Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 27012 del 23/10/2019
Cassazione civile sez. VI, 23/10/2019, (ud. 30/05/2019, dep. 23/10/2019), n.27012
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE T
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MOCCI Mauro – rel. Presidente –
Dott. CONTI Roberto Giovanni – Consigliere –
Dott. LA TORRE Maria Enza – Consigliere –
Dott. DELLI PRISCOLI Lorenzo – Consigliere –
Dott. CAPOZZI Raffaele – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 4963-2018 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE, C.F. (OMISSIS), in persona del legale
rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA
DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la
rappresenta e difende ope legis;
– ricorrente –
contro
H.R., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEGLI SCIPIONI
256-B, presso lo studio dell’avvocato ALESSANDRO ORSINI, che lo
rappresenta e difende;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 6726/15/2017 della COMMISSIONE TRIBUTARIA
REGIONALE del LAZIO, depositata il 20/11/2017;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non
partecipata del 30/05/2019 dal Presidente Relatore Dott. MAURO
MOCCI.
Fatto
RILEVATO
che l’Agenzia delle Entrate propone ricorso per cassazione nei confronti della sentenza della Commissione tributaria regionale del Lazio che aveva respinto il suo appello contro la decisione della Commissione tributaria provinciale di Latina. Quest’ultima aveva accolto il ricorso di H.R., in ordine ad un diniego di rimborso per IRPEF, relativo all’anno 2006.
Diritto
CONSIDERATO
che il ricorso dell’Agenzia delle Entrate è articolato in due motivi;
che, attraverso il primo, la ricorrente denuncia la violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 56, e art. 112 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4;
che la sentenza impugnata avrebbe deciso il caso di specie, riferendosi ad una questione (l’indebito relativo all’acconto che si profilerebbe solo in sede di saldo) proposta nel ricorso originario del contribuente, ritenuta assorbita dalla CTP ma non riproposta con le controdeduzioni in appello;
che, mediante il secondo, l’Agenzia assume la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, artt. 38 e 21, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, giacchè la CTR avrebbe erroneamente ritenuto di dover computare il termine di decadenza dalla data del saldo e non da quello dell’acconto, trattandosi dell’ipotesi in cui, già al momento del versamento, era chiaro come il tributo non fosse dovuto o lo fosse solo in parte;
che l’intimato ha resistito con controricorso;
che la prima censura è fondata;
che nel processo tributario, il D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 56, impone la specifica riproposizione in appello, in modo chiaro ed univoco, sia pure per relationem, delle questioni non accolte dalla sentenza di primo grado, siano esse domande o eccezioni, sotto pena di definitiva rinuncia, sicchè non è sufficiente il generico richiamo del complessivo contenuto degli atti della precedente fase processuale (Sez. 6-5, n. 30444 del 19/12/2017);
che, in particolare – essendo la motivazione della CTR stata fondata sulla tesi che l’indebito relativo all’acconto, in qualche modo caratterizzato dalla provvisorietà, non avrebbe potuto costituire dies a quo per il termine di decadenza – i giudici di appello hanno statuito su una questione che non era stata loro devoluta, incorrendo così in vizio di extrapetizione;
che anche il secondo rilievo è fondato;
che la disciplina del rimborso d’imposta di cui al D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, art. 38, riporta l’ipotesi in cui il relativo versamento non sia dovuto “ab origine”, mentre quando il diritto alla restituzione sia sorto solo in data posteriore a quella del pagamento della stessa trova applicazione il D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 21, comma 2, avente carattere residuale e di chiusura del sistema, secondo il quale l’istanza di rimborso può essere presentata entro due anni dal giorno in cui si è verificato il presupposto per la restituzione (Sez. 6-5, n. 82 del 07/01/2014);
che, a fronte del principio di cui sopra, la CTR non ha minimamente giustificato la scelta del termine a quo;
che, pertanto, in accoglimento del ricorso la sentenza va cassata ed il giudizio rinviato alla CTR Lazio, in diversa composizione, affinchè si attenga agli enunciati principi e si pronunzi anche con riguardo alle spese del giudizio di cassazione.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione Regionale del Lazio, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, il 30 maggio 2019.
Depositato in Cancelleria il 23 ottobre 2019