Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 27032 del 26/11/2020
Cassazione civile sez. VI, 26/11/2020, (ud. 07/10/2020, dep. 26/11/2020), n.27032
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE T
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. GRECO Antonio – Presidente –
Dott. MOCCI Mauro – Consigliere –
Dott. ESPOSITO Antonio Francesco – rel. Consigliere –
Dott. CROLLA Cosmo – Consigliere –
Dott. RUSSO Rita – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 21518-2019 proposto da:
O.E.M.R., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA
APPIA NUOVA 59, presso lo studio dell’avvocato FRANCESCO MUSOLINO,
che la rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
AGENZIA DELLE ENTRATE, (OMISSIS), in persona del Direttore pro
tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,
presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e
difende ope legis;
– resistente –
avverso la sentenza n. 2985/17/2019 della COMMISSIONE TRIBUTARIA
REGIONALE del LAZIO, depositata il 16/05/2019;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non
partecipata del 07/10/2020 dal Consigliere Relatore Dott. ANTONIO
FRANCESCO ESPOSITO.
Fatto
RILEVATO
che:
Con sentenza in data 16 maggio 2019 la Commissione tributaria regionale del Lazio rigettava l’appello proposto da O.E.M.R. avverso la decisione della Commissione tributaria provinciale di Roma che aveva respinto il ricorso proposto dalla contribuente contro l’avviso di liquidazione, notificato il 10 giugno 2014, con il quale l’Agenzia delle entrate procedeva al recupero delle agevolazioni per l’acquisto della prima casa fruite in relazione ad atto di compravendita registrato il (OMISSIS).
Avverso la suddetta sentenza la contribuente ha proposto ricorso per cassazione, affidato a due motivi.
L’Agenzia delle entrate ha depositato mero atto di costituzione.
Sulla proposta del relatore ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., risulta regolarmente costituito il contraddittorio camerale.
Diritto
CONSIDERATO
che:
1. Con il primo motivo la contribuente denuncia la nullità della sentenza per omesso esame circa un fatto decisivo, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5. Deduce la ricorrente di aver impugnato l’avviso di liquidazione eccependo (tra l’altro) il vizio di notifica dell’atto, recapitato presso la precedente residenza della contribuente in (OMISSIS) e ricevuto da persona non convivente non legittimata a ritirare il plico. Tale eccezione veniva ribadita con il ricorso in appello, al quale era allegato il certificato storico anagrafico della contribuente, da cui risultava che all’epoca della notifica dell’atto impugnato la stessa risiedeva in Roma; ciononostante, la CTR ometteva di esaminare il suddetto documento ed il relativo motivo di impugnazione.
La censura, che prospetta un vizio di omessa pronuncia ex art. 112 c.p.c., e che deve pertanto correttamente essere sussunta nel paradigma di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, è fondata.
Va anzitutto osservato che la ricorrente, in ossequio al principio di autosufficienza, ha prodotto con il ricorso per cassazione l’avviso di liquidazione notificato in (OMISSIS) e l’atto di appello con l’allegato certificato storico anagrafico attestante la residenza in (OMISSIS) della contribuente alla data di notifica dell’atto impugnato. Tanto premesso, dall’esame della sentenza impugnata emerge che la CTR ha del tutto omesso di pronunciarsi sulla dedotta illegittimità della notifica dell’avviso di liquidazione, in violazione dell’art. 112 c.p.c..
Con il secondo motivo la ricorrente denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, la nullità della sentenza per mancanza del requisito motivazionale, in violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36, comma 2, n. 4, e art. 132 c.p.c., comma 1, n. 4. Lamenta la contribuente, in relazione al motivo di appello con il quale contestava la sussistenza del mendacio riscontrato dall’Agenzia delle entrate nel contratto di compravendita, che la CTR si era limitata a ricopiare nella parte motiva della sentenza l’atto di appello della contribuente per poi concludere, in modo incomprensibile, per l’infondatezza del gravame.
Il motivo è fondato.
La motivazione della sentenza impugnata, invero, si risolve nella trascrizione di parte dell’atto di appello della contribuente, per poi concludere, in modo del tutto apodittico, senza svolgere alcuna argomentazione critica in riferimento alle ragioni addotte a sostegno del gravame, nel senso della infondatezza dell’appello. Trattasi di motivazione apparente che determina la nullità della sentenza perchè affetta da error in procedendo, non essendo da essa percepibile il fondamento della decisione, perchè recante argomentazioni obbiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche congetture (in termini, Cass., Sez. U., n. 22232 del 2016; Cass. n. 4964 del 2017).
Anche l’inciso finale della pronuncia (“La sentenza appellata, condivisa da questo Collegio, è motivata e nella stessa figurano i riferimenti specifici alle contestazioni che la contribuente aveva sollevato in sede di ricorso”) integra una motivazione mera mente apparente, posto che “deve considerarsi nulla la sentenza di appello motivata per relationem alla sentenza di primo grado, qualora la laconicità della motivazione non consenta di appurare che alla condivisione della decisione di prime cure il giudice d’appello sia pervenuto attraverso l’esame e la valutazione di infondatezza dei motivi di gravame, previa specifica ed adeguata considerazione delle allegazioni difensive, degli elementi di prova e dei motivi di appello” (Cass. n. 22022 del 2017).
In conclusione, il ricorso deve essere accolto e la sentenza impugnata cassata, con rinvio alla Commissione tributaria regionale del Lazio, in diversa composizione, la quale provvederà anche in ordine alle spese del presente giudizio.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione tributaria regionale del Lazio, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, il 7 ottobre 2020.
Depositato in Cancelleria il 26 novembre 2020