Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 27009 del 26/11/2020
Cassazione civile sez. VI, 26/11/2020, (ud. 05/11/2020, dep. 26/11/2020), n.27009
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 3
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DE STEFANO Franco – Presidente –
Dott. SCODITTI Enrico – Consigliere –
Dott. POSITANO Gabriele – Consigliere –
Dott. DELL’UTRI Marco – rel. Consigliere –
Dott. TATANGELO Augusto – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 26029-2019 proposto da:
M.M., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR,
presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dagli avvocati
BENEDETTO GIORDANO, ROBERTO BOLOGNESI, NICOLA DI PIERRO;
– ricorrente –
contro
P.S.;
– intimata –
avverso la sentenza n. 2574/2019 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA,
depositata il 04/07/2019;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non
partecipata del 05/11/2020 dal Consigliere Relatore Dott. DELL’UTRI
MARCO.
Fatto
RILEVATO
che:
con sentenza resa in data 4/7/2019, la Corte d’appello di Venezia, in parziale accoglimento dell’appello proposto da P.S., per quel che rileva in questa sede, ha dichiarato la cessazione degli effetti del comodato originariamente concluso tra Pr.Ro. e M.M. in relazione all’immobile dedotto in giudizio, ordinando al M. il rilascio di detto immobile;
a fondamento della decisione assunta, la corte d’appello ha evidenziato come, sulla base di quanto emerso dall’istruttoria condotta, fosse rimasta comprovata l’originaria conclusione del contratto di comodato tra M.M. e Pr.Ro., con la conseguente fondatezza della domanda di restituzione proposta dalla P. (avente causa della Pr.) in ragione della rilevata cessazione del contratto di comodato a seguito della richiesta di restituzione da parte della proprietaria;
avverso la sentenza d’appello, M.M. propone ricorso per cassazione sulla base di quattro motivi d’impugnazione;
P.S. non ha svolto difese in questa sede;
a seguito della fissazione della camera di consiglio, sulla proposta di definizione del relatore, emessa ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., il ricorrente non ha presentato memoria, avendo, viceversa, fatto pervenire una nuova procura ad litem in data 20/10/2020.
Diritto
CONSIDERATO
che:
l’odierno ricorso deve ritenersi inammissibile, siccome privo del requisito dell’esposizione sommaria dei fatti, prescritto, a pena di inammissibilità, dall’art. 366 c.p.c., comma 1 n. 3;
detta esposizione, costituendo (in forza della norma richiamata) un requisito di contenuto-forma del ricorso, deve consistere in un sintetico resoconto dei fatti di causa idoneo a garantire, alla Corte di cassazione, l’acquisizione di una chiara e completa cognizione del fatto sostanziale che ha originato la controversia e del fatto processuale, senza dover ricorrere ad altre fonti o atti in suo possesso, compresa la stessa sentenza impugnata (Sez. U, Sentenza n. 11653 del 18/05/2006, Rv. 588770 – 01);
sulla base di tale premessa, è necessario che il ricorso per cassazione contenga, sia pure in modo non analitico o particolareggiato, l’indicazione sommaria delle reciproche pretese delle parti, con i presupposti di fatto e le ragioni di diritto che le hanno giustificate, delle eccezioni, delle difese e delle deduzioni di ciascuna parte in relazione alla posizione avversaria, dello svolgersi della vicenda processuale nelle sue articolazioni e, dunque, delle argomentazioni essenziali, in fatto e in diritto, su cui si è fondata la sentenza di primo grado, delle difese svolte dalle parti in appello, ed in fine del tenore della sentenza impugnata;
nel caso di specie, il ricorrente si è limitato a indicare, nel paragrafo del ricorso dedicato all’esposizione sommaria dei fatti di causa, le sole conclusioni assunte dalle parti, oltre a un sintetico richiamo alle attività svolte in sede processuale, senza indicare alcunchè in ordine alle reciproche pretese sostanziali dei litiganti, ai presupposti di fatto e alle ragioni di diritto destinata giustificarle, con la conseguente impossibilità, per il giudice di legittimità, di assumere una chiara e completa cognizione del fatto sostanziale che ha originato la controversia senza ricorrere all’esame di altre fonti;
l’indicata irriducibile carenza degli elementi essenziali del ricorso- ne impone la dichiarazione di inammissibilità, siccome redatto in violazione dell’art. 366 c.p.c., n. 3;
non vi è luogo per l’adozione di alcuna statuizione in ordine alla regolazione delle spese del giudizio, non avendo l’intimata svolto alcuna difesa in questa sede;
dev’essere, viceversa, attestata la sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, art. 1-bis.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, art. 1-bis.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sesta Sezione Civile – 3, della Corte Suprema di Cassazione, il 5 novembre 2020.
Depositato in Cancelleria il 26 novembre 2020