Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 27001 del 26/11/2020

Cassazione civile sez. II, 26/11/2020, (ud. 11/09/2020, dep. 26/11/2020), n.27001

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – rel. Presidente –

Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere –

Dott. CASADONTE Annamaria – Consigliere –

Dott. GIANNACCARI Rossana – Consigliere –

Dott. VARRONE Luca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 25155/2019 proposto da:

E.L.W., rappresentato e difeso dall’avvocato ANTONIO

ALMIENTO, giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del Ministro pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope

legis;

– resistente –

e contro

COMMISSIONE TERRITORIALE RICONOSCIMENTO PROTEZIONE INTERNAZIONALE

LECCE;

– intimata –

avverso il decreto di rigetto n. 2808/2019 del TRIBUNALE di LECCE,

depositato il 19/06/2019;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

11/09/2020 dal Consigliere Dott. ROSA MARIA DI VIRGILIO.

La Corte:

 

Fatto

RILEVATO

che:

Con decreto del 19/6/2019, il Tribunale di Lecce ha respinto il ricorso proposto da E.L.W., cittadino della (OMISSIS), avverso la decisione della Commissione territoriale, di reiezione delle domande di protezione internazionale ed umanitaria, ritenendo poco credibile la narrazione del ricorrente (questi aveva riferito di avere lasciato il Paese di origine, insieme al fratello minore, a seguito del rifiuto di sacrificare la madre o detto fratello agli (OMISSIS) per potere succedere al posto del padre nella carica di “principe” di detta setta), stante l’estrazione sociale dello stesso- medio livello di istruzione-atteso che dalla fonti consultate (indicati gli studi della prof. M.) risulta che far parte di detta setta è un privilegio, per cui gli appartenenti alla setta sono tutti di ceto sociale molto elevato.

Il Giudice del merito ha respinto la richiesta di protezione sussidiaria, citando fonti internazionali, il rapporto annuale Amnesty International 2017/2018, di Human Rights Watch 2019 ed il sito Viaggiare sicuri del Ministero degli esteri del 13/8/2018, da cui si evince che sono particolarmente precarie le condizioni delle aree interessate dal gruppo terroristico (OMISSIS), negli stati nord orientali, ma non nel sud, ove si trova l’Edo State; ha escluso infine la protezione umanitaria, rilevando che, presente in Italia il ricorrente dall'(OMISSIS), non aveva provato di svolgere regolare attività lavorativa da cui trarre il proprio sostentamento nè di essere affetto da particolari patologie; quanto alla febbre di Lassa, presente in Nigeria e nella più alta concentrazione nell’Edo State, ha rilevato che sono presenti in quattro Stati operatori sanitari che lavorano in centri istituiti a scopo preventivo e d’ istruzione nell’uso di mezzi di prevenzione, per cui ha concluso nel senso che il sistema nigeriano è già organizzato efficacemente per contrastare e limitare i contagi; ha infine rilevato l’insussistenza di fattori soggettivi di vulnerabilità per la mancanza delle condizioni minime di vita, dato che il ricorrente non ha fatto valere condizioni economiche disagiate (ha dichiarato di essere autista di autotreni), e quindi, anche considerato che la parte aveva nel Paese di origine la madre, la moglie e la figlia, eseguita la comparazione con le condizioni di vita in Italia, ha escluso che il rimpatrio possa determinare la privazione del nucleo fondamentale dei diritti umani, costitutivo dello status di dignità personale.

Avverso detta pronuncia ricorre E.L.W., sulla base di sei motivi, illustrati con memoria.

Il Ministero dell’Interno non si difende con controricorso, limitandosi a depositare “atto di costituzione”.

Diritto

CONSIDERATO

che:

Con il primo motivo, il ricorrente denuncia la radicale carenza di motivazione quanto alla ritenuta non credibilità della narrazione del ricorrente, sostiene la presenza di mere clausole di stile, senza alcuna concreta spiegazione della condivisione delle ragioni addotte dalla Commissione territoriale; col secondo mezzo, si duole del vizio ex art. 360 c.p.c., n. 4, per la violazione del combinato disposto del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3 e D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, per non avere il Tribunale disposto nuovamente l’audizione della parte nell’udienza D.Lgs. n. 25 del 2008, ex art. 35 bis, fissata non essendo disponibile la videoregistrazione; col terzo, si duole del mancato ricorso ai poteri istruttori officiosi in relazione all’epidemia di febbre di Lassa, per affermazioni inconciliabili a riguardo, senza darsi conto di report settimanali del NCDC, Centro per il controllo delle Epidemie, l’ultimo dei quali relativo alla seconda metà di aprile 2019, depositato all’udienza del 14/5/19; col quarto mezzo, si duole della violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 7 e 14, per la mancata concessione della protezione sussidiaria; col quinto, si duole del mancato riconoscimento della protezione umanitaria, sostenendo che erroneamente il Tribunale ha ancorato il riconoscimento di detto permesso agli stessi presupporti previsti per il riconoscimento della maggior tutela sussidiaria e per non avere considerato la situazione di vulnerabilità; col sesto, sempre in relazione al diniego della protezione umanitaria, assume che l’integrazione professionale e sociale in Italia non può costituire il fattore esclusivo per il riconoscimento di detto permesso, e che il Tribunale non ha eseguito la valutazione comparativa come ritenuto dalla pronuncia Cass. 4455/2018, senza procedere alla verifica del Paese di origine in correlazione con la situazione personale non rimandato a datate COI o report di dubbia affidabilità.

Il primo mezzo è palesemente infondato, dato che il Tribunale ha ampiamente e specificamente argomentato, alle pagine 6, 7 e 8, in relazione alla ritenuta non credibilità dell’appartenenza alla setta degli (OMISSIS), ricostruendo le origini della stessa, la struttura e le caratteristiche, facendo riferimento alle fonti consultate, di talchè è meramente assertivo l’addebito al Tribunale di avere fatto riferimento a clausole di stile, ed alla mera adesione alle conclusioni della Commissione territoriale.

Il secondo motivo, al di là del riferimento nel motivo alla comparizione delle parti, ovvero alla fissazione d’udienza nel caso in cui non era stata effettuata la videoregistrazione, mentre tale udienza è stata tenuta (come risulta dall’inequivoco riferimento nel decreto all’udienza del 27/3/2019), è svolto anche in relazione all’omessa audizione della parte.

Lo stesso, che pur in linea di principio potrebbe ritenersi fondato, sotto il profilo della mancata audizione del ricorrente, in mancanza della videoregistrazione svolta avanti alla Commissione territoriale, ove si volesse seguire l’orientamento assunto, tra le altre, nella pronuncia 9228/2020, non può trovare accoglimento, dato che, come riportato nel decreto, pag. 2, ultima parte, il procuratore ha chiesto fissarsi udienza per l’audizione del ricorrente, mentre la parte avrebbe dovuto chiedere l’audizione nella stessa udienza di comparizione, alla quale pertanto la stessa sarebbe dovuta comparire personalmente.

Nè il ricorrente nel ricorso ha fatto valere realtà processuale diversa, neppure allegando la propria personale presenza all’udienza di comparizione.

Il terzo motivo si sostanzia nella semplice critica della ritenuta irrilevanza della situazione di violenza diffusa e di emergenza sanitaria, come tale è, sotto detti profili, inammissibile, ed in ogni caso si deve rilevare che il Tribunale ha valutato le condizioni di sicurezza secondo report internazionali aggiornati, il rapporto annuale 2017/2018 di Amnesty International, quanto risultante dal sito ministeriale (OMISSIS), pubbl. 13/8/2018, da Human Rights Watch 2019, per escludere la ricorrenza dei requisiti per il riconoscimento della protezione sussidiaria così riportando le notizie di siti governativi e di organizzazione missionaria sulla Febbre di Lassa.

Quanto al mancato riferimento ai Report settimanali del NCDC, il ricorrente non ha riportato neppure il contenuto del report depositato il 14/5/2019, nè ha rispettato a riguardo gli obblighi di localizzazione ex art. 366 c.p.c., n. 6, nè di produzione ex art. 369 c.p.c., n. 4.

Il quarto mezzo si sostanzia nella mera asserzione della violenza indiscriminata quale caratterizzante la situazione della Nigeria, ed è pertanto inammissibile, per esaurirsi nella mera contestazione della valutazione di merito.

Il quinto mezzo è anch’esso inammissibile, per limitarsi alla mera protesta della sussistenza delle condizioni legittimanti la protezione umanitaria.

Anche il sesto motivo è inammissibile, dato che postula il peso prevalente dato, in tesi, all’integrazione in Italia, con ciò in alcun modo correlandosi alla specifica motivazione resa a riguardo dal Tribunale, che ha considerato la presenza in Nigeria della madre, della moglie e della figlia, la mancata allegazione di condizioni economiche disagiate nel Paese di origine, la totale assenza di elementi probatori relativi all’integrazione in Italia.

Conclusivamente, va respinto il ricorso; non v’è luogo alla pronuncia sulle spese.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, va dato atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

P.Q.M.

La Corte respinge il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, va dato atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, il 11 settembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 26 novembre 2020

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