Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 26997 del 26/11/2020

Cassazione civile sez. II, 26/11/2020, (ud. 11/09/2020, dep. 26/11/2020), n.26997

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – rel. Presidente –

Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere –

Dott. CASADONTE Annamaria – Consigliere –

Dott. GIANNACCARI Rossana – Consigliere –

Dott. VARRONE Luca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 21561/2019 proposto da:

A.A., rappresentato e difeso dall’avvocato ATTILIO CONVERSO,

giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, PROCURATORE DELLA REPUBBLICA PRESSO IL

TRIBUNALE BARI;

– intimati –

avverso il decreto di rigetto n. 2301/2019 del TRIBUNALE di BARI,

depositato il 27/05/2019;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

11/09/2020 dal Consigliere Dott. ROSA MARIA DI VIRGILIO.

La Corte:

 

Fatto

RILEVATO

che:

Con decreto del 27/5/2019, il Tribunale di Bari ha respinto il ricorso proposto da A.A., cittadino del (OMISSIS), avverso la decisione della locale Commissione territoriale, di reiezione delle domande di protezione internazionale ed umanitaria, ritenendo le dichiarazioni della parte (il ricorrente aveva riferito di avere lasciato il Pakistan per timore di essere ucciso dai sostenitori del partito (OMISSIS), per avere sostenuto nel 2013 il candidato indipendente H.M.; i sostenitori del (OMISSIS) avevano minacciato il ricorrente ed il fratello, li avevano aggrediti nel (OMISSIS), cagionando la morte del fratello, e nuovamente minacciato la parte nel (OMISSIS)) inidonee a provare uno stato di persecuzione e, quanto alla protezione sussidiaria, ha ritenuto infondato il rischio di essere ucciso al rientro in Pakistan, dato che a seguito delle elezioni del 2018, il partito di governo è quello antagonista del (OMISSIS), l’asserita militanza è confusamente rievocata e non sostenuta da serie convinzioni politiche, è dubbia l’appartenenza all’entourage politico del candidato indipendente che, tra l’altro, aveva riportato solo 188 voti a fronte degli oltre 58.000 del (OMISSIS).

Il Tribunale ha escluso la protezione sussidiaria, ritenendo, sulla base del rapporto EASO 2018 e analisi Acled del febbraio 2017, che nel nord del Punjab, ove si trova il distretto di Sarghoda, zona di provenienza dell’ A., non vi è un particolare radicamento del fenomeno terroristico, così come ha escluso la protezione umanitaria, ritenendo insussistente una specifica vulnerabilità del ricorrente e non provata adeguatamente l’integrazione sociale in Italia (vedi due contratti di lavoro a tempo determinato come bracciante agricolo, la cui paga mensile non è adeguata ad assicurare le ordinarie esigenze di vita, ma in ogni caso l’integrazione lavorativa di per sè non sarebbe sufficiente a supportare la concessione della protezione umanitaria).

Avverso detta pronuncia ricorre A.A., sulla base di cinque motivi.

Il ricorso è stato notificato alla Commissione territoriale presso l’Avvocatura distrettuale, che non ha svolto difese.

Diritto

CONSIDERATO

che:

Con il primo motivo, il ricorrente denuncia la violazione del combinato disposto del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 2, comma 1, lett. g) e h) e art. 14, per la ritenuta esclusione della protezione sussidiaria, richiamando il rapporto EASO 2018 e il peggioramento dei rapporti tra India e Pakistan al confine, nel Kashmir (scontro di (OMISSIS)), e sostiene che il Tribunale non ha valutato l’aggravarsi della situazione, come emerso dalla stampa internazionale.

Col secondo mezzo, il ricorrente si duole della violazione e/o falsa applicazione del D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 19, comma 8; nel motivo, il ricorrente si duole della valutazione eseguita sulla base di informazioni generiche e che non sarebbe stata esaminata la documentazione depositata (del tutto genericamente indicata).

Col terzo, denuncia la violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, sostiene che sarebbe stata necessaria una valutazione di quelle che appaiono discordanze e contraddizioni, e che del tutto illegittima e contraddittoria è la ritenuta irrilevanza dell’audizione della parte.

I primi tre mezzi, strettamente collegati, vanno valutati unitariamente e risultano in parte inammissibili, in parte infondati.

Nel fondo della denuncia, vi è sostanzialmente la censura alla valutazione del merito, condotta dal Tribunale in modo preciso ed analitico, sulla base del rapporto EASO 2018 con specifico riferimento al Punjab, all’interno del quale sono state individuate tre zone, concludendo nel senso che la sola zona a sud, confinante col Beluchistan, è maggiormente interessata da conflittualità generalizzata ed attacchi terroristici; inoltre, detta censura si avvale del riferimento allo scontro del (OMISSIS) tra India e Pakistan, che si è svolto nella diversa zona del Kashmir ed è del tutto generica la mancata valutazione della documentazione prodotta, di cui non si riportano gli estremi, nè si indica quando e con quale atto avvenuta la produzione.

Meramente labiale è il riferimento alla mancata audizione della parte, e in ogni caso, anche ad attribuire la natura di censura a detta doglianza, la parte non ha neppure allegato di avere richiesto l’audizione, come si richiede anche nell’orientamento (Cass. 9228/2020) secondo il quale, “Nei procedimenti di riconoscimento della protezione, internazionale o umanitaria, qualora la videoregistrazione del colloquio svoltosi in sede amministrativa non sia disponibile, o perchè non eseguita o perchè comunque non acquisita agli atti del processo, il giudice di merito deve sempre fissare l’udienza di comparizione personale del richiedente, da un lato al fine di consentire a quest’ultimo un accesso ed un contatto diretto con il suo giudice naturale precostituito per legge, e quindi la piena ed effettiva esplicazione delle garanzie processuali, e dall’altro lato in modo da acquisire tutti gli elementi necessari per condurre la valutazione di credibilità, o meno, della storia personale riferita dal richiedente medesimo. Ne deriva che detta udienza costituisce il luogo naturalmente deputato allo svolgimento dell’audizione personale del richiedente, che può essere evitata soltanto in via eccezionale, qualora il giudice di merito ritenga, all’esito di motivata decisione, che le contraddizioni e le carenze esterne della storia non possano essere superate dall’audizione stessa. In tal caso, va comunque garantita al richiedente la facoltà di rendere le proprie dichiarazioni”.

Col quarto, il ricorrente si duole della violazione e/o falsa applicazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32, comma 3, sostenendo che in caso di rimpatrio si troverebbe in situazione di grave vulnerabilità, che il Tribunale ha omesso di valutare le buste paga di (OMISSIS) comprovanti l’effettivo inserimento in Italia, che l’integrazione sociale, combinata con la privazione di diritti fondamentali, condizioni di estrema povertà o ambientali, comporta il riconoscimento della protezione umanitaria.

Il motivo presenta profili di inammissibilità ed infondatezza.

Premesso che delle buste paga di gennaio e febbraio la parte non ha indicato quando e con quale atto avesse provveduto alla produzione nel giudizio di merito, va rilevato che il Tribunale ha correttamente applicato i principi in materia, negando un effettivo inserimento nella realtà italiana sulla base dei due contratti a tempo determinato prodotti e comunque affermando che anche ove fornita detta prova, la stessa non sarebbe stata sufficiente a provare la vulnerabilità specifica.

Il Tribunale ha inoltre esplicitamente indicato come il ricorrente non avesse allegato, a base della richiesta di protezione umanitaria, tra i motivi di espatrio ragioni economiche, di talchè risultano inammissibili per novità le deduzioni e gli argomenti spesi dalla parte per sostenere come la vulnerabilità specifica deriverebbe anche dalla privazione in Pakistan dei diritti fondamentali a ragione delle difficoltà economiche.

Nel resto, il Tribunale ha correttamente applicato i principi espressi a riguardo nella nota pronuncia 4455/18, che ha affermato che, in materia di protezione umanitaria, il riconoscimento del diritto al permesso di soggiorno per motivi umanitari di cui al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, al cittadino straniero che abbia realizzato un grado adeguato di integrazione sociale in Italia, deve fondarsi su una effettiva valutazione comparativa della situazione soggettiva ed oggettiva del richiedente con riferimento al Paese d’origine, al fine di verificare se il rimpatrio possa determinare la privazione della titolarità e dell’esercizio dei diritti umani, al di sotto del nucleo ineliminabile costitutivo dello statuto della dignità personale, in correlazione con la situazione d’integrazione raggiunta nel Paese d’accoglienza. E la pronuncia Sez. U. 29459/19 ha ribadito che, in tema di protezione umanitaria, l’orizzontalità dei diritti umani fondamentali comporta che, ai fini del riconoscimento della protezione, occorre operare la valutazione comparativa della situazione soggettiva e oggettiva del richiedente con riferimento al Paese di origine, in raffronto alla situazione d’integrazione raggiunta nel paese di accoglienza, senza che abbia rilievo l’esame del livello di integrazione raggiunto in Italia, isolatamente ed astrattamente considerato.

Il quinto motivo si esaurisce in una genericissima doglianza sul mancato esame dei documenti prodotti, secondo la parte idonei a provare il positivo inserimento sociale.

Col sesto mezzo, il ricorrente si duole della revoca dell’ammissione al patrocinio a spese dello Stato.

Il mezzo è inammissibile.

Ed infatti, come affermato nella pronuncia 10487/20, l’adozione del provvedimento di revoca dell’ammissione al patrocinio a spese dello Stato con la pronuncia che definisce il giudizio di merito, anzichè con separato decreto, come previsto dal D.P.R. n. 115 del 2002, art. 136, non ne comporta mutamenti nel regime impugnatorio, che resta quello, ordinario e generale, dell’opposizione ex art. 170 dello stesso D.P.R., dovendosi escludere che quel provvedimento sia impugnabile immediatamente con il ricorso per cassazione. Conclusivamente, va respinto il ricorso e tale conclusione esime, per il principio della durata ragionevole del giudizio, dal disporre la rinnovazione della notificazione al Ministero dell’Interno presso l’Avvocatura generale, stante la nullità della notifica eseguita presso l’Avvocatura distrettuale (sul principio, nel caso di pronuncia di inammissibilità, si richiama la pronuncia 6924/2020).

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, va dato atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, va dato atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 11 settembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 26 novembre 2020

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