Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 27009 del 23/10/2019

Cassazione civile sez. VI, 23/10/2019, (ud. 28/05/2019, dep. 23/10/2019), n.27009

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GRECO Antonio – Presidente –

Dott. ESPOSITO Antonio Francesco – Consigliere –

Dott. CASTORINA Rosaria Maria – rel. Consigliere –

Dott. DELL’ORFANO Antonella – Consigliere –

Dott. GORI Pierpaolo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 16853-2018 proposto da:

G.L., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA PANARO 11,

presso lo studio dell’avvocato RAFFAELE AMBROSIO, rappresentato e

difeso dall’avvocato EUGENIA CAPANO;

– ricorrente –

contro

COMUNE DI DIAMANTE

– intimato –

avverso la sentenza n. 3258/4/2017 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE di CATANZARO, depositata il 28/11/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 28/05/2019 dal Consigliere Relatore Dott. ROSARIA

MARIA CASTORINA.

Fatto

RAGIONI DELLA DECISIONE

La Corte, costituito il contraddittorio camerale ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., come integralmente sostituito dal D.L. n. 168 del 2016, art. 1 – bis, comma 1, lett. e), convertito, con modificazioni, dalla L. n. 197 del 2016, osserva quanto segue;

La CTR della Calabria con sentenza n. 3258/4/2017, depositata il 28.11.2017 non notificata, rigettava l’appello proposto da G.L. avverso la pronuncia di primo grado della CTP di Cosenza che aveva rigettato il ricorso del contribuente avverso avviso di accertamento Tarsu/Tia relativo all’anno 2009, in relazione a uno stabilimento balneare insistente su area demaniale oggetto di concessione amministrativa sul presupposto che l’arenile degli stabilimenti balneari rientra tra le aree soggetto al tributi e ha negato che lo stesso abbia carattere pertinenziale o accessorio rispetto alle eventuali strutture edificate degli impianti.

Avverso la sentenza della CTR il contribuente ha proposto ricorso per cassazione affidato a un motivo, illustrato con memoria.

Il Comune di Diamante non ha svolto difese.

1. Con il motivo G.L. deduce omesso esame su un fatto decisivo per il giudizio ed in particolare che la CTR non avrebbe esaminato le censure relative ai profili di illegittimità dell’avviso di accertamento in relazione all’estensione automatica della tariffa prevista per le aree coperte degli stabilimenti balneari anche all’arenile.

La censura è inammissibile sotto vari profili.

Le censure motivazionali non conferiscono al giudice di legittimità il potere di riesaminare il merito della vicenda, bensì la sola facoltà di controllare – sotto il profilo della correttezza giuridica e della coerenza logico-formale – le argomentazioni svolte dal giudice di merito, cui “spetta in via esclusiva il compito di individuare le fonti del proprio convincimento, di assumere e valutare le prove, di controllarne l’attendibilità e la concludenza, di scegliere, tra le complessive risultanze del processo, quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad essi sottesi, dando così liberamente prevalenza all’uno o all’altro dei mezzi di prova acquisiti, salvo i casi tassativamente previsti dalla legge” (ex multis, Cass. n. 742/2015).

Di conseguenza, il preteso vizio di motivazione “può dirsi sussistente solo quando, nel ragionamento del giudice di merito, sia rinvenibile traccia evidente del mancato (o insufficiente) esame dei punti decisivi della controversia, prospettati dalle parti o rilevabili d’ufficio, ovvero quando esista insanabile contrasto tra le argomentazioni complessivamente adottate, tale da non consentire l’identificazione del procedimento logico-giuridico posto a base della decisione” (ex multis, Cass. n. 8718/2005). Inoltre, l’omissione o insufficienza della motivazione resta integrata solo a fronte di una totale obliterazione di elementi che potrebbero condurre ad una diversa decisione, ovvero di una palese illogicità del tessuto argomentativo, ma non anche per eventuali divergenze valutative sul significato attribuito dal giudice agli elementi delibati, non essendo il giudizio per cassazione un terzo grado di merito (Cass. S.U. n. 24148/2013; Cass. n. 12779/2015 e n. 12799/2014).

Nella specie la CTR ha ritenuto corretto l’omesso computo del tributo in misura ridotta in relazione alle superfici scoperte evidenziando che l’atto impositivo aveva richiamato la risoluzione n. 147/E dl 15.9.1998 la quale aveva stabilito che su tutte le superfici dello stabilimento balneare, compreso l’arenile è applicabile una sola tariffa in quanto il servizio viene reso dallo stabilimento nella sua interezza, senza che il ricorrente avesse confutato l’accertamento in questa parte.

La censura è altresì inammissibile per commistione di mezzi di censura.

Il giudizio di cassazione è un giudizio a critica vincolata, delimitato e vincolato dai motivi di ricorso, che assumono una funzione identificativa condizionata dalla loro formulazione tecnica con riferimento alle ipotesi tassative formalizzate dal codice di rito. Ne consegue che il motivo del ricorso deve necessariamente possedere i caratteri della tassatività e della specificità ed esige una precisa enunciazione, di modo che il vizio denunciato rientri nelle categorie logiche previste dall’art. 360 c.p.c., sicchè è inammissibile la critica generica della sentenza impugnata, formulata con un unico motivo sotto una molteplicità di profili tra loro confusi e inestricabilmente combinati (da ultimo Cass. 11603/2018; Cass. 6324/2017).

Il ricorso deve essere, pertanto dichiarato inammissibile.

Nulla sulle spese in quanto parte intimata non ha spiegato difese.

Il raddoppio del contributo unificato, introdotto dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, costituisce una obbligazione di importo predeterminato che sorge ex lege per effetto del rigetto dell’impugnazione, della dichiarazione di improcedibilità o di inammissibilità della stessa.

PQM

Dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 28 maggio 2019.

Depositato in Cancelleria il 23 ottobre 2019

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