n.

427 del 1987 del Tribunale di

Palermo, e avendo prefigurato il tempo entro il quale andava stabilito se
l’usucapione si fosse verificata, senza alcuna considerazione dell’azione

possessoria conclusosi

con

la sentenza

del Tribunale

di Palermo,

indirettamente, ma anche con agevole chiarezza, hanno escluso

che quel

giudizio dispiegasse un’efficacia interruttiva del tempo dell’usucapione di cui
si dice, lasciando intendere che fosse stata accolta l’eccezione del Rabeni,
secondo cui alla vicenda decisa con la sentenza del Tribunale di Palermo era
rimasto estraneo e che l’esecuzione di quella sentenza non si era svolta nei di
lui confronti.
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del Rabeni di declaratoria di usucapione dei beni di cui si dice avrebbe dovuto

5.= Con il quinto motivo di ricorso Vanni Francesco lamenta ancora la
violazione dell’alt 360 n. 3 cpc., in relazione alla mancata applicazione
dell’art. 91, con riferimento all’art. 92 cpc. e all’art. 96 stesso codice. Secondo
il ricorrente, per le ragioni esposte con il presente ricorso la domanda di
Rabeni non avrebbe dovuto essere accolta con la conseguenza che con la
totale conferma della sentenza di primo grado il Rabeni Francesco dovrebbe
essere condannato per il principio della soccombenza e per la violazione del
dovere di lealtà e di probità, al rimborso delle spese del giudizio e per avere
agito in assoluta male fede e in combutta con Rividdi Bartolomeo e al
risarcimento del danno per lite temeraria da liquidarsi equitativamente.
5.1.= il motivo è inammissibile ai sensi dell’art. 366 bis cpc., mancando la
formulazione del quesito di diritto., ed ancor prima, perché non denuncia un
vizio della decisione ma si risolve in una petizione di principio, dando per
certo ciò che necessiterebbe di una puntuale dimostrazione.
In definitiva, il ricorso va rigettato e il ricorrente in ragione del principio della
soccombenza condannato al pagamento delle spese del presente giudizio di
cassazione che saranno liquidate con il dispositivo.
PQM
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alle spese del presente
giudizio che liquida in €. 2.200,00 di cui €. 200,00 per esborsi oltre accessori
come per legge.
Così deciso nella Camera di Consiglio della Seconda Sezione Civile della
Corte Suprema di Cassazione il 26 settembre 2013.

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