Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2702 del 05/02/2010

Cassazione civile sez. I, 05/02/2010, (ud. 19/11/2009, dep. 05/02/2010), n.2702

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VITTORIA Paolo – Presidente –

Dott. SALVAGO Salvatore – Consigliere –

Dott. CECCHERINI Aldo – Consigliere –

Dott. DI PALMA Salvatore – Consigliere –

Dott. CULTRERA Maria Rosaria – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

COMUNE DI (OMISSIS) (c.f. (OMISSIS)), in persona del

Commissario Straordinario pro tempore, elettivamente domiciliato in

ROMA, LUNGOTEVERE FLAMINIO 46, presso GREZ GIAN MARCO, rappresentato

e difeso dall’avvocato QUINTO PIETRO, giusta procura a margine del

ricorso;

– ricorrente –

contro

R.M.G. (c.f. (OMISSIS)), elettivamente

domiciliata in ROMA, PIAZZA SALLUSTIO 9, presso lo STUDIO AVV.

SPALLINA BARTOLO, rappresentata e difesa dall’avvocato BACILE

PANTALEO, giusta procura a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 600/2003 della CORTE D’APPELLO di LECCE,

depositata il 28/10/2003;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

19/11/2009 dal Consigliere Dott. MARIA ROSARIA CULTRERA;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

PRATIS Pierfelice che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La Corte d’Appello di Lecce, in accoglimento dell’opposizione proposta, con atto del 6 maggio 1995 da R.M.G., alla stima di un terreno di sua proprietà censito in catasto fg.

(OMISSIS), collocato in zona normata e tipizzata (OMISSIS) nel territorio del Comune di (OMISSIS), che era stato occupato in via d’urgenza in forza di decreto del Commissario Straordinario dell’8.7.92, e quindi successivamente espropriato dal suddetto ente con decreto 15.10.97 per realizzare in loco l’asse viario di (OMISSIS), con sentenza n. 600 depositata il 28 ottobre 2003, ha determinato l’indennità d’espropriazione in eURO 33.121,65, basandosi sul valore venale di L. 94.000 a mq., accertato mediando tra metodo sintetico comparativo e metodo analitico moltiplicato per l’intera estensione del fondo, e non solo per la porzione ablata. Ha inoltre escluso la decurtazione del 40% prevista dalla L. n. 359 del 1992, art. 5 bis in ragione del fatto che il Comune aveva omesso sia il ricalcolo dell’indennità che il rinnovo dell’offerta.

Il Comune di (OMISSIS) ricorre per la cassazione della decisione con cinque motivi.

L’intimata ha resistito con controricorso. Entrambe le parti hanno depositato memorie difensive ai sensi dell’art. 378 c.p.c..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Il ricorrente denuncia:

1.- violazione dell’art. 112 c.p.c. per aver la Corte territoriale determinato le indennità spettanti all’istante in misura superiore alle somme espressamente richieste dall’attrice che le aveva quantificate in Euro 25.119,69, quanto all’indennità d’espropriazione ed in Euro 16.147,69, quanto all’indennità d’occupazione, attribuendo peraltro gli interessi, chiesti a far tempo dalla domanda ovvero dalla data del decreto d’occupazione definitiva, dalla data del 15.10.97 quanto alla prima indennità, e dall’8.7.92 sull’altra somma.

2.- violazione della L. n. 359 del 1992, art. 5 bis e correlato vizio d’omessa, contraddittoria ed insufficiente motivazione.

Ascrive alla Corte distrettuale d’aver fatto errata applicazione del metodo sintetico comparativo, aderendo acriticamente al criterio seguito dal c.t.u., pur in assenza del suo postulato, rappresentato dall’omogeneità tra l’area espropriata ed i fondi limitrofi posti a confronto, nonchè omesso esame dei suoi rilievi critici, che ne avevano evidenziate impraticabilità ed inutilizzabilità. Come emergeva dalle puntuali osservazioni esplicate dal suo consulente di parte nell’elaborato ritualmente sottoposto all’esame della Corte salentina, i terreni viciniori, il cui valore è stato assunto a comparazione, non avevano caratteristiche analoghe in termini urbanistici a quello ablato, poichè, al contrario di questo, erano t suscettibili di edificazione diretta, con superficie fondiaria già depurata dagli standards urbanistici per &r una percentuale del 55%.

Non erano pertanto ad esso omogenei.

Il c.t.u., e quindi il giudicante che ne ha condiviso metodo e conclusioni, avrebbero pertanto dovuto riferire il prezzo preso a base, nella misura accertata di L. 99.000 al mq, a superficie fondiaria pari al 45% della superficie territoriale, come stabilito dai prospetti per la definizione del Piani Particolareggiati risultanti dallo stralcio del Programma di Fabbricazione con Comparto (OMISSIS) interessato, allegato alla c.t.p., abbattendolo in proporzione, dunque riducendolo a L. 44.500 al mq..

Tale errore, non risulta peraltro emendato attraverso l’arbitraria depurazione del valore pieno attribuito al fondo dei costi d’urbanizzazione, spalmando tale incidenza sull’intera superficie e non solo sulla porzione ablata.

3.- violazione della L. n. 2359 del 1865 e correlato vizio di motivazione. Assume che, ancora una volta aderendo acriticamente alle conclusioni del c.t.u., il giudice di merito non ha concretamente valutato il reale valore differenziale delle aree non espropriate, limitandosi ad affermarne l’inutilizzabilità al cospetto della nuova forma triangolare assunta, abbinata alla consistenza superficiale ed alla loro discontinuità, stante la separazione della nuova strada.

4.- violazione della L. n. 359 del 1992, art. 5 bis e vizio di motivazione per non aver la Corte territoriale applicato la decurtazione del 40% prevista dalla norma in rubrica.

5.- analogo vizio in relazione al calcolo dell’indennità d’occupazione.

Il resistente replica alle censure rilevandone l’infondatezza, e deducendo in particolare l’inammissibilità del terzo mezzo, siccome teso ad un nuovo accertamento dei fatti.

Il secondo ed il terzo motivo, logicamente connessi e perciò meritevoli d’esame congiunto, meritano esame prioritario e devono essere dichiarati fondati.

La Corte territoriale ha determinato l’indennità d’espropriazione aderendo alle conclusioni del c.t.u., la cui indagine è stata rinnovata in fase di gravame, determinando in L. 94.000 al mq. il valore venale del fondo ablato, avente vocazione edificatoria in quanto inserito nel Programma di fabbricazione vigente sino al 28.11.2001 in zona (OMISSIS), mediando tra i risultati del metodo sintetico e di quello analitico che, adottati dall’ausiliare nel rispetto di ricerche di mercato ineccepibili con riguardo a suoli siti nella stessa zona, puntualmente indicati, hanno a suo avviso consentito di raggiungere risultati congrui. Ha quindi determinato l’indennità d’espropriazione per l’intera estensione del fondo di mq. 1.421, benchè fosse stato espropriato per una superficie ridotta di mq 931, poichè era stato interessato dall’opera realizzata in linea trasversale per l’intero, con relitti assolutamente inutilizzabili a fini edificatori.

Le osservazioni critiche mosse dal Comune, puntualmente riprodotte nel secondo motivo, alle quali la riferita trama motivazionale non fa cenno alcuno, evidentemente sono state dal giudicante del tutto ignorate, nonostante introducessero indagine su circostanza di fatto assolutamente decisiva.

Ed infatti, è pur vero che la comune incontroversa collocazione in zona (OMISSIS) nello strumento urbanistico delle aree considerate e di quella ablata ben poteva indurre la Corte all’adozione del metodo sintetico comparativo, che pur ha ritenuto di coniugare con i criteri applicativi di quello analitico. E tuttavia detto criterio, volto a desumere dall’analisi del mercato il valore commerciale del fondo, postula il preventivo motivato riscontro della rappresentatività dei dati utilizzati per la comparazione, e cioè l’accertamento che essi riguardino terreni muniti di caratteristiche analoghe, tanto con riferimento alla loro obiettiva natura ed ubicazione, quanto in relazione alla disciplina urbanistica cui sono soggetti (Cass. nn. 3175/2008; 12771/2007).

Nel caso, pacifico essendo che la vocazione edificatoria di un suolo discende dalla previsione del P.G.R. e non è subordinata all’adozione del Piano Particolareggiato, ovvero come assume la resistente del Piano Quadro, è del pari indiscutibile che l’effettiva potenzialità edificatoria va da un minimo (tendente a zero) ad un massimo, con una vasta gamma di situazioni quantitative intermedie su cui incide in misura determinante proprio l’edificabilità effettiva – quale attitudine del suolo ad essere sfruttato e concretamente destinato a fini edificatori¯^ Ed in merito ad essa rileva in primo luogo la volumetria edilizia esprimibile, la quale deve rispettare le disposizioni urbanistiche riguardanti altezze cubature, superfici coperte, distanze, zone di rispetto, nonchè gli indici di fabbricabilità della zona urbanistica, e deve essere calcolata al netto degli spazi assegnabili a “standards”, cui il proprietario è comunque tenuto nell’ipotesi di sfruttamento edificatorio (Cass. nn. 22961/2007, 18680/2005, 10265/2004, 16 710/2003). E per il suo apprezzamento assumono questa volta rilievo gli strumenti attuativi di terzo livello, che si è avanti detto essere invece inidonei ad incidere sul requisito dell’edificabilità legale dell’area. Consegue che laddove l’area, come quella in oggetto, non sia stata ancora interessata da strumenti attuativi particolareggiati, la stessa risente di margini d’incertezza più o meno ampi sull’ampiezza della sua utilizzazione futura: in quanto lo strumento attuativo può imprimervi parziale destinazione a spazi pubblici perciò riducendone il valore di mercato rispetto ad altre aree pur della medesima zona in relazione alle quali in attuazione del piano esecutivo detti spazi sono stati già scomputati ed il valore di mercato si è formato tenendone conto ed apprezzando, per converso, quale sia l’intera superficie effettivamente edificabile.

Tal è la situazione di fatto rappresentata dal Comune di (OMISSIS) nei rilievi mossi alla c.t.u. sopra riferiti, e del resto incontroversa. I terreni presi a raffronto sono già stati interessati dal piano attuativo, ed il loro valore venale, emergente dagli atti esaminati dal c.t.u., tiene conto della loro edificabilità effettiva, che non si riferisce ovviamente allo loro intera superficie. Diversa è la condizione del suolo espropriato che, omogeneo agli altri suoli nel senso che è conformemente ad essi normato, tuttavia non risultava all’epoca ancora depurato degli standards urbanistici; per cui detta circostanza, impedendo il riscontro della sua effettiva edificabilità, imponeva la valutazione della sua potenzialità edificatoria, in base alla seguente (ineludibile) alternativa: o ritenere che tale diversità di condizione era talmente determinante da escludere la rappresentatività dei terreni presi in comparazione dal c.t.u.. Ed allora la sentenza impugnata per applicare correttamente il metodo sintetico-comparativo, doveva fare riferimento a terreni anche sotto tale profilo omogenei, che ancora non avevano scontato gli spazi destinati a standards, e di cui il mercato immobiliare aveva pur tuttavia apprezzato il (minore) valore. Ovvero ritenere che gli elementi di omogeneità tra le due categorie di immobili fossero assolutamente prevalenti si da consentire comunque l’utilizzazione degli immobili presi in considerazione quale elemento di comparazione, per trame il valore di quello espropriato attraverso l’applicazione di un parametro correttivo che consentisse la determinazione della superficie effettivamente indennizzabile, quanto meno alla stregua della percentuale degli standards urbanistici già recepiti in relazione ai terreni viciniori, giusta i Piani attuativi già per questi adottati.

Questa seconda opzione imponeva, quindi, alla Corte territoriale la correzione del valore unitario accertato, che il c.t.u. aveva determinato in relazione alle aree per le quali erano stati individuati ed organizzati gli spazi per i servizi pubblici, in relazione alle diverse caratteristiche del suolo ablato, che tenesse conto della sua presumibile effettiva edificabilità, e quindi apportasse riduzione, non necessariamente rigidamente proporzionata alla percentuale d’incidenza degli oneri urbanistici da cui erano stati gravati gli altri suoli, ma comunque tenendone conto, quanto meno, in via sintomatica e presuntiva.

Ed in effetti proprio questa alternativa è stata seguita dalla sentenza impugnata, che ha tuttavia adottato un parametro correttivo, basato invece sulla quantificazione in numerario degli oneri d’urbanizzazione, del tutto arbitrario oltre che assolutamente illogico. Arbitrario perchè, utilizzato dal c.t.u. ed acriticamente applicato dalla Corte territoriale, ha portato ad una determinazione del costo unitario degli oneri d’urbanizzazione in L. 4.456 al mq.

detratto dal valore venale attribuito al suolo in L. 99.000 al mq., perciò ridotto ad un valore di L. 94.000, di cui non viene fornita alcuna spiegazione in motivazione, nè sulle ragioni fondanti nè in ordine al criterio applicativo. Illogico perchè il prezzo unitario in tal modo accertato non si discosta sostanzialmente da quelli presi in comparazione (L. 94.000/99.000), malgrado quello espropriato fosse sfruttabile soltanto nella misura del 45% rispetto a questi ultimi, e non fossero indicati ulteriori elementi che ne compensassero in tutto o in parte tale assai inferiore volumetria edificabile perchè il prezzo di L..94.000 mq. così determinato, è stato poi applicato all’intera superficie, invocando il dettato della L. n. 2359 del 1865, art. 40 sicuramente applicabile in tesi, ma senza tener conto del fatto che l’attrazione dell’intera estensione dei relitti risultati inutilizzabili alla superficie del suolo ha consentito il recupero integrale anche delle percentuali presumibilmente riservate agli standards pubblici.

Nel caso concreto, infatti, si muoveva dalla circostanza che il terreno R. non avesse ancora scontato gli oneri imposti dallo strumento urbanistico attuativo, che comportavano una perdita della sua superficie edificabile pari circa al 55%, per cui non bastava stabilire che i relitti avessero perduto la loro edificabilità effettiva, ma occorreva accertare se tale perdita era indipendente dall’espropriazione e dovuta alla loro inclusione nella quota suddetta destinata a standards; ovvero se avessero conservato pur dopo lo scomputo una sia pur ridotta edificabilità, che restava – essa sola – indennizzabile, perchè eliminata dal loro distacco dalla porzione del terreno espropriata.

Le censure esposte nei motivi esaminati meritano pertanto accoglimento.

In relazione al quarto motivo, devesi rilevare che il criterio di calcolo riduttivo di cui alla L. n. 359 del 1992, art. 5 bis che il Comune di (OMISSIS) assume applicabile nella specie e che i giudici d’appello non hanno invece recepito, non è più applicabile.

La Corte Costituzionale, infatti, con la nota sentenza 348 del 2007 ne ha dichiarato l’illegittimità costituzionale in quanto la falcidia ivi prevista è in contrasto con gli obblighi internazionali sanciti dall’art. 1 del Protocollo addizionale alla CEDU e per ciò stesso viola l’art. 117 Cost., comma 1. Di qui il ripristino dell’originario criterio di stima dell’indennizzo corrispondente al valore venale pieno dell’immobile espropriato di cui la Corte territoriale deve pertanto tener conto: non certamente nel senso di aumentare il quantum dell’indennità o di determinarla secondo il parametro della L. n. 2359 del 1865, art. 39 poichè manca un’impugnazione dell’espropriato in ordine all’entità della somma attribuita dal giudice di merito. Ma nel senso che il giudice di rinvio ben può correggere ed integrare la motivazione, specificando che non è più applicabile il criterio riduttivo introdotto dall’art. 5 bis, perchè dichiarato incostituzionale e modificato dalla nuova formulazione del T.U. appr. con D.P.R. n. 327 del 2001, art. 55 ed escludere in tutto o in parte in nome del nuovo criterio più vantaggioso per il proprietario, la riduzione della indennità richiesta dalla controparte (pur se questa ne avesse avuto diritto in base al previgente meccanismo riduttivo). Restando comunque fermo il limite massimo di stima del fondo espropriato e della relativa indennità fissato dalla Corte di appello. Il primo ed il quinto motivo restano assorbiti. Tanto premesso la decisione impugnata deve essere cassata in relazione ai motivi accolti con rinvio degli atti alla Corte territoriale che dovrà liquidare l’indennità d’espropriazione sulla base del valore venale pieno del fondo ablato di proprietà della R., determinato secondo il criterio sintetico comparativo prescelto, ma correggendolo proporzionando la superficie espropriata alla riscontrata percentuale d’effettiva edificabilità del suolo ablato, ricavata dalla percentuale presumibilmente destinata secondo i piani attuativi agli standards urbanistici, e provvederà altresì al governo delle spese del presente giudizio.

P.Q.M.

Accoglie il secondo e terzo motivo del ricorso. Rigetta il quarto e dichiara assorbiti gli altri. Cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia anche per le spese della presente fase di legittimità alla Corte d’appello di Lecce in diversa composizione.

Così deciso in Roma, il 19 novembre 2009.

Depositato in Cancelleria il 5 febbraio 2010

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