Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 270 del 09/01/2014


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 270 Anno 2014
Presidente: CICALA MARIO
Relatore: COSENTINO ANTONELLO

ORDINANZA
sul ricorso 21395-2011 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE 06363391001, in persona del
Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI
PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO
STATO, che la rappresenta e difende ope legis;

– ricorrente contro
RASO PIETRO quale legale rappresentate p.t. della società Impresa
Edile Raso Fratelli in liquidazione

– intimato avverso la sentenza n. 46/32/2010 della COMMISSIONE
TRIBUTARIA REGIONALE di TORINO del 26/05/2010,
depositata il 22/09/2010;

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Data pubblicazione: 09/01/2014

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
23/10/2013 dal Consigliere Relatore Dott. ANTONELLO
COSENTINO;
è presente il P.G. in persona del Dott. RAFFAELE CENICCOLA.
rilevato che, ai sensi dell’art. 380 bis cod. proc. civ., è stata depositata in
<< L’Agenzia delle Entrate ricorre contro l’ Impresa Edile F.11i Raso snc per la cassazione della sentenza con cui la Commissione Tributaria Regionale del Piemonte, confermando la sentenza di primo grado, ha dichiarato illegittimo il diniego opposto dall’Ufficio ad una richiesta di condono avanzata dalla contribuente ai sensi dell’articolo 9 bis I. 289/02, in relazione alla quale era stato omesso il tempestivo ed integrale pagamento di tutte le rate. La Commissione Tributaria Regionale ha motivato la propria decisione sull’assunto che il mancato o tardivo versamento delle rate successive alla prima non impedirebbe il perfezionamento della sanatoria. L’Agenzia delle Entrate deduce il vizio di violazione di legge ex art. 360 n. 3 cpc, e assume che la Commissione Tributaria Regionale avrebbe violato l’ articolo 9 bis I. 289/02 nel ritenere che gli effetti del condono previsto da tale disposizione si producano anche nel caso di carente o intempestivo versamento delle somme complessivamente dovute per il perfezionamento del condono. La società contribuente non è costituita. Il ricorso appare fondato, perché la tesi giuridica seguita nella sentenza gravata si pone in contrasto con l’ insegnamento questa Corte (sent. 20745/10, sent. 17396/10, in motivazione, ord. 17600/11) secondo cui il condono previsto all’art. 9 bis della legge n. 289 del 2002 relativo alla possibilità che gli omessi e tardivi versamenti delle imposte e delle ritenute emergenti dalle dichiarazioni presentate vengano definiti mediante il solo pagamento dell’imposta e degli interessi o, in caso di mero ritardo, dei soli interessi, senza aggravi e sanzioni – costituisce una forma di condono clemenziale e non premiale (come, invece deve ritenersi per le fattispecie regolate dagli artt. 7,8,9, 15 e 16 della legge n. 289 del 2002, le quali attribuiscono al contribuente il diritto potestativo di chiedere un accertamento straordinario, da effettuarsi con regole peculiari rispetto a quello ordinario); con la conseguenza che, nell’ipotesi di cui all’art. 9 bis, non essendo necessaria alcuna attività di liquidazione ex art. 36 bis d.P.R. n. 600 del 1973 in ordine alla determinazione del “quantum”, esattamente indicato nell’importo specificato nella dichiarazione integrativa presentata ai sensi del terzo comma, con gli interessi di cui all’art. 4, il condono è condizionato dall’integrale e tempestivo pagamento di quanto dovuto e il pagamento rateale determina la definizione della lite pendente solo se è integrale e tempestivo per tutte le rate; da ultimo, Cass. 19546/11 “In tema di condono fiscale, in assenza di disposizioni quali quelle di cui agli artt. 8, 9, 15 e 16 della Ric. 2011 n. 21395 sez. MT – ud. 23-10-2013 -2- cancelleria la relazione di seguito integralmente trascritta: legge 27 dicembre 2002, n. 289 – che considerano efficaci le ipotesi di condono ivi regolate anche senza adempimento integrale insuscettibili di applicazione analogica, perché connesse a norme di tipo eccezionale, nell’ipotesi prevista dall’art. 9 bis della legge citata la non applicazione delle sanzioni si verifica solo se si provvede al pagamento (in un’unica soluzione o in modo rateale) delle imposte, nei termini e nei modi di cui alla medesima disposizione, con la conseguenza che, nel caso di omesso o non integrale pagamento, l’istanza di definizione diviene inefficace e si verifica la perdita della possibilità di avvalersi della definizione In conclusione, si ritiene che il procedimento possa essere definito in camera di consiglio, con la declaratoria di manifesta fondatezza del ricorso e la cassazione della sentenza gravata, con decisione di merito ex art. 384 cpc di rigetto del ricorso del contribuente.>>;

che l’intimata non è costituita;
che non sono state depositate memorie difensive;
che la relazione è stata comunicata al Pubblico Ministero e notificata alla
ricorrente;
che il Collegio condivide gli argomenti esposto nella relazione;
che pertanto, riaffermati i principi sopra richiamati, il ricorso va accolto, la
sentenza impugnata va cassata e, non essendo necessari ulteriori accertamenti
di fatto, la causa va decisa nel merito, ai sensi dell’articolo 384 cpc, con il
rigetto del ricorso introduttivo del contribuente.

P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso dell’Agenzia delle Entrate, cassa la sentenza
impugnata e, decidendo nel merito ai sensi dell’articolo 384 cpc, rigetta il
ricorso introduttivo del contribuente.
Compensa le spese delle fasi di merito e condanna l’intimata a rifondere alla
ricorrente le spese del giudizio di legittimità, che liquida in C 1.300 per
onorari, oltre t€ 100 per esborsi. rk r- 2,244-510′
Così deciso in Roma il 23 ottobre 2013.

anticipata”.

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