Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 27 del 05/01/2010

Cassazione civile sez. III, 05/01/2010, (ud. 23/11/2009, dep. 05/01/2010), n.27

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VARRONE Michele – Presidente –

Dott. FILADORO Camillo – Consigliere –

Dott. MASSERA Maurizio – Consigliere –

Dott. URBAN Giancarlo – rel. Consigliere –

Dott. VIVALDI Roberta – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

G.M.G., elettivamente domiciliata in Roma, Via

Valadier n. 48 presso lo studio dell’avv. Giuseppe Raguso,

rappresentata e difesa dall’avv. Carbone Alessandro giusta delega in

atti;

– ricorrente –

contro

F.A., domiciliato in Roma, presso la Cancelleria della

Corte di Cassazione, ai sensi dell’art. 366 c.p.c., comma 2,

rappresentato e difeso dall’avv. Aliani Angela giusta delega in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 950/04 della Corte d’Appello di Bari in data

17 settembre 2004, pubblicata il 29 ottobre 2004;

Udita la relazione del Consigliere dott. Giancarlo Urban;

udito l’avv. Angela Aliani;

udito il P.M. in persona del Cons. Dr. FINOCCHI GHERSI Renato che ha

concluso per l’inammissibilità o per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con citazione del 13 maggio 1998 G.M.G. conveniva avanti al Tribunale di Bari F.A., assumendo di aver concesso in mutuo allo stesso la somma di L. 80.000.000 nel marzo del 1995 e di avere invano chiesto la restituzione; chiedeva quindi la condanna dello stesso alla restituzione della somma mutuata di L. 80.000.000 oltre interessi legali e maggior danno.

Nel costituirsi, il F. negava di aver ricevuto le somme chieste dall’attrice, spiegando che esse erano state elargite, con spirito di liberalità, da essa G., al suocero del convenuto, nipote dell’attrice. Negava l’attore in ogni caso, di aver contratto un mutuo con la G..

Con sentenza 7 gennaio 2002, il Tribunale, ritenuta provata la dazione, condannava il convenuto alla restituzione in favore dell’attrice della somma di Euro 41.316,55 oltre interessi legali dalla domanda, attribuendo alla stessa attrice le spese del giudizio.

Il F. proponeva appello, lamentando, in sintesi, come il primo giudice avesse omesso di rilevare che, giusta consolidata giurisprudenza del S.C., la presunta mutuante non aveva fornito prova nè della dazione del danaro (non omettendosi di rilevare che tale dazione non fu testimoniata per diretta conoscenza del teste escusso, ma solo “de relato actoris” con valore probante nullo), nè del titolo che desse diritto alla restituzione della somma.

La Corte d’Appello di Bari, con sentenza del 29 ottobre 2004, in accoglimento dell’appello, rigettava la domanda della G., che condannava alle spese dei due gradi di giudizio.

Propone ricorso per cassazione G.M.G. con due motivi.

Resiste con controricorso A.F., che ha anche depositato memoria ai sensi dell’art. 378 c.p.c..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo, la G. denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 2734 c.c. in relazione all’art. 126 c.p.c., nonchè l’omessa e insufficiente motivazione su un punto decisivo della controversia, in quanto la Corte d’Appello aveva omesso di qualificare l’avvenuto incasso della somma di L. 55 milioni da parte del F., come parziale confessione e quindi avrebbe dovuto trarre le dovute conseguenze.

Con il secondo motivo si denuncia la violazione e la falsa applicazione degli artt. 1813 e 2697 c.c. e dell’art. 116 c.p.c. nonchè l’omessa e insufficiente motivazione su punti decisivi della controversia poichè la somma, di cui agli assegni incassati dal F., sarebbe stata impiegata per l’acquisto di un appartamento secondo precise intese intervenute tra le parti e quindi sarebbe spettato allo stesso F. dare la prova di aver restituito quanto ricevuto dalla G..

I due motivi vanno esaminati congiuntamente, in quanto tra loro connessi.

La sentenza impugnata ha correttamente applicato il principio, costantemente affermato dalla giurisprudenza, secondo il quale il legittimo possesso di assegni bancari da parte del prenditore fa sorgere una presunzione semplice di esistenza di un rapporto fondamentale che legittima la dazione di danaro, ma è onere della parte che ne chieda la restituzione dimostrare i fatti costitutivi di un altro tipo di rapporto – nella specie il contratto di mutuo – e che, in forza di questo, il prenditore sia tenuto a restituire le somme ricevute. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza della corte di merito che aveva rigettato la domanda di restituzione perchè la produzione delle copie degli assegni, da cui risultava la dazione di danaro dall’attrice al convenuto, non era decisiva per dimostrare la sussistenza del contratto di mutuo: Cass. 14 febbraio 2007 n. 3258).

La parte attrice non ha assolto a tale onere, risultando agli atti soltanto la prova della dazione della somma alla parte convenuta, ma non l’assunzione da parte del convenuto, di un obbligo di restituzione in forza di un contratto di mutuo In considerazione della particolare natura del rapporto e del vicolo di affinità che lega le parti, appare conforme a giustizia disporre la compensazione delle spese.

P.Q.M.

La Corte Suprema di Cassazione, Terza Sezione Civile, rigetta il ricorso e dichiara compensate le spese del giudizio di cassazione.

Così deciso in Roma, il 23 novembre 2009.

Depositato in Cancelleria il 5 gennaio 2010

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