Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 27013 del 27/12/2016


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Cassazione civile, sez. III, 27/12/2016, (ud. 24/06/2016, dep.27/12/2016),  n. 27013

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI AMATO Sergio – Presidente –

Dott. OLIVIERI Stefano – Consigliere –

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – rel. Consigliere –

Dott. RUBINO Lina – Consigliere –

Dott. CIRILLO Francesco Maria – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 23243/2013 proposto da:

S.V., (OMISSIS), S.R. (OMISSIS),

S.G. (OMISSIS), quali eredi del Sig. S.P.S.,

elettivamente domiciliati in ROMA, VIALE ANGELICO 38, presso lo

studio dell’avvocato ELENA ALLOCCA, che li rappresenta e difende

giusta procura speciale a margine del ricorso;

– ricorrenti –

contro

UNIVERSITA’ CATTOLICA SACRO CUORE;

– intimata –

avverso la sentenza n. 4288/2012 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 13/09/2012;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

24/06/2016 dal Consigliere Dott. LUIGI ALESSANDRO SCARANO;

udito l’Avvocato STELVIO DEL FRATE per delega;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

PATRONE Ignazio, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza del 13/9/2012 la Corte d’Appello di Roma, in accoglimento del gravame interposto dell’Università Cattolica del Sacro Cuore e in conseguente riforma della pronunzia Trib. Roma 19/6/2003, ha condannato il sig. S.P.S. al pagamento in favore della prima di somma a titolo di restituzione di canoni indebitamente percepiti per la locazione dell’appartamento sito in (OMISSIS) relativamente al periodo 1/8/1984 – 31/12/1993 e gennaio – ottobre 1993, all’esito di declaratoria di nullità del testamento olografo del (OMISSIS) che nominava quest’ultimo come erede, e di validità del testamento del (OMISSIS) che istituiva viceversa l’Università quale unica erede.

Avverso la suindicata pronunzia della corte di merito i sigg. S.V., G. e R., eredi del sig. P.S. nelle more deceduto, propongono ora ricorso per cassazione, affidato a 3 motivi.

L’intimata non ha svolto attività difensiva.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il 1 motivo i ricorrenti denunziano “violazione e falsa applicazione” degli artt. 112, 189 c.p.c., art. 2697 c.c., in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3; nonchè “omessa e/o insufficiente e/o contraddittoria motivazione” su punto decisivo della controversia, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.

Con il 2 motivo denunziano “violazione e falsa applicazione” dell’art. 112 c.p.c., in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3; nonchè “omessa ed insufficiente” motivazione su punto decisivo della controversia, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.

Si dolgono che la corte di merito abbia erroneamente affermato che “la domanda di restituzione dei frutti non sarebbe quella con cui è stato introdotto il presente giudizio, ma la precedente domanda di cui all’atto di citazione notificato il 10.05.1984 e con la quale la resistente aveva chiesto al Tribunale il riconoscimento della sua qualità di erede e l’annullamento, per incapacità di intendere e di volere del testatore Dott. St.Gi., del testamento olografo del (OMISSIS) con il quale il de cuius aveva nominato erede il ricorrente (cfr. conclusioni di cui al giudizio 16975/84 conclusosi con sentenza n. 4095 del 6.2 – 21.3.1991)”.

Lamentano che la corte di merito ha erroneamente ritenuto che “l’obbligo di restituzione dei frutti dovesse prendere necessariamente data dall’atto introduttivo del primo giudizio, perchè… l’originaria domanda non conteneva la richiesta di restituzione dei frutti. Con la conseguenza che tale domanda non poteva essere accolta essendo pacifico in causa che il ricorrente non aveva più percepito i frutti della res (di cui aveva in buona fede acquistato il possesso) da data anteriore a quella di proposizione della domanda di restituzione dei frutti”.

Si dolgono non essersi dalla corte di merito considerato che “se come sostiene il giudice dell’appello la domanda di restituzione dei frutti era ricompresa in quella di restituzione dei beni, la Università Cattolica avrebbe dovuto proporre appello incidentalmente avverso la sentenza del Tribunale di Roma del 21.3.1991 appellata dal ricorrente”.

Lamentano che “la domanda giudiziale alla cui data deve aversi riguardo per la decorrenza dell’obbligo del S. di restituire i frutti della cosa, è solo la seconda…, atteso che nell’originario giudizio si chiedeva esclusivamente il riconoscimento della qualità di erede dell’Università Cattolica, nella quale trova ingresso anche la domanda di restituzione della res, ma non anche quella dei frutti”.

I motivi, che possono congiuntamente esaminarsi in quanto connessi, sono in parte inammissibili e in parte infondati.

Sono inammissibili nella parte in cui risulta formulata una denunzia di vizio di motivazione sostanziantesi nella relativa insufficienza o contraddittorietà, invero non più denunciabile quale vizio per cassazione alla stregua della vigente formulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, nel caso ratione temporis applicabile (cfr. Cass, Sez. Un., 7/4/2014, n. 8053).

Sono infondati nella parte relativa alla restituzione dei canoni di locazione.

Atteso che l’art. 535 c.c., rinvia alle disposizioni sul possesso in ordine alla restituzione di spese, miglioramenti, addizioni, nonchè dei frutti (tra i quali rientrano indubbiamente i frutti civili costituiti da parte dei canoni di locazione (cfr. Cass., 29/8/2014, n. 18445; Cass., 5/9/2013, n. 20394. E già Cass., 26/11/1980, n. 6275), da parte del possessore di beni ereditari convenuto in petizione di eredità (v. Cass., 14/1/2014, n. 640), va ribadita l’ammissibilità della domanda di petizione dall’erede proposta successivamente al passaggio in giudicato della sentenza di riconoscimento del proprio status nei confronti del possessore dei beni ereditari (cfr. Cass., 5/9/2012, n. 14917).

Si è da questa Corte al riguardo altresì precisato che, differendo la petizione di eredità dall’azione di accertamento della qualità di erede, in quanto pur condividendo l’accertamento della qualità ereditaria la prima è azione necessariamente recuperatoria (volta ad ottenere la restituzione dei beni ereditari da chi li possegga a titolo di erede o senza titolo) mentre l’altra è azione essenzialmente dichiarativa, allorquando come nella specie l’azione di accertamento della qualità di erede proposta nei confronti di chi possegga i beni ereditari a titolo di erede risulti corredata (anche) dalla domanda di corresponsione dei relativi frutti essa va propriamente qualificata (non già come petitio hereditatis bensì) azione di accertamento con domanda accessoria di condanna (v. Cass., 31/1/2014, n. 2148).

Orbene, dei suindicati principi la corte di merito ha nell’impugnata sentenza fatto invero sostanzialmente corretta applicazione.

In particolare là dove, premesso che la domanda posta a base del presente giudizio di restituzione introdotto con citazione notificata nell’ottobre 2000 è stata proposta all’esito della pronunzia Trib. Roma 21/3/1991, poi confermata dalla Corte d’Appello di Roma, di accertamento della nullità del testamento olografo del 22/10/1983, che aveva istituito erede il sig. S.P.S. e di validità viceversa del testamento olografo del (OMISSIS), recante l’istituzione quale unica erede dell’originaria attrice ed odierna intimata Università, ha accertato che nel caso la domanda di restituzione dei frutti è “stata, in buona sostanza, proposta con la richiesta giudiziaria di riconoscimento della qualità di erede a suo tempo avanzata dinanzi al Tribunale di Roma, 10/5/84”.

Con il 3 motivo i ricorrenti denunziano “violazione e falsa applicazione” degli artt. 115, 116 c.p.c., art. 87 disp. att. c.p.c., in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3; nonchè “omessa e/o insufficiente e/o contraddittoria motivazione” su punto decisivo della controversia, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.

Si dolgono che “come risulta dal certificato storico di residenza del ricorrente, lo stesso alla data del 16.10.2000 era residente in (OMISSIS), dove veniva poi notificato l’atto di riassunzione. Per cui è pacifico che a quella data il S. era già residente in (OMISSIS) ed era pertanto qui che doveva essere notificato l’atto introduttivo”.

Il motivo è inammissibile.

A parte il rilievo che giusta principio consolidato nella giurisprudenza di legittimità la violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., è apprezzabile, in sede di ricorso per cassazione, nei limiti del vizio di motivazione di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 – e non anche in termini di violazione di legge come dagli odierni ricorrenti viceversa prospettato, dovendo emergere direttamente dalla lettura della sentenza e non già dal riesame degli atti di causa, inammissibile in sede di legittimità, va osservato che il motivo si appalesa formulato in violazione dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6.

In particolare, il suindicato “certificato storico di residenza del ricorrente” risulta invero dai ricorrenti meramente richiamato, e non anche debitamente – per la parte d’interesse in questa sede – riprodotto nel ricorso, nè risultano d’altro canto fornite puntuali indicazioni necessarie ai fini della relativa individuazione, con riferimento alla sequenza dello svolgimento del processo inerente alla documentazione come pervenuta presso la Corte di Cassazione, al fine di renderne possibile l’esame (v., da ultimo, Cass., 16/3/2012, n. 4220), con precisazione (anche) dell’esatta collocazione nel fascicolo d’ufficio o in quello di parte, e se esso sia stato rispettivamente acquisito o prodotto (anche) in sede di giudizio di legittimità (v. Cass., 23/3/2010, n. 6937; Cass., 12/6/2008, n. 15808; Cass., 25/5/2007, n. 12239, e, da ultimo, Cass., 6/11/2012, n. 19157), la mancanza anche di una sola di tali indicazioni rendendo il ricorso inammissibile (cfr., da ultimo, Cass., Sez. Un., 19/4/2016, n. 7701).

A tale stregua, stante l’apoditticità della relativa formulazione, i ricorrenti non deducono la censura in modo da renderla chiara ed intellegibile in base alla lettura del solo ricorso, non ponendo questa Corte nella condizione di adempiere al proprio compito istituzionale di verificare il relativo fondamento sulla base delle sole deduzioni contenute nel medesimo, alle cui lacune non è possibile sopperire con indagini integrative, non avendo la Corte di legittimità accesso agli atti del giudizio di merito.

All’infondatezza e inammissibilità dei motivi consegue il rigetto del ricorso.

Non è peraltro a farsi luogo a pronunzia in ordine alle spese del giudizio di cassazione, non avendo l’intimata svolto attività difensiva.

La Corte rigetta il ricorso.

PQM

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, come modif. dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte dei ricorrenti dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, il 24 giugno 2016.

Depositato in Cancelleria il 27 dicembre 2016

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