Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 27029 del 27/12/2016


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Cassazione civile, sez. III, 27/12/2016, (ud. 26/10/2016, dep.27/12/2016),  n. 27029

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIVALDI Roberta – rel. Presidente –

Dott. SETINI Danilo – Consigliere –

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – Consigliere –

Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere –

Dott. TATANGELO Augusto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 11445-2014 proposto da:

PANORAMICA SRL, in persona dell’Amministratore Unico p.t. sig.ra

B.D., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA ORAZIO 3, presso

lo studio dell’avvocato VITO BELLINI, che la rappresenta e difende

unitamente all’avvocato GIUSEPPE GRAZIOSI giusta procura a margine

del ricorso;

– ricorrente –

contro

REGIONE LAZIO, in persona del Presidente pro-tempore della Giunta

Regionale, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA MARCANTONIO

COLONNA 27, presso lo studio dell’avvocato ANNA MARIA COLLACCIANI,

che la rappresenta e difende giusta procura a margine del

controricorso;

AZIENDA USL ROMA (OMISSIS), in persona del legale rappresentante pro

tempore, domiciliata a ROMA, VIA CASAL BERNOCCHI PRESSO ASL,

rappresentata e difesa dall’avvocato FABIO FERRARA giusta procura in

calce al controricorso;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 883/2014 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 11/02/2014;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

26/10/2016 dal Consigliere Dott. ROBERTA VIVALDI;

udito l’Avvocato VITO BELLINI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

RUSSO Rosario Giovanni, che ha concluso per l’accoglimento dei primi

2 motivi del ricorso assorbiti gli altri (Sent. Cons. di Stato

99/09).

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con atto di citazione regolarmente notificato, la Società Panoramica s.r.l. (di seguito, Panoramica), gerente la casa di cura di lungodegenza “(OMISSIS)” e già convenzionata con la Regione Lazio, chiedeva al Tribunale di Roma di accertare il proprio diritto all’accreditamento per il biennio 1995-96 ai sensi della L. n. 724 del 1994, art. 6, comma 6 (Finanziaria 1995) sulla base di tariffe “predeterminate” dalla Regione e accettate dalla struttura, accettazione tuttavia che essa non aveva potuto effettuare in quanto pretermessa da tale possibilità con D.G.R. Lazio 29 dicembre 1995, n. 11310 (che aveva escluso dal regime provvisorio, sul piano generale, le case di cura di lungodegenza), assumendone l’illegittimità. Deduceva che detto provvedimento era stato annullato dal TAR Lazio con sentenza n. 708/1997 su istanza di altre società convenzionate e invocava l’autorità del detto giudicato (precisando che la medesima azione era stata da essa avviata dapprima dinanzi allo stesso TAR Lazio, che aveva respinto la domanda con sentenza n. 1227/2000, e che l’appello da essa proposto al Consiglio di Stato era divenuto improcedibile a seguito dell’entrata in vigore della L. n. 205 del 2000, donde la riproposizione della domanda dinanzi al Tribunale capitolino). Chiedeva anche la condanna della Regione Lazio e dell’AUSL Roma (OMISSIS) al pagamento delle differenze rispetto alla “diaria” frattanto ottenuta, pari ad Euro 1.007.096,83, o in subordine in misura pari ad Euro 507.617,21.

Il Tribunale di Roma con sentenza n. 14654/2010 rigettava la domanda, ritenendo che la società non potesse fruire del giudicato di TAR Lazio n. 708/1997 in quanto res inter alios acta, giacchè la determina regionale annullata dal G.A. non costituiva atto a contenuto generale, bensì avente ad oggetto atti plurimi, con la conseguenza che il suo annullamento spiegava efficacia tra le sole parti del relativo giudizio.

Sul gravame della Panoramica, la Corte d’appello di Roma, con sentenza n. 883/2014 del 11.2.2014, ha respinto l’appello rilevando che: a) la ricorrente non aveva comunque accettato le tariffe “predeterminate”; b) la D.G.R. n. 11310 del 1995 ha natura di atto plurimo e quindi il relativo giudicato amministrativo di annullamento non è estensibile all’appellante; c) non sussistono i presupposti per la sua disapplicazione ex art. 5 L.A.C..

La Panoramica propone ricorso per cassazione, affidato a tre motivi. Le intimate resistono con controricorso. La ricorrente ha depositato memoria.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1.1 – Con il primo motivo, deducendo “violazione ed errata applicazione L. 23 dicembre 1994, n. 724, art. 6, comma 6, – Omesso esame di un fatto decisivo (art. 360 c.p.c., punto 5)”, la Panoramica censura l’impugnata sentenza laddove si è ritenuto che, in concreto, essa società non aveva comunque provveduto ad accettare le tariffe “predeterminate”, con la conseguenza che non avrebbe potuto in ogni caso avvalersi del sistema di accreditamento del biennio 1995-96. Rileva infatti che il giudice d’appello non ha considerato che essa ricorrente era stata esclusa dalla possibilità di accettare il sistema di accreditamento, mediante la contestata D.G.R. n. 11310 del 1995, che aveva tra l’altro fissato il termine per la relativa dichiarazione di accettazione per il 31.1.1996.

1.2 – Con il secondo motivo, deducendo “Ulteriore omesso esame di un fatto decisivo (art. 360 c.p.c., n. 5) – Illegittimità derivata”, la ricorrente lamenta l’omessa considerazione da parte della Corte d’appello della effettiva portata della suddetta determina regionale, avente natura non già di atto plurimo, bensì di vero e proprio atto a carattere generale, in quanto attinente alla “definizione delle tariffe e del sistema di remunerazione dell’attività ospedaliera privata e pubblica nella Regione Lazio. Fissazione delle tariffe per il 1995”. Conseguentemente, si sostiene, il giudicato di TAR Lazio n. 708/97 era pienamente efficace anche nei confronti di essa ricorrente, così come di tutti gli imprenditori illegittimamente pretermessi, ma che non avevano tempestivamente impugnato l’atto.

1.3 – Con il terzo motivo, infine, deducendo “Ulteriori profili di omesso esame di fatti decisivi (art. 360 c.p.c., n. 5) – Errata applicazione L. 20 marzo 1865, n. 2248, art. 5, All. E”, la Panoramica lamenta l’erronea decisione del giudice d’appello circa la richiesta di disapplicazione dell’atto amministrativo illegittimo, ossia della ripetuta D.G.R., negata sul presupposto che la pronuncia richiesta deve avvenire in via incidentale e prospettarsi come pregiudiziale in senso tecnico non principale e non già, come nella specie, ove l’atto incida in via diretta sul diritto per cui si agisce. Rileva in proposito la ricorrente che, al contrario, rispetto al diritto all’accreditamento, la D.G.R. si pone come mero antecedente logico.

2. – Preliminarmente, vanno disattese le eccezioni sollevate dalla Regione Lazio.

Anzitutto, è inammissibile il rilievo che, a fronte del rigetto dell’eccezione di carenza di legittimazione passiva sollevata in primo grado dall’Azienda U.S.L. Roma (OMISSIS), si sia formato il giudicato interno circa l’estraneità della stessa Regione nel presente giudizio. Manca, al riguardo, qualsivoglia statuizione nella sentenza qui impugnata, che anzi risolve implicitamente la questione in modo antitetico rispetto alla prospettazione della Regione stessa, laddove dispone la condanna della Panoramica alla rifusione delle spese del grado d’appello anche in suo favore. E’ quindi evidente che, ove l’Ente avesse voluto coltivare l’assunto, avrebbe dovuto farlo in primo luogo nel giudizio d’appello (e non risulta, al riguardo, alcunchè), e in ogni caso avrebbe dovuto censurare la sentenza della Corte d’appello con impugnazione incidentale, tuttavia non proposta.

E’ poi infondata l’ulteriore eccezione di inammissibilità del secondo e terzo motivo per pretesa violazione dell’art. 348 ter c.p.c., comma 5. Invero, a parte quanto si dirà infra (par. 3.3) sulla formulazione dei motivi operata dalla Panoramica, la previsione di inammissibilità del motivo di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 per c.d. doppia conforme in facto, ai sensi del D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, comma 2, conv. in L. 7 agosto 2012, n. 134, concerne i giudizi di appello introdotti con ricorso depositato o con citazione di cui sia stata richiesta la notificazione dal giorno 11 settembre 2012, mentre non trova applicazione relativamente a quelli già pendenti a tale data (Cass. 18.12.2014, n. 26860), come nella specie.

3. – Ciò posto, i motivi, da trattarsi congiuntamente, sono nel complesso infondati.

La L. 23 dicembre 1994, n. 724, art. 6, comma 6, (legge finanziaria per il 1995), ha previsto che “A decorrere dalla data di entrata in funzione del sistema di pagamento delle prestazioni sulla base di tariffe predeterminate dalla regione cessano i rapporti convenzionali in atto ed entrano in vigore i nuovi rapporti fondati sull’accreditamento, sulla remunerazione delle prestazioni e sull’adozione del sistema di verifica della qualità (…). La facoltà di libera scelta da parte dell’assistito si esercita nei confronti di tutte le strutture ed i professionisti accreditati dal Servizio sanitario nazionale in quanto risultino effettivamente in possesso dei requisiti previsti dalla normativa vigente e accettino il sistema della remunerazione a prestazione. Fermo restando il diritto all’accreditamento delle strutture in possesso dei requisiti (…), per il biennio 1995-1996 l’accreditamento opera comunque nei confronti dei soggetti convenzionati e dei soggetti eroganti prestazioni di alta specialità in regime di assistenza indiretta regolata da leggi regionali alla data di entrata in vigore del citato D.Lgs. n. 502 del 1992, che accettino il sistema della remunerazione a prestazione sulla base delle citate tariffe”.

In sostanza, la legge finanziaria per il 1995 ha previsto in via provvisoria che, per il biennio 1995-96, i soggetti già convenzionati alla data di entrata in vigore della legge di riforma del sistema sanitario potessero godere dell’accreditamento, accettando però il sistema della remunerazione sulla base delle tariffe “predeterminate” dalla Regione.

3.1 – Nella specie, la Regione Lazio provvide a determinare dette tariffe, per l’anno 1995, con D.G.R. 29 dicembre 1995, n. 11310 avente appunto ad oggetto (come risulta dal ricorso) “definizione delle tariffe e del sistema di remunerazione dell’attività ospedaliera – Fissazione delle tariffe per il 1995”, al contempo prevedendo che soggetti già convenzionati, ut supra, venissero considerati accreditati, purchè dichiarassero di accettare il sistema tariffario entro il 31.1.1996; detta determina, però, escluse da tale possibilità, tra l’altro, le case di cura di cui al suo allegato n. 6, tra cui l’odierna ricorrente, che in mancanza di tale esclusione avrebbe quindi potuto beneficiare del detto sistema di remunerazione, in quanto pacificamente già accreditata all’epoca di entrata in vigore del D.Lgs. n. 502 del 1992.

L’atto amministrativo in discorso venne poi annullato dal TAR Lazio, con sentenza n. 708/97, ma su impugnazione di altre società gerenti case di cura, non anche dell’odierna ricorrente.

3.2 – Ciò premesso, non può certo condividersi l’assunto della Corte capitolina secondo cui la citata normativa non risulterebbe comunque applicabile alla Panoramica, non risultando che essa abbia mai accettato detto sistema tempestivamente: è infatti evidente che, a fronte di un atto amministrativo autoritativo, che ne negava la legittimazione, la Panoramica non avrebbe mai potuto dichiarare l’accettazione.

Costituisce quindi questione logicamente preliminare l’accertamento della portata del giudicato di TAR Lazio n. 708/97, giacche, ove esso spiegasse efficacia erga omnes, come sostenuto dalla ricorrente, questa potrebbe beneficiare dei relativi effetti, e la conseguente accettazione potrebbe anche ritenersi implicitamente manifestata con l’atto introduttivo del giudizio dinanzi allo stesso TAR Lazio, culminata nella sentenza di rigetto n. 1227/2000, come pure rilevato dalla stessa Panoramica.

3.3 – Ora, deve preliminarmente rilevarsi che la formulazione di tutti i motivi risulta eccentrica nella parte in cui si pretende di individuare nell’omesso esame di uno o più fatti, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5, l’erroneità della sentenza impugnata, ossia, il non aver considerato che: a) essa ricorrente era stata estromessa dalla Regione dal sistema di remunerazione a tariffe “predeterminate” e, quindi, non avrebbe potuto accettarle; b) la determina regionale era atto a contenuto generale, con conseguente estensione del giudicato amministrativo di annullamento anche in suo favore; e c) essa aveva azionato in via principale il diritto all’accreditamento ope legis, rispetto al quale la determina regionale si pone quale mero antecedente logico.

Infatti, da un lato, un “fatto” (nell’accezione data da Cass., Sez. Un., 7.4.2014, n. 8053) può tutt’al più configurarsi solo riguardo all’estromissione dal sistema di remunerazione, e non certo alla valutazione della portata di un atto amministrativo o all’individuazione dell’oggetto del giudizio; dall’altro, si tratta di questioni comunque affrontate dalla Corte d’appello di Roma e risolte in senso sfavorevole alla tesi della Panoramica, con la conseguenza che alcuna omessa valutazione può configurarsi. Tuttavia, è evidente che il nucleo delle censure concerne la violazione e/o falsa applicazione di norme di diritto in cui sarebbe incorso il giudice d’appello, rispettivamente, aa) mediante il mancato riconoscimento del diritto all’accreditamento ai sensi della L. n. 724 del 1994, art. 6, comma 6; bb) a causa della erronea interpretazione della portata del giudicato di TAR Lazio n. 708/97 e, quindi, del D.Lgs. 2 aprile 2010, n. 104, art. 39 (che opera il rinvio esterno alle disposizioni del codice di procedura civile, e perciò all’art. 324 c.p.c.), nonchè dell’art. 2909 c.c., sia pur nella peculiare interpretazione che di tale norma possibile dare in relazione alla struttura e all’oggetto del processo amministrativo; e, infine, cc) nel mancato esercizio del potere di disapplicazione dell’atto amministrativo illegittimo ai sensi dell’art. 5 L.A.C.. Pertanto, ben può applicarsi il principio affermato da questa Corte, secondo cui “L’indicazione, ai sensi dell’art. 366 c.p.c., n. 4, delle norme che si assumono violate non si pone come requisito autonomo ed imprescindibile ai fini dell’ammissibilità del ricorso per cassazione, ma come elemento richiesto al fine di chiarire il contenuto delle censure formulate e di identificare i limiti della impugnazione, sicchè la mancata od erronea indicazione delle disposizioni di legge non comporta l’inammissibilità del gravame ove gli argomenti addotti dal ricorrente, valutati nel loro complesso, consentano di individuare le norme o i principi di diritto che si assumono violati e rendano possibile la delimitazione del “quid disputandum” (Cass., 4.6.2007, n. 12929).

3.4.1 – Ciò posto, in relazione alla questione della portata del giudicato, deve però rilevarsi che la ricorrente ha omesso di riprodurre, nel corpo del ricorso, il completo contenuto della D.G.R. n. 11310 del 1995, nonostante abbia chiesto a questa Corte di apprezzarne la natura di atto generale inscindibile, al contrario di quanto invece opinato dalla Corte d’appello. In tal modo, tuttavia, la Panoramica ha finito col violare il disposto dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, che prescrive, a pena di inammissibilità, che il ricorso debba contenere la specifica indicazione, per quel che qui interessa, dei documenti sui quali il ricorso si fonda. In particolare, nell’interpretazione costante di tale norma, è stato affermato che “In tema di ricorso per cassazione, ai fini del rituale adempimento dell’onere, imposto al ricorrente dall’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, di indicare specificamente nel ricorso anche gli atti processuali su cui si fonda e di trascriverli nella loro completezza con riferimento alle parti oggetto di doglianza, è necessario che, in ossequio al principio di autosufficienza, si provveda anche alla loro individuazione con riferimento alla sequenza dello svolgimento del processo inerente alla documentazione, come pervenuta presso la Corte di cassazione, al fine di renderne possibile l’esame” (Cass., 9.4.2013, n. 8569; nello stesso senso, più recentemente, Cass. 15.7.2015, n. 14784). Pertanto, l’omessa riproduzione del contenuto dell’atto amministrativo in questione non consente a questa Corte di apprezzare autonomamente, sulla base della mera lettura del ricorso, se effettivamente il giudice d’appello abbia erroneamente valutato la natura della determina regionale e, quindi, la portata del giudicato amministrativo che la concerne, con la conseguenza che la relativa censura si palesa già per questo inammissibile.

3.4.2 – Al contempo, essa è comunque infondata. Infatti, come chiaramente si evince dalla sentenza del Consiglio di Stato n. 99/09 (in fasc. di secondo grado Panoramica), pure invocata dalla stessa ricorrente a sostegno della pretesa natura di atto generale e inscindibile della D.G.R. in questione, è inequivoco che per lo stesso massimo Consesso amministrativo, in sede giurisdizionale, detta Det. ha carattere di atto plurimo a contenuto scindibile. Infatti, il giudizio deciso con detta pronuncia venne avviato dalla Regione Lazio per la declaratoria di nullità della Det. n. 1 del 2005, assunta dal Commissario ad acta nominato in relazione alla illegittimità del silenzio serbato dalla stessa Regione. Alcune società gerenti case di cura (tra le quali non figura la Panoramica) avevano infatti chiesto all’Ente, invano, di concludere il procedimento, avviato d’ufficio, volto alla verifica della possibilità di estendere gli effetti del giudicato di TAR Lazio n. 708/97 erga omnes, e quindi anche alle altre società che non avevano tempestivamente impugnato la D.G.R. n. 11310 del 1995. Il nominato Commissario ad acta, con la determinazione citata, aveva statuito di accogliere favorevolmente le richieste delle società istanti, al fine di eliminare una situazione giuridica ingiusta e fonte di discriminazione per operatori dello stesso settore, ma sul presupposto che la D.G.R. n. 11310 del 1995 costituisse atto amministrativo plurimo, condizione senza la quale non vi sarebbe stata ragione giustificatrice dei propri poteri (non occorrendo, in caso contrario, attivare alcun procedimento amministrativo per l’estensione del giudicato, derivando tale effetto direttamente dalla legge).

Nell’accogliere l’appello avverso la prima statuizione, il Consiglio di Stato, con la citata sentenza n. 99/09, espressamente ha preso atto che, circa la qualificazione di atto plurimo della D.G.R. n. 11310 del 1995, lo stesso Consesso s’era già pronunciato con sentenza n. 3928/2003, e ha quindi ritenuto che correttamente il Commissario ad acta avesse fatto uso del proprio potere discrezionale onde consentire ai privati istanti di poter beneficiare degli effetti dell’annullamento della determina regionale che li aveva esclusi dal sistema di remunerazione a tariffe “predeterminate”. In tal modo, il Consiglio di Stato ha ribadito, anche in sede di giudizio di ottemperanza, che la D.G.R. in discorso ha natura di atto plurimo, evidente essendo che, ove essa “fosse stata qualificata come atto generale o regolamentare, la relativa decisione avrebbe prodotto effetti erga omnes, con la conseguenza che nessun procedimento amministrativo avrebbe dovuto avviarsi in sede di esecuzione del giudicato sulla sentenza n. 708/1997” (così la sentenza n. 99/09, p. 4).

Così stando le cose, non avendo la Panoramica impugnato detta determina regionale, è evidente che essa non possa comunque beneficiare del giudicato di TAR Lazio n. 708/97. L’autoritatività dell’atto amministrativo in discorso, che la esclude dal descritto sistema di remunerazione, impedisce quindi che l’odierna ricorrente possa vantare un diritto all’accreditamento provvisorio, ai sensi della L. n. 724 del 1994, art. 6, comma 6.

3.5 – Nè, tantomeno, può esservi spazio per la disapplicazione dell’atto ai sensi dell’art. 5 L.A.C..

Vi ostano, infatti, essenzialmente due ragioni. La prima è che il potere in questione non può essere esercitato ove sia parte in causa, come nella specie, la P.A. che quell’atto ha emesso; la seconda, è che l’atto disapplicando non deve porsi in diretta relazione col diritto azionato dinanzi al G.O., ma deve solo costituirne un mero presupposto logico. Si tratta di un principio consolidato, affermato da ultimo da Cass., Sez. Un., 6.2.2015, n. 2244, così massimata: “Il potere di disapplicazione dell’atto amministrativo illegittimo da parte del giudice ordinario non può essere esercitato nei giudizi in cui sia parte la P.A., ma unicamente nei giudizi tra privati e nei soli casi in cui l’atto illegittimo venga in rilievo, non già come fondamento del diritto dedotto in giudizio, bensì come mero antecedente logico, sicchè la questione venga a prospettarsi come pregiudiziale in senso tecnico”.

Al riguardo, è fuor di dubbio che nella specie, oltre alla condizione soggettiva che possa giustificare il potere di disapplicazione (la Regione Lazio è parte del giudizio ed è l’Ente che ha emesso l’atto che si assume illegittimo), difetti anche quella oggettivo-funzionale, dal momento che è proprio la D.G.R. n. 11310/1995 ad ostacolare la configurabilità del diritto all’accreditamento vantato dalla Panoramica, tanto è vero che, nella prospettazione della stessa ricorrente, la relativa domanda è formulata solo in subordine rispetto alla tesi principale, ossia quella dell’avvenuta demolizione dell’atto stesso per effetto di giudicato amministrativo: segno evidente che la sussistenza dell’atto amministrativo in discorso costituisce prima facie, e per la stessa ricorrente, motivo ostativo al sorgere del diritto per cui è causa.

4. – In conclusione, il ricorso deve essere respinto.

Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza.

In relazione alla data di proposizione del ricorso per cassazione (successiva al 30 gennaio 2013), può darsi atto dell’applicabilità del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater (nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17).

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese di lite, che liquida per ciascun controricorrente in Euro 10.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre accessori di legge. Si dà atto dell’applicabilità del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater (nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17).

La presente sentenza è stata redatta con la collaborazione del magistrato assistente di studio dr. S.S..

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Corte di cassazione, il 26 ottobre 2016.

Depositato in Cancelleria il 27 dicembre 2016

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