Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2703 del 05/02/2020

Cassazione civile sez. I, 05/02/2020, (ud. 01/10/2019, dep. 05/02/2020), n.2703

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAMPANILE Pietro – Presidente –

Dott. FRASCA Raffaele – Consigliere –

Dott. PARISE Clotilde – Consigliere –

Dott. SCRIMA Antonietta – Consigliere –

Dott. SOLAINI Luca – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 11664/2018 proposto da:

C.S., elettivamente domiciliato presso la Cancelleria

della Suprema Corte di Cassazione, rappresentato e difeso dall’avv.

A. Marin;

– ricorrente –

contro

Ministero Dell’interno, (OMISSIS);

– intimato –

avverso il decreto del TRIBUNALE di VENEZIA, depositato il

27/02/2018;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

01/10/2019 dal Cons. Dott. SOLAINI LUCA.

Fatto

RILEVATO

che:

Il Tribunale di Venezia ha respinto il ricorso proposto da C.S. cittadino del Mali, avverso il provvedimento della competente Commissione territoriale che aveva negato al richiedente asilo il riconoscimento della protezione internazionale anche nella forma sussidiaria e di quella umanitaria, in particolare, aveva dichiarato l’inammissibilità del ricorso per deposito tardivo, ai sensi del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35 bis, comma 14, che prevede che non si applica la sospensione feriale dei termini alle cause aventi ad oggetto la protezione internazionale.

Contro il decreto del medesimo Tribunale è ora proposto ricorso per cassazione sulla base di due motivi.

Il Ministero dell’Interno non ha spiegato difese scritte.

Diritto

CONSIDERATO

che:

Il ricorrente censura la decisione del Tribunale: (i) sotto un primo profilo, per violazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, artt. 35 e 35 bis e degli artt. 737 c.p.c. e segg., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in quanto, erroneamente, il tribunale aveva deciso con rito camerale, del D.Lgs. n. 25 del 2008, ex artt. 35 e 35 bis, il ricorso del ricorrente che aveva, in corso di giudizio, limitato la propria domanda alla sola richiesta di protezione umanitaria, mentre, la disciplina processuale di cui alla rubrica, applicata dai giudici, concerneva le sole controversie in materia di protezione internazionale; (ii) sotto un secondo profilo, per violazione dell’art. 184 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in quanto, una volta che in sede di discussione, la difesa aveva rinunciato alla domanda di riconoscimento della protezione sussidiaria (cfr. pp. 3, 8 e 9 del ricorso), il giudice di prime cure, preso atto della scelta processuale della difesa, doveva disporre la trasmissione degli atti al giudice competente, cioè, al tribunale in composizione monocratica e statuire la conversione del rito da camerale a sommario di cognizione ovvero ordinario (con conseguente sospensione dei termini, nel periodo feriale, non essendo più applicabile il D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35 bis, comma 14, che si riferisce alla sola protezione internazionale).

I due motivi di ricorso, che possono essere oggetto di un esame congiunto, perchè connessi, sono infondati.

Secondo Cass. n. 16458/19, qualora sia stata proposta esclusivamente la domanda di protezione umanitaria, la competenza per materia appartiene alla sezione specializzata del Tribunale in composizione monocratica, che giudica secondo il rito ordinario ex artt. 281-bis c.p.c. e segg., o, ricorrendone i presupposti, secondo il procedimento sommario di cognizione ex artt. 702-bis c.p.c. e segg. e pronuncia sentenza o ordinanza impugnabile in appello, atteso che il rito previsto dal D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35-bis, con le peculiarità che lo connotano (composizione collegiale della sezione specializzata, procedura camerale e non reclamabilità del decreto), ha un ambito di applicazione espressamente limitato alle controversie di cui al D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35 e a quelle relative all’impugnazione dei provvedimenti adottati dall’Unità Dublino.

La presente vicenda, tuttavia, non ha visto la proposizione della sola domanda di protezione umanitaria (ma vi è stata richiesta di tutte le forme di protezione internazionale), e come evidenziato dallo stesso ricorrente (in particolare, p. 8 del ricorso), solo all’udienza di comparizione delle parti ai fini della discussione sulla tardività del ricorso, per scelta processuale, aveva limitato la domanda al solo riconoscimento della protezione umanitaria (perchè da ciò, sarebbe conseguito l’inapplicabilità della disciplina dell’art. 35 bis cit. e la conseguente sospensione dei termini per il periodo feriale).

Ma in tal caso, secondo Cass. n. 9658/19, richiamata dalla stessa Cass. n. 16458 cit. “(…).. Il rito previsto dal D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35 bis, con le peculiarità che lo connotano – composizione collegiale della sezione specializzata, procedura camerale e non reclamabilità del decreto – ha un ambito di applicabilità espressamente limitato alle controversie di cui al D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35 e a quelle relative all’impugnazione dei provvedimenti adottati dall’Unità Dublino. Tuttavia, qualora le azioni dirette ad ottenere le protezioni internazionali tipiche (status di rifugiato e protezione sussidiaria) e le azioni volte al riconoscimento di quella atipica (protezione umanitaria) siano state contestualmente proposte con un unico ricorso, per libera e autonoma scelta processuale del ricorrente, trova comunque applicazione per tutte le domande connesse e riunite il rito camerale di cui al D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35 bis, davanti alla sezione specializzata del Tribunale in composizione collegiale, in ragione della profonda connessione, soggettiva ed oggettiva, esistente tra le predette domande e della prevalenza della composizione collegiale del Tribunale in forza del disposto dell’art. 281 nonies c.p.c.. Occorre inoltre tener conto, nella stessa prospettiva delineata, di alcuni fondamentali principi e valori che corroborano la conclusione: in primo luogo, il carattere unitario dell’accertamento dei presupposti dei vari tipi di tutela, che normalmente richiede l’indagine officiosa circa le medesime realtà socio-politiche del Paese di origine; in secondo luogo, la fondamentale esigenza di evitare contrasto di giudicati, in considerazione del rapporto di sussidiarietà e conseguente relativa residualità reciproca che connota le tre forme graduate di protezione, che attuano ed esauriscono nel nostro ordinamento il diritto di asilo costituzionale ex art. 10 Cost., comma 3; in terzo luogo, il principio della ragionevole durata del processo, che impone una soluzione interpretativa che eviti le duplicazione di accertamenti processuali e i ritardi connessi alle inevitabili relazioni di pregiudizialità tra i processi celebrati separatamente (…)”.

Perciò, rilevato come la domanda di protezione umanitaria era nel caso di specie, fin dall’inizio, subordinata ed accessoria rispetto alle altre domande di protezione internazionale, che solo per scelta processuale sono state successivamente rinunciate, in virtù del principio della “concentrazione processuale” richiamato dal tribunale di Venezia, la domanda accessoria segue il rito di quella principale anche in tema di non sospensione dei termini feriali, con conseguente tardività del ricorso (cfr. Cass. n. 4645/1995; Cass. n. 22759/2013).

La mancata predisposizione di difese scritte da parte dell’amministrazione statale, esonera il collegio dal provvedere sulle spese.

PQM

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

Rigetta il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, ove dovuto, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello corrisposto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 1 ottobre 2019.

Depositato in Cancelleria il 5 febbraio 2020

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