Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 27033 del 06/10/2021

Cassazione civile sez. trib., 06/10/2021, (ud. 13/07/2021, dep. 06/10/2021), n.27033

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SORRENTINO Federico – Presidente –

Dott. D’ANGIOLELLA Rosita – rel. est. Consigliere –

Dott. GUIDA Riccardo – Consigliere –

Dott. D’AQUINO Filippo – Consigliere –

Dott. FRACANZANI Marcello M. – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 18659/2015 R.G., proposto da:

Agenzia delle Entrate, in persona del direttore pro tempore,

elettivamente domiciliata in Roma via dei Portoghesi 12, presso

l’Avvocatura Generale dello Stato che la rappresenta e difende ope

legis;

– ricorrente –

contro

Reprografica s.r.l., in persona del legale rapp.te p.t., con

domicilio eletto presso il difensore di secondo grado, Barbara

Carbognani, in Napoli, Via Duomo n. 314;

– intimata –

Avverso la sentenza n. 2012/23/15 della Commissione tributaria

regionale della Campania (di seguito, CTR), depositata in data

2/03/2015 e non notificata;

udita la relazione svolta dal Consigliere Rosita d’Angiolella nella

Camera di consiglio del 13 luglio 2021.

 

Fatto

RILEVATO

che:

1. Con avviso di accertamento, per l’anno 2007, l’Agenzia delle entrate accertava, D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 39, comma 2, lett. d), in capo alla società Reprografica s.r.l., maggiori imposte ai fini Ires, Irap ed Iva, relative a maggiori ricavi e redditi d’impresa rispetto a quelli dichiarati. La verifica fiscale effettuata nei confronti della società ed il conseguente p.v.c. evidenziavano l’omessa dichiarazione e la contabilizzazione di maggiori componenti positivi per Euro 192.943,00, nonché l’indebita deduzione di costi ritenuti non di competenza e non inerenti per complessivi Euro 57.815,00. Nel ricorso l’Agenzia delle entrate dà atto che, successivamente alla notifica dell’avviso di accertamento, avvenuta in data 21/03/12, l’Ufficio procedeva in via di autotutela ed in applicazione dell’aliquota agevolata del 4% per l’editoria (settore di attività della società contribuente), alla rideterminazione della maggiore imposta IVA, originariamente accertata in Euro 64.881,00 e poi ridotta ad Euro 38.619,00.

2. La società proponeva ricorso alla Commissione tributaria provinciale di Napoli che accoglieva il ricorso.

3. L’Agenzia delle entrate impugnava tale decisione innanzi alla Commissione tributaria regionale della Campania che, con la sentenza in epigrafe, rigettava l’appello.

4. L’Agenzia delle entrate ha proposto ricorso per Cassazione avverso tale sentenza deducendo due motivi.

5. La società contribuente, cui è stato ritualmente notificato il ricorso in cassazione con consegna a mani di persona addetta alla ricezione dell’atto, in data 14 luglio 2015, presso il domicilio del procuratore di secondo grado, Carbognani Barbara, è rimasta intimata.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. Con il primo motivo di ricorso, l’Agenzia delle entrate censura la sentenza impugnata, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, per violazione e falsa applicazione del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 53 e dell’art. 342 c.p.c., per aver ritenuto l’inammissibilità dell’appello in quanto fondato sulla mera riproposizione delle ragioni prospettate in primo grado e disattese dall’organo giudicante.

1.1. Con il secondo motivo di ricorso, l’amministrazione erariale deduce la violazione e falsa applicazione del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 15 e art. 39, comma 2, lett. d), del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 109, del D.P.R. 26 dicembre 1972, n. 633, artt. 19,21 e 54, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per aver la CTR completamente ignorato gli elementi indiziari su cui si era basato l’accertamento dell’Ufficio, e quindi per non aver valutato l’incidenza, sull’intera contabilità, delle omissioni effettuate dall’impresa. In particolare, nell’esposizione del mezzo, l’Amministrazione trascrive, in primo luogo, le motivazioni dei giudici di primo grado i quali avevano accolto il ricorso della contribuente sul rilievo che, essendo l’attività della tipografia concentrata sulle “lastre” il cui costo non superava l’importo di Euro 10 ognuna, ciò non giustificava l’accertamento induttivo effettuato dall’Ufficio che, invece, al fine di determinare i maggiori incrementi, avrebbe dovuto prendere in considerazione le scritture contabili ed altri elementi gravi precisi e concordanti; secondo la CTP, il metodo adottato dall’Ufficio era assolutamente inattendibile in quanto “fonda la pretesa induttiva del reddito da stabilirsi con metodologie squisitamente induttive che non si addicono alla specifica attività di tipografia”. Inoltre, la ricorrente amministrazione riporta alcuni passi dell’atto di appello (v. pag. 4 del ricorso in cassazione il riferimento alle pagine 2 e 3 del doc. 6 allegato al ricorso) nei quali è specificato che l’accertamento fiscale riguardava numerose violazioni “quali ad esempio, la mancata redazione del dettaglio delle rimanenze, ovvero le anomalie relative al finanziamento soci e flussi finanziari o ancora l’erronea allocazione nel conto economico “altri servizi deducibili” di acquisti di materie prime che hanno necessariamente portato a ritenere inattendibile le scritture contabili – hanno dovuto procedere alla ricostruzione indiretta di ricavi in base alla quantità delle materie prime utilizzate, delle modalità di approvvigionamento delle merci, dei prezzi praticati dei processi produttivi”, che l’erronea allocazione di materie prime nei costi per servizi, “ha causato l’erronea compilazione degli studi di settore con conseguente non congruità dei ricavi dichiarati”, che “la società si occupa anche di altri servizi quali la grafica, la fotografia pubblicitaria, il service prestampa, la stampa digitale di piccolo formato”, nonché che, sebbene l’80% dell’attività esercitata dalla società consistesse nell’incisione di lastre, “e’ pur vero che la società non solo non ha indicato nel libro degli inventari le rimanenze inziali e finali per quantità e natura riportando il solo valore complessivo delle stesse ma non ha neppure esibito il dettaglio”.

2. Il primo motivo di ricorso è infondato in considerazione della motivazioni espresse dalla CTR dalle quali è evidente che alcuna pronuncia di inammissibilità dell’appello v’e’ stata avendo i secondi giudici deciso nel merito la controversia senza spogliarsi della potestas iudicandi che sarebbe stata conseguente alla prospettata pronuncia di inammissibilità dell’appello. Ed invero, come è evidente dal tenore letterale delle parole usate (“L’appello, in realtà è ai limiti dell’inammissibilità… non essendo formulato in motivi specifici… in sostanza l’appellante del tutto scorrettamente ripercorre le vicende che hanno portato alla decisione su richiamata, rifacendosi quindi al pvc”), i secondi giudici hanno superato la soglia dell’inammissibilità esprimendo una valutazione di sostanziale implausibilità degli elementi posti a base dell’accertamento e dei motivi di gravame, tant’e’ che hanno motivato nel merito le ragioni di infondatezza della pretesa fiscale sulle quali si appuntava l’appello dell’Ufficio.

3. Anche il secondo mezzo è infondato.

3.1. Appare opportuno premettere, all’esame del mezzo, i principi enunciati da questa Corte in tema di accertamento analitico-induttivo, D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 39, comma 1, lett. d).

3.2. In tema di accertamento analitico induttivo e con riguardo alla regolarità formale della contabilità dell’impresa, è stato da tempo chiarito che, anche in presenza di scritture formalmente corrette, qualora la contabilità possa considerarsi complessivamente inattendibile, è legittimo il ricorso al metodo analitico-induttivo, D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 39, comma 1, lett. d), sulla base di elementi che consentano di accertare in via presuntiva, maggiori ricavi, che possono essere determinati calcolando la media aritmetica o quella ponderata dei ricarichi sulle vendite (cfr. sul punto, Sez. 5, 11/04/2018, n. 8923; Sez. 5, 30/10/2018, n. 26552; Sez. 5, Ordinanza n. 12/12/2018, n. 32129).

3.3. Quanto alla metodologia d’indagine e, quindi, ai criteri legittimanti l’accertamento sulle percentuali di ricarico della merce venduta, è stato chiarito che il ricorso alla media aritmetica semplice è consentito quando risulti l’omogeneità della merce, dovendosi invece fare ricorso alla media ponderale quando, tra i vari tipi di merce, esiste una notevole differenza di valore e gli articoli più venduti presentano una percentuale di ricarico inferiore a quella risultante dal ricarico medio (cfr., Sez. 5, 21/11/2019, n. 30363). Sulla media ponderale, è stato evidenziato che l’accertamento analitico-induttivo, ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 1, lett. d), di maggiori ricavi non dichiarati da un’impresa commerciale, operata attraverso l’applicazione di una percentuale di ricarico medio-ponderato, si effettua: a) applicando detta percentuale sul costo del venduto quale accertato nei confronti dell’impresa; b) sommando l’importo così ottenuto (margine di guadagno) al predetto costo del venduto accertato; c) detraendo dall’importo così ottenuto (ricavi accertati) i ricavi dichiarati dall’impresa o comunque accertati sulla base della sua contabilità (così, Sez. 5, 02/08/2017, n. 19123).

4. Nel caso in esame, la CTR ha rigettato l’appello dell’Amministrazione, per carenza dei presupposti previsti dal citato D.P.R., art. 39, rilevando come l’Ufficio avesse “proceduto alla determinazione induttiva del reddito con metodologie inadatte… vale a dire partendo dal presupposto che il contribuente svolga un’attività commerciale il che, in buona parte non e'”, nonché rilevando che l’Ufficio non aveva proposto appello su questioni rilevanti al fine dell’accertamento praticato, quali il metodo del ricarico, l’esistenza dei maggiori imponibili accertati, nonché il metodo di calcolo in concreto effettuato.

4.1 In base ai principi richiamati la sentenza impugnata va esente dalle censure prospettate, considerato che il rigetto dell’appello dell’Agenzia delle entrate è conseguito non ad una erronea applicazione delle norme che regolano l’accertamento induttivo, ma, viceversa, dal mancato riscontro di dati fattuali atti a confermare i presupposti dell’accertamento stesso, quali la tipologia delle irregolarità contabili della società e, quindi, il metodo di calcolo applicato per la determinazione dei maggiori ricavi (metodo di ricarico, categoria di merce, esistenza/inesistenza di maggiori imponibili accertati, calcolo in concreto effettuato).

4.2. Ed invero, come emerge dalla lettura del ricorso, la ricostruzione dei ricavi dell’impresa non è stata giustificata dall’Ufficio sulla base di scostamenti dalle medie di settore alla percentuale di ricarico sul costo del venduto, né sulla base di una metodologia di calcolo che tenesse conto della disomogeneità o della omogeneità dei prodotti commercializzati per specifici settori merceologici al fine di determinare il costo del venduto su percentuali di ricarico riferite alle diverse categorie di beni (ad es. la produzione maggiore – come le lastre – poteva essere presa in considerazione separatamente dai prodotti aventi un’incidenza più modesta sul costo del venduto raggruppabili in altra voce). Ne’, dalle doglianze esposte, si comprende se e come, per ciascuna categoria di prodotto, sia stata calcolata la percentuale di ricarico.

5. In conclusione, la sentenza impugnata ha fatto buon governo dei principi che regolano la materia, là dove ha ritenuto che i motivi di appello (v. motivi di appello riportati in ricorso) si soffermano su considerazioni che rimangono generiche (erronea “allocazione di materie prime”, “mancata redazione nel dettaglio delle rimanenze”, “anomalie relative a finanziamento soci e flussi finanziari”), proprio in quanto non riscontrate da elementi fattuali riferibili alla natura, omogenea o disomogenea, dei beni-merce, alla rilevanza dei campioni selezionati e, quindi, al metodo di calcolo adoperato.

6. Il ricorso dell’Agenzia delle entrate va, pertanto, rigettato.

7. Nulla si provvede in ordine alle spese di giudizio, in quanto la società contribuente, vittoriosa, è rimasta intimata.

8. Non sussistono i presupposti per il versamento del doppio contributo, trattandosi di amministrazione pubblica ammessa a prenotazione a debito.

PQM

Rigetta il ricorso.

Nulla per le spese.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della V sezione civile, il 13 luglio 2021.

Depositato in Cancelleria il 6 ottobre 2021

 

 

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