Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 26996 del 22/10/2019

Cassazione civile sez. I, 22/10/2019, (ud. 25/09/2019, dep. 22/10/2019), n.26996

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Presidente –

Dott. PARISE Clotilde – Consigliere –

Dott. FEDERICO Guido – Consigliere –

Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere –

Dott. PAZZI Alberto – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 24466/2018 proposto da:

B.M., elettivamente domiciliato in Roma, via Muzio Clementi n.

5, presso lo studio dell’Avvocato Valerio Santagata, rappresentato e

difeso dall’Avvocato Nicola Chieffo giusta procura in calce al

ricorso;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’Interno, in persona del Ministro pro tempore,

elettivamente domiciliato in Roma, via dei Portoghesi n. 12, presso

l’Avvocatura Generale dello Stato che lo rappresenta e difende ope

legis;

– controricorrente –

avverso il decreto del TRIBUNALE di CAMPOBASSO depositato il

27/6/2018;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

25/9/2019 dal Cons. Dott. Alberto Pazzi.

Fatto

RILEVATO

che:

1. con decreto in data 27 giugno 2018 il Tribunale di Campobasso respingeva il ricorso proposto da B.M. avverso il provvedimento di diniego di protezione internazionale emesso dalla locale Commissione territoriale al fine di domandare il riconoscimento dello status di rifugiato, del diritto alla protezione sussidiaria D.Lgs. n. 251 del 2007, ex artt. 2 e 14 e del diritto alla protezione umanitaria ai sensi del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32, comma 3 e D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6; in particolare il Tribunale riteneva che il racconto del migrante (il quale aveva riferito di essere fuggito dalla Guinea dopo essere stato picchiato e imprigionato a causa delle false accuse rivolte nei suoi confronti dalla moglie dello zio) non fosse credibile, in ragione del suo contenuto lacunoso, contraddittorio e incongruente;

ciò constatato, il collegio di merito: i) osservava che non vi erano ragioni che consentissero di ipotizzare che il ricorrente potesse essere soggetto a persecuzioni di alcun genere o a trattamenti inumani e degradanti in caso di ritorno nel suo paese di origine; ii) rilevava che la Guinea non risultava essere in preda alla guerra civile o a una situazione di conflitto interno ad essa paragonabile tali da determinare un rischio effettivo di danno grave o una situazione di violenza indiscriminata; iii) riteneva che non fosse accoglibile neppure la domanda di protezione umanitaria, dato che il richiedente asilo, in età adulta, non presentava alcuna malattia ed era privo di legami specifici e personali con il paese di accoglienza; iv) reputava infine che a ciò non fosse utile neppure l’asserita situazione di integrazione nel contesto nazionale, in quanto il migrante non si era allontanato da una situazione di significativa ed effettiva deprivazione dei diritti umani;

in forza di questi argomenti il Tribunale rigettava le domande proposte, revocando nel contempo l’ammissione al patrocinio a spese dello Stato, poichè le ragioni del ricorso erano manifestamente infondate e dunque fin dall’origine erano stati insussistenti i presupposti per l’ammissione a un simile patrocinio;

2. ricorre per cassazione avverso questa pronuncia B.M., al fine di far valere tre motivi di impugnazione, a cui ha resistito con controricorso il Ministero dell’Interno.

Diritto

CONSIDERATO

che:

3.1 il primo motivo di ricorso denuncia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5 e l’omessa applicazione della regola dell’onere della prova agevolato: il Tribunale, malgrado dovesse fare applicazione del regime dell’onere della prova previsto dal D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5, svolgendo un ruolo attivo nell’istruzione della domanda, avrebbe adottato un provvedimento di diniego di contenuto stereotipato, senza apprezzare adeguatamente le risposte precise e dettagliate fornite dal migrante e manifestando dubbi circa la sua attendibilità del tutto privi di fondamento;

3.2 il secondo motivo di ricorso assume, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, la violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 3, lett. a), b) e c) e art. 118 disp. att. c.p.c., comma 1: il Tribunale, richiamando un’unica fonte ministeriale senza minimamente motivare in ordine alle fonti terze indicate dal ricorrente, non avrebbe esaminato in maniera esauriente la disastrosa situazione socio-politica della Guinea, di gravità tale da consentire di ravvisare quanto meno i presupposti per il riconoscimento del permesso di soggiorno per motivi umanitari, e in questo modo avrebbe violato il disposto dell’art. 118 disp. att. c.p.c., che imporrebbe al giudice di non adottare provvedimenti non in aperto contrasto con pronunce di altri giudici;

3.3 i motivi, da esaminarsi congiuntamente in ragione del comune riferimento all’inadeguato assolvimento degli obblighi istruttori e di valutazione della congerie disponibile da parte del giudice di merito, sono il primo inammissibile, il secondo in parte inammissibile, in parte infondato;

3.3.1 in materia di protezione internazionale l’accertamento del giudice di merito deve innanzitutto avere a oggetto la credibilità soggettiva della versione dei fatti offerta dal richiedente circa l’esposizione a rischio grave alla vita o alla persona;

l’attenuazione dell’onere probatorio a carico del richiedente asilo non esclude l’onere per quest’ultimo di compiere ogni ragionevole sforzo per circostanziare la domanda, D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 3, comma 5, lett. a), essendo possibile solo in tal caso considerare veritieri i fatti narrati; la valutazione di affidabilità del dichiarante D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, ex art. 3, comma 5, da compiersi in maniera unitaria tenendo conto dei riscontri oggettivi e del rispetto delle condizioni soggettive di credibilità contenute nella norma, costituisce poi un apprezzamento di fatto rimesso al giudice del merito;

questo apprezzamento di fatto è censurabile in cassazione solo ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, come omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, come mancanza assoluta della motivazione, come motivazione apparente, come motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile, mentre si deve escludere la rilevanza della mera insufficienza di motivazione e l’ammissibilità della prospettazione di una diversa lettura e interpretazione delle dichiarazioni rilasciate dal richiedente, trattandosi di censura attinente al merito;

per contro il giudizio circa la credibilità del ricorrente non può essere censurato sub specie di violazione di legge, poichè il vizio di violazione di legge consiste nella deduzione di un’erronea ricognizione, da parte del provvedimento impugnato, della fattispecie astratta recata da una norma di legge e implica necessariamente un problema interpretativo della stessa, mentre l’allegazione di un’erronea ricognizione della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa è, invece, esterna all’esatta interpretazione della norma e inerisce alla tipica valutazione del giudice di merito, sottratta al sindacato di legittimità (Cass. 3340/2019);

il primo mezzo risulta così inammissibile, dato che, attraverso la denuncia della violazione di norme di legge relative alla valutazione sulla credibilità del richiedente protezione internazionale, finisce per sollecitare una ricostruzione della fattispecie concreta difforme da quella accertata dal Tribunale;

3.3.2 la constatazione dell’inverosimiglianza del racconto esimeva poi il Tribunale dal compiere un approfondimento istruttorio officioso circa la prospettata situazione persecutoria o pregiudizievole nel paese di origine: infatti, qualora le dichiarazioni siano giudicate inattendibili alla stregua degli indicatori di genuinità soggettiva di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, non occorre procedere a un approfondimento istruttorio officioso circa la prospettata situazione persecutoria nel paese di origine, salvo che la mancanza di veridicità derivi esclusivamente dall’impossibilità di fornire riscontri probatori (Cass. 16925/2018);

3.3.3 ai fini del riconoscimento della protezione sussidiaria, ai sensi del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), è dovere del giudice verificare, avvalendosi dei poteri officiosi di indagine e informazione di cui al D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, se la situazione di esposizione a pericolo per l’incolumità fisica indicata dal ricorrente, astrattamente riconducibile ad una situazione tipizzata di rischio, sia effettivamente sussistente nel paese nel quale dovrebbe essere disposto il rimpatrio, sulla base di un accertamento che deve essere aggiornato al momento della decisione (Cass. 17075/2018);

il Tribunale si è ispirato a simili criteri, laddove ha rappresentato, sulla scorta delle informazioni internazionali consultate (costituite dal report del Ministero degli Esteri pubblicato il 6 giugno 2018 e dal rapporto di Amnesty International 2017/20189, come risulta indicato all’interno del provvedimento adottato), che in Guinea non risultava segnalata l’esistenza di conflitti armati in corso;

a fronte di questo accertamento – che rientra nel giudizio di fatto demandato al giudice di merito – la doglianza intende nella sostanza proporre una diversa lettura dei fatti di causa, traducendosi in un’inammissibile richiesta di rivisitazione del merito (Cass. 8758/2017);

3.3.4 il disposto dell’art. 118 disp. att. c.p.c., non impone affatto al giudicante “di adottare provvedimenti non in aperto contrasto con altre pronunce di altri giudici”, nel senso sostenuto dal ricorrente;

la norma infatti, nell’individuare il contenuto della sentenza prescritto dall’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, offre al giudicante la possibilità di svolgere la motivazione attraverso il richiamo di precedenti conformi;

si tratta dunque di una facoltà funzionale allo snellimento dello sforzo argomentativo e non di un obbligo di motivazione rispetto ai precedenti in materia, nè, tanto meno, di un obbligo di conformarsi ai medesimi;

4.1 il terzo motivo di ricorso lamenta, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, la violazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6: il Tribunale, pur in presenza della prova oggettiva dell’integrazione sociale del richiedente asilo e della sua condizione di vulnerabilità, avrebbe erroneamente considerato insufficienti questi elementi ai fini del riconoscimento della protezione umanitaria benchè gli stessi fossero di gravità tale da giustificare una differente conclusione del giudice di merito;

4.2 il motivo è inammissibile, a prescindere da ogni questione concernente l’applicazione al caso di specie della disciplina normativa introdotta dal D.L. n. 113 del 2018, convertito con modificazioni dalla L. n. 132 del 2018;

il collegio di merito, dopo aver sottolineato che la condizione di integrazione del ricorrente non poteva essere valorizzata come fattore esclusivo per il riconoscimento della protezione umanitaria, ma concorreva, in uno con la valutazione delle condizioni di rimpatrio, a determinare una situazione di vulnerabilità, ha ritenuto che il richiedente asilo non fosse meritevole neppure della protezione residuale richiesta, in quanto, stante la non credibilità del suo racconto e tenuto conto dell’informazioni raccolte sulla situazione esistente nel suo paese di origine, non sussisteva un rischio attuale che questi venisse rimpatriato in un contesto tale da costituire una significativa ed effettiva compromissione dei suoi diritti fondamentali e inviolabili;

a fronte di questi accertamenti – che rientrano nel giudizio di fatto demandato al giudice di merito – la doglianza intende nella sostanza proporre una diversa lettura dei fatti di causa, traducendosi in un’inammissibile richiesta di rivisitazione del merito della controversia (Cass. 8758/2017);

5. in forza dei motivi sopra illustrati il ricorso va pertanto rigettato;

le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al rimborso delle spese del giudizio di cassazione, che liquida in Euro 2.100 oltre a spese prenotate a debito.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato in misura pari a quello per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, ove dovuto.

Così deciso in Roma, il 25 settembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 22 ottobre 2019

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