Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 27006 del 15/12/2011

Cassazione civile sez. III, 15/12/2011, (ud. 25/11/2011, dep. 15/12/2011), n.27006

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRIFONE Francesco – Presidente –

Dott. FILADORO Camillo – Consigliere –

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Consigliere –

Dott. ARMANO Uliana – Consigliere –

Dott. CARLUCCIO Giuseppa – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

A.L., D.L.E. (OMISSIS), elettivamente

domiciliati in ROMA, VIALE MARESCIALLO PILSUDSKI 118, presso lo

studio dell’avvocato INDOLFI PAOLO, rappresentati e difesi

dall’avvocato D.L.E. difensore di sè medesimo;

– ricorrenti –

contro

NUOVA MO.VE.FER. S.C.A.R.L. (OMISSIS) in persona del Presidente e

legale rappresentante pro tempore Ing. G.A.,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA ARCHIMEDE 97, presso lo studio

dell’avvocato DE MEDICI LEOPOLDO, che la rappresenta e difende giusta

delega in atti;

– controricorrente –

e contro

BOCAMI SRL;

– intimata –

avverso la sentenza n. 231/2009 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

depositata il 23/01/2009, R.G.N. 1023/2004;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

25/11/2011 dal Consigliere Dott. GIUSEPPA CARLUCCIO;

udito l’Avvocato LEOPOLDO DE MEDICI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

FINOCCHI GHERSI Renato che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. A.L. conveniva in giudizio la Nuova MO.VE.FER. soc. coop. a r.l. e la Bocami s.r.l. per il risarcimento dei danni patiti all’immobile di proprietà durante i lavori di scavi e trivellazioni per la nuova linea ferroviaria a monte del Vesuvio.

Il Tribunale, riconoscendo la corresponsabilità, condannava le società convenute, in solido, al pagamento della somma di circa Euro 60.000,00.

2. La Corte di appello di Napoli, accogliendo l’appello principale della Nuova MO.VE.FER., rigettava la domanda nei sui confronti;

accogliendo parzialmente l’appello incidentale della Bocami, non riconosceva il risarcimento per il mancato utilizzo del fabbricato e determinava l’importo spettante all’ A. in una somma pari a circa Euro 33.000,00, oltre accessori; accoglieva la richiesta della Nuova MO.VE.FER. di restituzione di quanto pagato in adempimento della sentenza di primo grado e ordinava all’ A. il pagamento di circa Euro 108,000,00 e all’Avv. D.L.E. distrattario, il pagamento di circa Euro 4.800,00, oltre accessori (sentenza del 23 gennaio 2009).

3. Avverso la suddetta sentenza, l’Avv. D.L.E., in proprio, e A.L., propongono ricorso per cassazione con tre motivi, esplicati da memoria.

Resiste con controricorso la Nuova MO.VE.FER..

La Bocami s.r.l., ritualmente intimata, non svolge difese.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Il collegio ha disposto l’adozione di una motivazione semplificata.

1. Con il primo motivo, si deduce la violazione del principio del contraddittorio (art. 101 c.p.c., art. 176 c.p.c., comma 2, art. 159 cod. proc. civ., in riferimento all’art. 360 c.p.c., n. 4) e la conseguente nullità della sentenza.

Si premette che nel decreto (del 17 ottobre 2006), con il quale la causa veniva assegnata a un nuovo giudice e fissata l’udienza collegiale del 15 gennaio 2008, non veniva indicato il nome del difensore ( D.L.) ma solo quello del domiciliatario (D’Onofrio). Questi, pur ricevendo l’atto, non era stato posto in grado di avvisare il difensore. Conseguentemente, il difensore non fu presente all’udienza suddetta; il rinvio disposto a tale udienza per la successiva del 4 novembre 2008, pure comunicato al domiciliatario, non fu portato a conoscenza del difensore per le stesse ragioni, e il difensore non fu presente.

Si deduce che all’udienza del 4 novembre veniva prodotta la documentazione posta alla base della domanda di restituzione delle somme pagate in esecuzione della sentenza di primo grado, senza che l’appellata potesse interloquire; che il mancato avviso al procuratore costituito determina la nullità del verbale d’udienza dove manca il nome del difensore e la conseguente nullità della sentenza pronunciata. Si formula il seguente quesito: “se il mancato avviso al difensore costituito, della ordinanza collegiale fuori udienza che fissa la udienza di discussione, determina la nullità di tale udienza e del relativo verbale, con conseguente nullità della sentenza emessa”.

1.1. Sostanzialmente, nella parte esplicativa, si lamenta la mancata conoscenza della data delle due udienze collegiali e la ragione sembra essere ricollegata alla circostanza che le comunicazioni di udienza, inviate al domiciliatario, non individuavano il procuratore, con la conseguenza che il primo non aveva potuto svolgere il proprio compito di avvisare il domiciliante.

Il motivo è inammissibile, innanzitutto, per inadeguatezza del quesito. C’è infatti una divaricazione, con conseguente mancanza di specificità della censura, tra quanto denunciato nella parte esplicativa del motivo, incentrato sulla mancanza di elementi identificativi del procuratore nelle comunicazioni della cancelleria al domiciliatario, e quanto sintetizzato nel quesito, che fa riferimento al mancato avviso al difensore costituito e da questo fa derivare la pretesa nullità.

Comunque, il motivo è inammissibile per difetto del requisito di autosufficienza, ora consacrato dall’art. 366 c.p.c., n. 6, atteso che non si provvede alla specifica indicazione degli atti processuali rilevanti ai fini della censura, fornendo i dati necessari al reperimento degli stessi (nel fascicolo d’ufficio), nè alla loro riproduzione nel ricorso. In tal modo, la Corte non è posta in grado di controllare se le comunicazioni di cancelleria contenessero, o meno, gli elementi identificati della causa, idonei a consentire al domiciliatario l’individuazione del domiciliante.

2. La Corte di merito, per la parte che ancora interessa nel presente giudizio, ha escluso la responsabilità della Nuova MO.VE.FER. sulla base delle seguenti argomentazioni.

Il principio di diritto, anche in materia di subappalto, è che il committente risponde dei danni provocati a terzi in luogo dell'(o via solidale con) appaltatore quando, esorbitando dalla mera sorveglianza, finalizzata alla corrispondenza tra quanto pattuito e quanto in fase di realizzazione, eserciti una concreta ingerenza sull’attività del subappaltatore, tale da ridurlo a mero esecutore o da comprimerne parzialmente l’autonomia organizzativa, incidendo sull’utilizzazione dei relativi mezzi. Nella specie tale ingerenza non sussiste. La direzione dei lavori, affidata all’ingegnere che rappresenta tutte le imprese della MO.VE.FER. e a un incaricato delle Ferrovie dello Stato, trova giustificazione nella ordinaria attività di vigilanza. Inoltre, nel contratto (art. 24) tra MO.VE.FER. e Bocami è previsto (art. 24) che solo quest’ultima è l’esclusiva responsabile per tutte le operazioni e lavori, “non avendo la società … MO.VE.FER. ingerenza alcuna sulle modalità tecniche di dette operazioni”. Previsione, questa, spiegabile con l’attività altamente specializzata della Bocami.

3. Con il secondo motivo si deduce violazione di legge (art. 1655 e ss. cod. civ.) e insufficiente e contraddittoria motivazione.

3.1. Il difetto di motivazione non può essere preso in considerazione dalla Corte, mancando il momento di sintesi, omologo al quesito di diritto, previsto dall’art. 366-bis cod. proc. civ. (Sez. Un. 1 ottobre 2007, n. 20603; 14 ottobre 2008, n. 25117; 30 ottobre 2008 n. 26014), con conseguente inammissibilità del profilo di censura.

3.2. La questione di diritto si conclude con il seguente quesito: “se nell’ipotesi del committente che nomina il direttore dei lavori vi sia il concorso con l’appaltatore nella responsabilità verso terzi colpiti da danni causati dalla imperizia grave, negligenza e mancata adozione delle minime cautele da parte di tale direttore”.

Nella parte esplicativa del motivo, si deduce che la Corte di merito ha fatto mal governo del principio di diritto richiamato, nella parte in cui ha deciso “a prescindere” dalla direzione dei lavori riconosciuta in capo all’ingegnere della MO.VE.FER., senza considerare che dalla consulenza tecnica – pure per altri versi richiamata – risulta che i lavori erano eseguiti sempre sotto la direzione del suddetto ingegnere, avendo la Bocami solo un direttore di cantiere. Si aggiunge che, avendo la stessa sentenza ricondotto i danni alla esecuzione di scavi, senza le opportune “opere provvisionali”, risulterebbe evidente la responsabilità del direttore dei lavori , nominato dalla sub committente. La censura, al di là della prospettazione di violazione di legge si sostanzia in difetto di motivazione, come mancato esame di documenti decisivi (le parti della consulenza da cui risulterebbe la effettiva direzione dei lavori). Consegue, che è inammissibile in mancanza del momento di sintesi. Per la parte in cui appare prospettare una violazione di legge come falsa applicazione per la contraddizione nell’aver ritenuto di poter prescindere dalla circostanza che vi era un direttore dei lavori del sub committente, dopo aver affermato che la responsabilità era esclusa o limitata in caso di ingerenza, anche parziale, sull’autonomia organizzativa dell’appaltatore, deve dirsi:

a) da un lato, la sentenza (al di là della terminologia usata) non prescinde dall’esistenza di un direttore dei lavori della società subappaltante; infatti riconosce che la funzione di questo è dell’ordinario controllo tra quanto convenuto e quanto in fase di realizzazione, mera sorveglianza dell’opera oggetto del contratto; b) dall’altro, il quesito di diritto non censura questa parte della decisione, dando per presupposto che, sempre, la presenza del direttore dei lavori comporti una ingerenza nella autonomia organizzativa della società esecutrice degli stessi, in contrasto, peraltro, con la giurisprudenza consolidata che richiede la concreta ingerenza nelle scelte dell’appaltatore, l’ostacolo alla libertà di determinazione e decisione dell’appaltatore.

Il motivo è, pertanto, inammissibile anche sotto il profilo della violazione di diritto.

4. La sentenza impugnata escludeva i danni da mancato utilizzo del bene immobile, ritenendo che: l’attrice non aveva formulato una esplicita richiesta di danni; non aveva allegato nè provato il precedente utilizzo e l’effettivo abbandono; non aveva neanche allegato elementi per la quantificazione del pregiudizio.

Conseguentemente, i danni quantificati dal consulente e condivisi dal primo giudice risultano fondati su dati ipotetici.

5. In riferimento a questa parte della sentenza, con il terzo motivo di ricorso, si deduce omessa e insufficiente motivazione, in riferimento all’art. 360 c.p.c., n. 5, ma è omesso il momento di sintesi, omologo al quesito di diritto, previsto dall’art. 366-bis cod. proc. civ. (Sez. Un. 1 ottobre 2007, n. 20603; 14 ottobre 2008, n. 25117; 30 ottobre 2008 n. 26014). Ne consegue l’inammissibilità del motivo.

6. In conclusione, il ricorso va dichiarato inammissibile.

7. Le spese seguono la soccombenza nei confronti della MO.VE.FER..

Non avendo la Bocami srl volto attività difensiva, non sussistono le condizioni per la pronuncia in ordine alle spese processuali.

P.Q.M.

LA CORTE DI CASSAZIONE dichiara inammissibile il ricorso e condanna i ricorrenti, In solido, al pagamento, in favore della MO.VE.FER. soc. coop. a r.l., delle spese processuali del giudizio di cassazione, che liquida in Euro 2.700,00, di cui Euro 200,00 per spese, oltre alle spese generali ed agli accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 25 novembre 2011.

Depositato in Cancelleria il 15 dicembre 2011

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