Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 26995 del 27/12/2016


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Cassazione civile, sez. un., 27/12/2016, (ud. 20/12/2016, dep.27/12/2016),  n. 26995

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONI UNITE CIVILI

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. RORDORF Renato – Primo Presidente aggiunto –

Dott. SCHIRO’ Stefano – Presidente di sez. –

Dott. AMOROSO Giovanni – Presidente di sez. –

Dott. DIDONE Antonio – Presidente di sez. –

Dott. DI IASI Camilla – Presidente di sez. –

Dott. PETITTI Stefano – Presidente di sez. –

Dott. RAGONESI Vittorio – Consigliere –

Dott. D’ANTONIO Enrica – Consigliere –

Dott. GIUSTI Alberto – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 27321-2015 proposto da:

T.F., elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE BRUNO BUOZZI

82, presso lo studio degli Avvocati GREGORIO IANNOTTA e FEDERICA

IANNOTTA, che lo rappresentano e difendono, per delega in calce al

ricorso;

– ricorrente –

contro

PROCURATORE GENERALE RAPPRESENTANTE IL PUBBLICO MINISTERO PRESSO LA

CORTE DEI CONTI, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA BAIAMONTI

25;

– controricorrente –

e contro

ENTE AUTONOMO PARCO NAZIONALE D’ABRUZZO, LAZIO E MOLISE;

– intimato –

avverso la sentenza n. 482/2015 della CORTE DEI CONTI – SEZIONE PRIMA

GIURISDIZIONALE CENTRALE DI APPELLO – ROMA, depositata il

14/09/2015;

Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

20/12/2016 dal Consigliere Dott. ALBERTO GIUSTI;

udito l’Avvocato FEDERICA IANNOTTA;

udito il P.M., in persona dell’Avvocato Generale Dott. FUZIO

Riccardo, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

1. – T.F., direttore sovrintendente del Parco Nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise, è stato condannato, con sentenza divenuta irrevocabile, per il reato di peculato in relazione all’utilizzo indebito di carte di credito dell’Ente (sentenza Corte d’appello di L’Aquila n. 1778 del 2010, e sentenza della Corte di cassazione n. 1174 del 2012, che ha dichiarato inammissibile il ricorso).

In parallelo, si era svolto un processo contabile per responsabilità erariale, conclusosi in appello con la condanna del T. al pagamento del danno patrimoniale pari a Euro 10.121,53 (sentenza della Corte dei conti, sezione giurisdizionale d’appello, n. 167 del 19 giugno 2007).

2. – A seguito di citazione da parte della Procura regionale della Corte dei conti per l’Abruzzo del 12 giugno 2013, la Sezione giurisdizionale regionale, con sentenza dell’11 febbraio 2014, ha condannato il T., in relazione alla vicenda della accertata fattispecie criminosa per il delitto contro la P.A., al risarcimento del danno all’immagine in favore dell’Ente autonomo Parco Nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise, nella misura di Euro 20.000.

La Corte dei conti, sezione giurisdizionale d’appello, con sentenza in data 14 settembre 2015, in parziale accoglimento del gravame, ha rideterminato il danno all’immagine risarcibile in Euro 10.000, importo comprensivo di rivalutazione monetaria.

3. – Per la cassazione della sentenza di questa sentenza della Corte dei conti il T. ha proposto ricorso, con atto notificato il 10 novembre 2015, sulla base di due motivi.

Il Procuratore generale rappresentante il pubblico ministero presso la Corte dei conti ha resistito con controricorso.

L’altro intimato – l’Ente autonomo Parco Nazionale – non ha svolto attività difensiva in questa sede.

In prossimità dell’udienza il ricorrente ha depositato una memoria illustrativa.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. – Con il primo motivo (difetto di giurisdizione della Corte dei conti in considerazione della irretroattività della disposizione normativa di cui al D.L. 1 luglio 2009, n. 78, art. 17, comma 30-ter, convertito nella L. 3 agosto 2009, n. 102) il ricorrente sostiene che i fatti contestati sono stati posti in essere anteriormente al marzo 2002 (data di cessazione dalla carica di direttore dell’Ente Parco), e quindi prima dell’entrata in vigore della L. n. 102 del 2009. Ad avviso del ricorrente, il citato art. 17, comma 30-ter, disciplinando anche sotto il profilo della prescrizione l’azione di responsabilità contabile per il risarcimento del danno all’immagine della P.A., è norma di natura sostanziale, come tale operante solo con riferimento ai fatti posti in essere dopo l’entrata in vigore della norma, e quindi inapplicabile al caso di specie, con conseguente difetto di giurisdizione del giudice contabile.

1.1. – Il motivo è inammissibile.

Secondo la costante giurisprudenza di questa Corte regolatrice (Sez. U., 7 giugno 2012, n. 9188; Sez. U., 23 novembre 2012, n. 20728; Sez. U., 7 dicembre 2016, n. 25042), in tema di responsabilità contabile, la norma del D.L. n. 78 del 2009, art. 17, comma 30-ter, che ha circoscritto la possibilità del pubblico ministero presso la Corte dei conti di agire per il risarcimento del danno all’immagine di enti pubblici (pena la nullità degli atti processuali computi) ai soli fatti costituenti delitti contro la P.A., accertati con sentenza passata in giudicato – introduce una condizione di mera proponibilità dell’azione di responsabilità davanti al giudice contabile (incidente, dunque, sui soli limiti interni della giurisdizione di tale giudice) e non una questione di giurisdizione, posto che ad incardinare la giurisdizione della Corte dei conti è necessaria e sufficiente l’allegazione di una fattispecie oggettivamente riconducibile allo schema del rapporto d’impiego o di servizio del suo preteso autore, mentre afferisce al merito ogni problema relativo alla sua effettiva esistenza.

Ne deriva che la deduzione relativa all’ambito temporale di applicazione dell’art. 17, comma 30-ter, e, in particolare, alla ritenuta impossibilità di perseguire il danno all’immagine per fatti generatori dell’illecito contabile antecedenti all’introduzione della citata disposizione, pone esclusivamente un problema di proponibilità dell’azione di responsabilità da far valere dinanzi alla Corte dei conti, senza dar luogo ad una questione di giurisdizione.

2. – Con il secondo mezzo, il ricorrente prospetta il difetto di giurisdizione della Corte dei conti sotto altro profilo, per avere il giudice contabile consumato la potestas decidendi con la sentenza della Corte dei conti, sezione giurisdizionale centrale d’appello, n. 167 del 2007, scaturendo il danno all’immagine dagli stessi fatti già oggetto della sentenza definitiva del giudice contabile di condanna al risarcimento del danno patrimoniale.

2.1. – Anche questo motivo è inammissibile.

Poichè rientra nella giurisdizione della Corte dei conti la cognizione dell’azione di responsabilità amministrativa sia per il danno derivante da perdita patrimoniale diretta, sia per il danno all’immagine dell’ente (Sez. U., 27 settembre 2006, n. 20886), la questione dedotta – che, nel porre in discussione il cumulo dei due titoli di responsabilità, prospetta l’esaurimento del potere cognitivo del giudice per il divieto di bis in idem – non concerne in realtà l’eventuale sconfinamento dai limiti esterni della propria giurisdizione da parte del giudice contabile, ovvero l’esistenza stessa di vizi riguardanti l’essenza della funzione giurisdizionale, ma riguarda solo una modalità operativa, attinente al merito, e pertanto i limiti interni.

3. – Il ricorso è inammissibile.

4. – Non vi è luogo a pronuncia in ordine alle spese, stante la natura di parte soltanto in senso formale del controricorrente Procuratore generale, rappresentante l’Ufficio del pubblico ministero presso la Corte dei conti.

5. – Poichè il ricorso è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 ed è dichiarato inammissibile, sussistono le condizioni per dare atto – ai sensi della L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – Legge di stabilità 2013), che ha aggiunto il comma 1 quater al testo unico di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, – della sussistenza dell’obbligo di versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 20 dicembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 27 dicembre 2016

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