Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2701 del 02/02/2017


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Cassazione civile, sez. III, 02/02/2017, (ud. 23/11/2016, dep.02/02/2017),  n. 2701

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMBROSIO Annamaria – Presidente –

Dott. ARMANO Uliana – Consigliere –

Dott. SESTINI Danilo – Consigliere –

Dott. GRAZIOSI Chiara – Consigliere –

Dott. BARRECA Giuseppina Luciana – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 30008/2014 proposto da:

C.A., elettivamente domiciliato in ROMA, V.LE DELLE

MILIZIE 38, presso lo studio dell’avvocato GIUSEPPE APRILE,

rappresentato e difeso dall’avvocato PROSPERO PIZZOLLA, giusta

procura speciale a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

O.L., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CALABRIA 56,

presso lo studio dell’avvocato GIOVANNI D’AMATO, rappresentato e

difeso dall’avvocato MARIO MASCOLO, giusta procura speciale a

margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 3368/2013 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

depositata il 08/10/2013;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

23/11/2016 dal Consigliere Dott. GIUSEPPINA LUCIANA BARRECA;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. DE

MASELLIS Mariella, che ha concluso per l’inammissibilità.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1.- O.L. adiva il Tribunale di Napoli con ricorso dell’8 aprile 2006, convenendo in giudizio C.A., per ottenere la condanna di quest’ultimo alla restituzione della somma di Euro 99.368,46, che asseriva indebitamente corrisposta a titolo di canoni, in relazione ad un appartamento di proprietà della madre del C., T.A. ved. C., preso in locazione dallo stesso O., in data 16 settembre 1994, per le esigenze abitative della propria madre, P.M.. Il ricorrente – dopo aver esposto che la locatrice aveva preteso che nel contratto fosse indicata una destinazione dell’immobile ad uso diverso dalla prima abitazione per ottenere un canone ultralegale, pur sapendo che l’appartamento sarebbe stato destinato ad uso abitativo della madre dell’ O., morta il (OMISSIS), e dopo aver precisato che, essendo deceduta anche la locatrice, le era succeduto il figlio C.A. – concludeva chiedendo che fosse accertato e dichiarato che la destinazione dell’immobile era quella abitativa e soggetta alla L. n. 392 del 1978; che fosse dichiarata la simulazione parziale oggettiva del contratto e fossero dichiarati nulli i patti che prevedevano canoni eccedenti quello equo, con condanna del C. alla restituzione dell’eccedenza, a titolo di indebito percepito per i maggiori canoni ricevuti prima dalla madre e poi da lui direttamente.

Si costituiva C.A., resistendo alla domanda e negando che il contratto fosse destinato ad abitazione principale, eccependo comunque la prescrizione ordinaria decennale per le somme antecedenti al decennio e la propria legittimazione passiva nei limiti della quota, quale erede nella sola misura di un terzo della propria madre, morta il (OMISSIS); deduceva che nulla era dovuto per l’epoca posteriore alla di lei morte e formulava domanda riconvenzionale per la dichiarazione di scadenza contrattuale al 4 agosto 2006 e per la condanna ai danni ed al ripristino dell’immobile.

Il Tribunale di Napoli, con sentenza n. 10637/2011, ritenendo che parte conduttrice effettiva del contratto di locazione non fosse l’ O., ma la di lui madre, per le esigenze abitative di quest’ultima, e che il contratto fosse soggetto alla legge sull’equo canone, condannava il resistente C. al pagamento, quale erede di T.A. (nella quota pari ad un terzo) ed in proprio (per il periodo successivo alla morte della madre, avendo acquisito per testamento la proprietà esclusiva dell’immobile locato), della somma complessiva di Euro 45.841,58, a titolo di indebito, in favore di O.L.; dichiarava cessata la materia del contendere sulla data di cessazione della locazione (essendo stato l’immobile rilasciato nel febbraio 2008); rigettava le domande riconvenzionali e compensava le spese del grado.

2.- Con la sentenza qui impugnata, pubblicata l’8 ottobre 2013, la Corte d’appello di Napoli, pronunciando sull’appello principale dell’ O. e sull’appello incidentale del C., ha dichiarato la nullità della sentenza di primo grado per la mancata integrazione del contraddittorio nei confronti degli altri coeredi di T.A. vedova C., rimettendo le parti davanti al primo giudice ai sensi dell’art. 354 c.p.c., comma 1 e compensando le spese del grado.

La Corte d’appello ha ritenuto, d’ufficio, che, avendo il ricorrente richiesto l’accertamento in via principale della simulazione oggettiva del contratto di locazione, avrebbe dovuto chiamare in giudizio tutti gli eredi della originaria locatrice, T.A. e non soltanto il figlio C.A., essendo succedute anche altre eredi, precisamente l’altra figlia C.G. e le nipoti Te.Ca. e Fr., figlie della figlia premorta della locatrice, C.E..

3.- La sentenza è impugnata da C.A. con un unico motivo, illustrato da memoria.

O.L. si difende con controricorso e memoria.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1.- Vanno disattese le eccezioni preliminari del resistente in merito alla tardività della notificazione del ricorso ed all’inammissibilità per irregolarità della procura speciale.

Quanto alla prima, è sufficiente osservare che il ricorso è stato consegnato agli ufficiali giudiziari in data 24 novembre 2014 (lunedì); che la sentenza è stata pubblicata l’8 ottobre 2013; che, non essendo stata notificata, ed essendo iniziato il giudizio prima del 4 luglio 2009, il termine annuale dell’art. 327 c.p.c. (nel testo applicabile ratione temporis), scadeva il 23 novembre 2014, applicandosi la sospensione dei termini nel periodo feriale; che essendo la scadenza in giorno festivo (domenica), è tempestivo il ricorso presentato per la notificazione il giorno feriale successivo.

1.1.- Quanto alla seconda, va ribadito il principio di diritto per il quale “L’art. 83 c.p.c., comma 3, nell’attribuire alla parte la facoltà di apporre la procura in calce o a margine di specifici e tipici atti del processo, fonda la presunzione che il mandato così conferito abbia effettiva attinenza al grado o alla fase del giudizio cui l’atto che lo contiene inerisce, per cui la procura per il giudizio di cassazione rilasciata in calce o a margine del ricorso, in quanto corpo unico con tale atto, garantisce il requisito della specialità del mandato al difensore, al quale, quando privo di data, deve intendersi estesa quella del ricorso stesso, senza che rilevi l’eventuale formulazione genericamente omnicomprensiva (ma contenente comunque il riferimento anche alla fase di cassazione) dei poteri attribuiti al difensore, tanto più ove il collegamento tra la procura e il ricorso per cassazione sia reso esplicito attraverso il richiamo ad essa nell’intestazione dell’atto di gravame” (così, da ultimo, Cass. n. 15538/15, secondo l’orientamento consolidato, richiamato anche nella memoria di parte ricorrente).

Poichè la procura speciale risponde ai requisiti di cui sopra, il ricorso è ammissibile.

2.- L’unico motivo di ricorso si articola in più censure così rubricate: “violazione e falsa applicazione delle norme di cui agli artt. 1344, 1414, 1417, 1419, 2033 e 2909 c.c.; L. 27 luglio 1978, n. 392, artt. 1, 12 e segg. e art. 79; artt. 99, 102, 112 c.p.c. e art. 183 c.p.c., comma 4, artt. 276, 354 e 447 bis c.p.c.; omessa insufficiente motivazione su fatto controverso e decisivo per il giudizio: art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5”.

Il ricorrente censura la sentenza impugnata perchè la Corte d’appello “ha completamente omesso l’esame sia della questione dell’avvenuta proposizione o meno della domanda di simulazione soggettiva da parte di O.L., sia della sua ammissibilità in corso di causa, senza che si fosse violato il disposto dell’art. 112 c.p.c.” ovvero il disposto dell’art. 102 c.p.c.. Sostiene che la Corte territoriale, rilevando il difetto del contraddittorio perchè ha ritenuto che il ricorrente in primo grado avesse formulato una domanda di simulazione parziale oggettiva del contratto, avrebbe sovvertito il principio del tantum devolutum quantum appellatum; che, invece, si sarebbe dovuta pronunciare in via pregiudiziale o sul motivo di appello incidentale concernente la violazione degli artt. 99 e 112 c.p.c. (gravame, che il C. aveva formulato in riferimento alla domanda, e correlata pronuncia, di “simulazione soggettiva”) o sul motivo subordinato di appello incidentale, concernente la violazione del contraddittorio in riferimento all’asserita “simulazione soggettiva”, come da richiamata giurisprudenza in tema di interposizione fittizia di persona, che richiede la presenza nel giudizio di tutte le parti, ed in specie di interposto ed interponente (gravame, che il C. aveva formulato in riferimento alla mancata estensione del giudizio nei confronti di tutti gli eredi di P.M., ritenuta dal primo giudice effettiva conduttrice dell’appartamento, perciò interponente).

3.- Il ricorso non merita accoglimento.

Risulta dagli atti che, nell’introdurre il giudizio, O.L. formulò, tra le altre, la domanda di accertamento della simulazione parziale oggettiva del contratto di locazione, perchè le parti contraenti, pur consapevoli della destinazione ad uso abitativo primario della madre dell’ O., avrebbero simulato un uso diverso.

A fronte di questa domanda, è corretta la decisione, assunta d’ufficio dalla Corte d’appello, di dichiarazione di nullità della sentenza di primo grado per difetto di contraddittorio. Il Tribunale infatti, dichiarando la natura abitativa del contratto di locazione, ha finito per accogliere la domanda di simulazione oggettiva.

Ritenendo che questa pronuncia dovesse essere presa nei confronti di tutti gli eredi della originaria locatrice, deceduta nella vigenza del contratto simulato, la Corte d’appello ha fatto corretta applicazione sia della regola per la quale la fattispecie della simulazione, sia essa assoluta o relativa, integra una ipotesi di litisconsorzio necessario tra le parti del contratto nel caso in cui il relativo accertamento risulti proposto in via principale (cfr. Cass. n. 4901/07; cfr. anche Cass. n. 4917/11) sia di quella per la quale il contraddittorio nel giudizio tra tutti partecipanti, od i loro eredi, all’atto impugnato per simulazione è necessario quando la nullità che ne deriva all’atto venga posta a fondamento dell’azione e non quando il suo accertamento formi oggetto di una mera eccezione e debba essere effettuato in via incidentale e senza efficacia di giudicato (Cass. n. 3474/08).

Contrariamente a quanto si assume in ricorso, nel caso di specie, non si tratta di decidere soltanto dell’azione di ripetizione di indebito esercitata nei confronti di uno degli eredi dell’originaria locatrice, coobbligati pro-quota alla relativa restituzione, ma di accertare, con efficacia di giudicato, la simulazione del contratto di locazione (quanto alla dichiarazione di uso diverso da quello di abitazione primaria), facendo conseguire a questo accertamento la restituzione dell’indebito costituito dai canoni eccedenti la misura legale (cfr. Cass. n. 26414/08, n. 4484/09, n. 12988/10, n. 16797/15). D’altronde, il ricorso non contiene alcuna censura specificamente rivolta avverso l’affermazione del giudice d’appello secondo cui la domanda di simulazione oggettiva è stata avanzata in via principale, con richiesta di accertamento avente efficacia di giudicato.

Il giudizio si sarebbe perciò dovuto svolgere nei confronti degli eredi dell’originaria parte locatrice.

3.1.- Destituiti di fondamento sono i rilievi, su cui il ricorso si fonda, in merito all’asserita pregiudizialità della decisione sull’uno o sull’altro dei motivi dell’appello incidentale. Entrambi investivano la statuizione di “simulazione soggettiva”, o meglio di interposizione fittizia, adottata dal Tribunale contestualmente a quella di simulazione oggettiva parziale.

Orbene, risulta dal ricorso, oltre che dalla sentenza e dal controricorso, che l’originaria domanda del ricorrente era costituita dalla richiesta di restituzione dei canoni versati in eccesso, nel presupposto della simulazione oggettiva parziale del contratto di locazione, la cui dichiarazione è stata pure espressamente richiesta. Rispetto a questa domanda, la Corte di merito ha rilevato il difetto di integrità del contraddittorio, per le ragioni anzidette, nei confronti dei soggetti da convenire in giudizio da parte dell’originario ricorrente (impregiudicata ogni questione in merito all’integrità del contraddittorio dal lato attivo).

La questione dell’integrità del contraddittorio dal lato passivo riveste, nel caso in esame, carattere assolutamente pregiudiziale, rispetto ad ogni altra questione, anche ove questa si configuri, a sua volta, come questione pregiudiziale (cfr. Cass. S.U. n. 22776/12, che ha affermato il principio in riferimento alla questione di giurisdizione).

In particolare, anche l’esame delle questioni poste con i motivi dell’appello incidentale – ed in specie delle questioni riguardanti la sussistenza o meno di un’interposizione fittizia di persona e/o l’avvenuta proposizione della relativa domanda o la sua proponibilità in corso di causa e/o la necessità di integrare (ulteriormente) il contraddittorio da lato attivo in riferimento a siffatta domanda – presuppone pur sempre l’instaurazione di un contraddittorio effettivo sulla domanda di simulazione oggettiva avanzata in via principale.

Si rivelano peraltro infondati i rilievi del resistente riguardo ad un asserito rigetto implicito dei motivi di appello incidentale. Questi non sono stati affatto esaminati dal giudice di secondo grado, in corretto ossequio al disposto dell’art. 354 c.p.c., comma 1.

3.2.- Giova precisare altresì che non vi è luogo a dibattere – come fa il ricorrente ed, in parte, anche il resistente – su possibili effetti di giudicato (interno) della sentenza di primo grado, poichè questi sono completamente impediti, sotto qualsivoglia profilo, dalla ritenuta, e qui confermata, nullità della decisione del Tribunale. Ed invero, il difetto di integrità del contraddittorio determina la nullità assoluta del procedimento e della sentenza, rilevabile anche d’ufficio in ogni stato e grado del processo, quindi sempre rilevabile dal giudice d’appello ed, ove risulti ex actis, anche in sede di legittimità (cfr., tra le tante, Cass. n. 23765/08, n. 11315/09, ord. n. 3024/12), con conseguente necessità di rimessione al primo giudice (se il difetto di contraddittorio risalga al primo grado di giudizio).

In conclusione, il ricorso va rigettato.

Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, sussistono i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

PQM

La Corte rigetta il ricorso.

Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida, in favore del resistente, nella somma complessiva di Euro 5.400,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre rimborso spese generali, IVA e CPA come per legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si dà atto che sussistono i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 23 novembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 2 febbraio 2017

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