Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 270 del 10/01/2017

Cassazione civile, sez. I, 10/01/2017, (ud. 22/09/2016, dep.10/01/2017),  n. 270

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GIANCOLA Maria Cristina – Presidente –

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Consigliere –

Dott. FERRO Massimo – rel. Consigliere –

Dott. DI MARZIO Mauro – Consigliere –

Dott. LAMORGESE Antonio Pietro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

Sul ricorso proposto da:

Fallimento (OMISSIS) s.r.l., in persona dei curatori p.t., rappr. e

dif. dall’avv. Sebastiano Albanese, elett.dom. presso lo studio di

questi in Reggio Calabria, via Manfroce n. 77/H, come da procura in

calce all’atto;

– ricorrente-

contro

(OMISSIS) s.r.l., in persona del l.r.p.t.;

– intimato –

(OMISSIS) s.c.a r.l., in l.c.a., in persona del comm.liq. p.t.,

rappr. e dif. dall’avv. Francesco Tassone, elett.dom. presso lo

studio dell’avv. Bruno Tassone, in Roma, via Giovanni Pierluigi da

Palestrina n. 19, come da procura in calce all’atto;

– controricorrente –

per la cassazione della sentenza App. Catanzaro 20.10.2014 n.

1462/2014, R.G. n. 671/2014;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

giorno 22 settembre 2016 dal Consigliere relatore dott. Massimo

Ferro;

uditi gli avvocati S. Albanese per il ricorrente e l’avvocato B.

Tassone per il controricorrente (OMISSIS);

udito il P.M. in persona del sostituto procuratore generale dott.

CERRONI Francesca, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

IL PROCESSO

La curatela del fallimento (OMISSIS) s.r.l. impugna la sentenza App. Catanzaro 20.10.2014 n.1462/2014 con cui venne accolto il reclamo proposto da (OMISSIS) s.c. a r.l. in l.c.a. e (OMISSIS) s.r.l. avverso la sentenza dichiarativa del fallimento della seconda resa da Trib. Vibo Valentia del 27.3.2014, conseguentemente al decreto di inammissibilità della proposta di concordato preventivo dalla medesima depositata il 15.3.2014 e così respinta il successivo 26.3.2014, sul presupposto dell’omessa osservanza del termine già concesso ai sensi della L. Fall., art. 161, comma 6 ed espressamente non prorogato.

Rilevò la corte che il reclamo proveniva dalla fallita e dalla sua controllante (OMISSIS), e che quest’ultima, in quanto terzo, soggiaceva al termine breve decorrente dalla iscrizione della sentenza di fallimento nel registro delle imprese, con decadenza per tardività dell’impugnazione, ma conservazione della qualità di interessato e dunque interveniente, essendo infatti tempestivo il reclamo – dedotto con il medesimo atto della fallita. Riepilogando la vicenda concessiva del termine (dato dal tribunale per sciogliere la riserva di depositare il piano di concordato) e le ragioni di rigetto della proroga (positivamente esplicitate dal tribunale), i giudici del reclamo osservarono per un verso che la concessione iniziale di 92 giorni non era incoerente con la previsione del massimo legale comunque concedibile e nonostante l’istanza di fallimento, dovendosi cumulare tutti i termini, prorogabili anche in più soluzioni e da ritenere ordinatori. Quanto al diniego della proroga, ha rilevato la corte la sua sindacabilità nel merito, difettando ogni necessità di rinvenire il suo presupposto esclusivamente in sopraggiunti eventi imprevedibili e non governabili dal debitore, ma bastando una plausibile ragione nei fatti esposti dal richiedente e l’assenza di condotte abusive: in concreto, avendo il tribunale a disposizione ancora 28 giorni concedibili in astratto ed essendo stato ad esso rappresentata, come da ricostruzione condotta ex ante, l’esigenza di un breve differimento per il completamento delle operazioni dell’attestatore e la connessione con il concordato della controllante totalitaria, non emergevano abusi di sorta, e dunque sussistevano i giustificati motivi, erroneamente negati dal tribunale. Analoga conclusione doveva conseguire, per la corte d’appello, apprezzandosi il piano alfine proposto dal debitore, depositato nel termine massimo dei 120 giorni di legge, benchè non autorizzato in proroga.

Il ricorso è affidato ad un motivo, al quale resiste con controricorso la società (OMISSIS). Il fallimento ha depositato memoria.

Diritto

I FATTI RILEVANTI DELLA CAUSA E LE RAGIONI DELLA DECISIONE

Con l’unico complesso motivo il ricorrente deduce la violazione di legge, quanto alla L. Fall., art. 161, commi 6 e 10, nonchè art. 152 c.p.c., avendo erroneamente la corte d’appello trascurato che il termine concedibile dal tribunale al debitore, per depositare proposta, piano e documentazione di concordato, nella domanda con riserva e pendente l’istruttoria prefallimentare, era ex lege fissato in 60 giorni, per cui solo entro quella scadenza il debitore (e solo lui) poteva chiedere la proroga, illegittimamente ritenuta implicita e ab initio nella concessione del diverso e maggior termine di 92 giorni. Ne conseguiva altresì l’infondatezza del rilievo mosso dalla corte d’appello al tribunale, nel senso della rivalutazione della proposta di concordato benchè presentata dopo il diniego della proroga, con revoca di quel rigetto.

1. Il motivo è infondato. Appare pacifico, dalla sentenza impugnata e la convergente ricostruzione delle parti, che: a) il Tribunale di Vibo Valentia, pendente l’istruttoria prefallimentare a carico della società (OMISSIS) s.r.l. e a seguito della successiva domanda di concordato con riserva, da questa depositata, ha concesso alla debitrice un termine di 92 giorni per integrare la domanda stessa; b) il giorno di scadenza di tale termine, dato ai sensi della L. Fall., art. 161, comma 10, la debitrice presentava istanza di proroga, respinta dal tribunale per difetto dei giustificativi motivi e con fissazione di udienza per l’inammissibilità del concordato e la dichiarazione di fallimento; c) alcuni giorni prima della citata udienza (ed esattamente al 120^ giorno dal deposito della domanda di concordato prenotativo) il debitore scioglieva la riserva depositando piano, proposta e documenti, chiedendo all’udienza che il tribunale pronunciasse l’ammissione alla procedura, mentre P.M. e creditori insistevano per la declaratoria di fallimento; d) il tribunale dichiarava inammissibile il concordato, per omesso rispetto del termine iniziale concesso e difetto dei giustificati motivi, contestualmente dichiarando altresì il fallimento; e) la corte d’appello accoglieva il reclamo della società debitrice (degradando ad interveniente quello della controllante), ritenendo nel merito il diniego della proroga erroneo e compatibile con la dimidiazione del termine di cui alla L. Fall., art. 161, comma 10 che già in prima battuta il tribunale lo avesse concesso in una misura superiore ai 60 giorni ivi previsti, bastando che non fossero stati oltrepassati i 120 giorni.

2. Va in primo luogo dato atto che la censura espressa dalla curatela concerne in via esclusiva ed assorbente la portata del termine dilatorio concesso dal tribunale ai fini dello scioglimento della riserva nel concordato prenotativo in presenza di istanze di fallimento. Il motivo non afferisce invece – per manifesta genericità dell’assunto finale con cui pure il tema appare affrontato, ma solo alla stregua di conseguenza dell’invocata erroneità della decisione, piuttosto che critica ad autonoma ratio decidendi – al quadro giustificativo con cui la corte d’appello ha sovvertito il giudizio di infondatezza della istanza di proroga del termine. E se va ribadito, che quand’anche tale contestazione fosse rinvenuta, ad essa dovrebbe opporsi l’indirizzo, seguito da questa Corte, per cui Il termine fissato dal giudice al debitore, ai sensi della L. Fall., art. 161, comma 6, per la presentazione della proposta, del piano e dei documenti del cd. concordato “con riserva” ha natura perentoria e disciplina mutuata dall’art. 153 c.p.c., cosicchè non è prorogabile a richiesta della parte o d’ufficio se non in presenza di giustificati motivi, che devono essere allegati dal richiedente e verificati dal giudice, la cui decisione è insindacabile in sede di legittimità se congruamente motivata. Pertanto, in ragione della natura decadenziale del menzionato termine, alla sua inosservanza consegue l’inammissibilità della domanda concordataria. (Cass.6277/2016), occorre aggiungere che nemmeno il perimetro legale dell’istituto della proroga è stato inquadrato dal ricorrente. Mentre invero l’indirizzo qui trascritto concerne la motivazione della proroga, la ricorrenza delle condizioni esterne alla stessa – sotto il profilo di una dubitabile legittimità – non è stata affrontata, in punto di eventuale abnormità dell’esercizio del potere così come manifestato dal giudice di merito e dunque tale area critica circoscrive altresì l’intervento di questo Collegio.

3. La corte d’appello ha infatti – sia pur in un breve passaggio – menzionato la circostanza del temine ulteriore ai 60 giorni anche per richiamare che la sua concessione, da parte del tribunale, aveva determinato nel debitore conseguenti comportamenti di affidamento. Si tratta di sottolineatura condivisibile, pur se essa necessita di integrazione ai sensi dell’art. 384 c.p.c.. Parte ricorrente nella presente sede si limita a chiedere la constatazione della erroneità della concessione originaria (e in unico atto) del termine di 92 giorni, facendone discendere la tardività della istanza di proroga non depositata entro quello legale dei 60 giorni. La segnalata erroneità della determinazione giudiziale, adottata in effetti dal Tribunale di Vibo Valentia, pur puntuale alla stregua della ricordata natura del termine che il giudice deve concedere a chi abbia presentato la domanda di concordato prenotativo, non vale però in questa sede ed alla luce dell’effettivo controllo sinora sollecitato sugli atti di quel tribunale, a far rimuovere di per sè la pronuncia sull’ammissibilità del concordato. Non consta infatti che il decreto del 15.11.2013 adottato dal Tribunale di Vibo Valentia sia mai stato tempestivamente ed efficacemente impugnato, da possibili interessati come i creditori già istanti per la dichiarazione di fallimento o dal P.M., per via dell’esorbitanza dal limite legale dei 60 giorni previsti dalla L. Fall., art. 161, comma 10 è la misura ivi determinata, per quanto eccedente il precetto normativo, può essere posta nel nulla – in toto o in parte – e così esigendo ex post una riconformazione originaria della condotta della società debitrice al più riduttivo comando legale, violato dal tribunale, attraverso lo strumento indiretto dell’impugnazione avverso la sentenza di accoglimento del reclamo in punto di inammissibilità del concordato preventivo: da un lato la concessione dei 92 giorni si rifletteva in una irregolarità parziale del decreto del tribunale, che ampliava senza motivazione il termine legale ma non ancora facendolo diventare, oltrepassando il limite normativo applicabile all’istituto della proroga (e cioè quello complessivo dei 120 giorni), affetto da abnormità; dall’altro lato, espressamente la corte d’appello ha connesso la disamina critica del diniego originario della proroga alla dichiarazione di inammissibilità del concordato, che proprio su quel diniego si fondava, così circoscrivendo l’oggetto della devoluzione d’indagine e decisione ad un proprio accertamento in questo senso precisato. Su tale secondo punto il ricorso non offre ragioni puntuali di contestazione.

Il ricorso va pertanto rigettato, corretta la motivazione ai sensi dell’art. 384 c.p.c. come da parte espositiva. La novità della questione giuridica affrontata, la natura della controversia quale discendente dall’interpretazione di un termine giudiziale eccedente quello legale e la qualità di mero interveniente assunta da (OMISSIS) già nel procedimento di reclamo, anche in ragione delle difese apportate rispetto alla decisione ed alla sua motivazione, giustificano la compensazione delle spese del procedimento.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso; dichiara la integrale compensazione fra le parti delle spese del procedimento.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 22 settembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 10 gennaio 2017

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