Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 27028 del 27/12/2016

Cassazione civile, sez. III, 27/12/2016, (ud. 21/10/2016, dep.27/12/2016),  n. 27028

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI AMATO Sergio – Presidente –

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Consigliere –

Dott. FRASCA Raffaele – Consigliere –

Dott. CIRILLO Francesco Maria – Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 4002/2014 proposto da:

C.M.A., L.P., elettivamente

domiciliati in ROMA, VIA QUINTINO SELLA, 41, presso lo studio

dell’avvocato MARGHERITA VALENTINI, rappresentati e difesi

dall’avvocato MASSIMILIANO DEL VECCHIO, giusta procura speciale in

calce al ricorso;

– ricorrenti –

contro

CA.AN.LI., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA VALADIER

53/5, presso lo studio dell’avvocato ROBERTO ALLEGRA, rappresentata

e difesa dall’avvocato BRUNO SEMERARO, giusta procura speciale a

margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 489/2013 della CORTE D’APPELLO SEZ. DIST. DI

TARANTO, depositata il 24/10/2013;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

21/10/2016 dal Consigliere Dott. MARCO ROSSETTI;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SERVELLO Gianfranco, che ha concluso per l’inammissibilità, in

subordine rigetto.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. Nel 1998 L.P. e C.M.A., dichiarando di agire ex art. 320 c.c., quali rappresentanti del figlio minore L.A., convennero dinanzi al Tribunale di Taranto Ca.An.Li..

Esposero che Ca.An.Li. era la loro domestica; che le era stato affidato, durante l’assenza dei genitori da casa, il loro figlio A. di 15 mesi; che A. nel (OMISSIS) si era ferito in due occasioni, durante il tempo nel quale era stato affidato alla domestica; che quest’ultima era responsabile dell’accaduto per non avere adeguatamente vegliato sul bambino.

Chiesero pertanto la condanna della convenuta al risarcimento dei danni patiti dal loro figlio minore.

Precisarono espressamente di avere agito solo quali rappresentanti del minore e di avere invocato la responsabilità extracontrattuale della convenuta.

2. Con sentenza 6.10.2008 n. 1737 il Tribunale di Taranto rigettò la domanda, ritenendo non provata la colpa della convenuta.

La sentenza venne appellata dai soccombenti, sempre nella qualità di genitori di L.A..

La Corte d’appello di Lecce, con sentenza 24.8.2013 n. 489, rigettò il gravame.

3. La sentenza d’appello è stata impugnata per cassazione da L.P. e C.M.A. (senza ulteriori specificazioni), con ricorso fondato su due motivi, ciascuno articolato in più censure.

Ha resistito con controricorso Ca.An.Li..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Inammissibilità del ricorso.

1.1. E’ superfluo dare conto del contenuto dei motivi del ricorso, in quanto quest’ultimo presenta una evidente ragione di inammissibilità, puntualmente eccepita dalla controricorrente.

Quest’ultima ha infatti rilevato come il ricorso per cassazione sia stato proposto da L.P. e C.M.A. in proprio, non quali rappresentanti del figlio minore (che comunque, essendo nato nel (OMISSIS), ha oggi 24 anni).

1.2. L’eccezione sollevata dalla controricorrente è fondata.

Nell’atto di citazione introduttivo del giudizio di primo grado, e nella memoria ex art. 183 c.p.c., ivi depositata, gli odierni ricorrenti hanno dichiarato di agire non in proprio, ma quali rappresentanti per legge del proprio figlio minore.

Tuttavia nè nella epigrafe del ricorso, nè nella procura alle liti, nè altrove, i ricorrenti hanno dichiarato di agire quali rappresentanti del figlio. Nè, del resto, avrebbero potuto, essendo divenuto L.A. maggiorenne nelle more del giudizio.

Ricorre dunque un difetto di legittimazione attiva (sostanziale) in senso proprio, avendo i ricorrenti fatto valere nei confronti della convenuta, in nome proprio, un diritto altrui.

2. Le spese.

2.1. Le spese del presente grado di giudizio vanno a poste a carico dei ricorrenti, ai sensi dell’art. 385 c.p.c., comma 1 e sono liquidate nel dispositivo.

2.2. Il rigetto del ricorso costituisce il presupposto, del quale si dà atto con la presente sentenza, per il pagamento a carico della parte ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater (nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17).

PQM

la Corte di cassazione:

(-) dichiara inammissibile il ricorso;

(-) condanna L.P. e C.M.A., in solido, alla rifusione in favore di Ca.An.Li. delle spese del presente grado di giudizio, che si liquidano nella somma di Euro 2.200, di cui Euro 200 per spese vive, oltre I.V.A., cassa forense e spese forfettarie D.M. 10 marzo 2014, n. 55, ex art. 2, comma 2;

(-) dà atto che sussistono i presupposti previsti dal D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, per il versamento da parte di L.P. e C.M.A., in solido, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile della Corte di Cassazione, il 21 ottobre 2016.

Depositato in Cancelleria il 27 dicembre 2016

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