Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 26991 del 26/11/2020

Cassazione civile sez. II, 26/11/2020, (ud. 08/09/2020, dep. 26/11/2020), n.26991

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Felice – Presidente –

Dott. GORJAN Sergio – rel. Consigliere –

Dott. GIANNACCARI Rossana – Consigliere –

Dott. DONGIACOMO Giuseppe – Consigliere –

Dott. VARRONE Luca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 24952/2019 proposto da:

A.D., rappresentato e difeso dall’avv. MICHELE CAROTTA;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, (OMISSIS), IN PERSONA DEL MINISTRO PRO

TEMPORE, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e

difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1516/2019 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA,

depositata il 09/04/2019;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

08/09/2020 dal Consigliere Dott. SERGIO GORJAN.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

A.D. – cittadino della (OMISSIS) – ebbe a proporre ricorso avanti il Tribunale di Venezia avverso la decisione della Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale di Verona che aveva rigettato la sua istanza di protezione internazionale in relazione a tutti gli istituti previsti dalla relativa normativa.

Il ricorrente deduceva d’aver dovuto lasciare il suo Paese poichè nella zona, in cui era sito il suo villaggio, sussisteva conflitto di natura religiosa tra giovani mussulmani e la comunità cristiana, cui egli apparteneva.

Dapprima era andato con la madre a vivere in altra località sita nel sud del Paese, ma, morta la madre, era tornato nel villaggio natale da dove era poi scappato quando – non vide un tanto personalmente – un razzo ebbe a colpire la sua casa.

Il Tribunale veneto ebbe a rigettare il ricorso ritenendo la vicenda personale narrata dal ricorrente non credibile; non sussistente nello Stato nigeriano di effettiva provenienza del richiedente asilo una situazione socio-politica caratterizzata da violenza diffusa e non concorrenti ragioni attuali di vulnerabilità od elementi lumeggianti integrazione nella società italiana ai fini della protezione umanitaria.

Il richiedente asilo ebbe a proporre gravame avanti la Corte d’Appello di Venezia che rigettò l’impugnazione mossa poichè effettivamente non credibile la ragione fornita dal richiedente asilo a giustificazione del suo abbandono della Nigeria; non concorrente nello Stato nigeriano, dal quale effettivamente proveniva, situazione qualificabile siccome caratterizzata da violenza diffusa e non svolta specifica censura circa il diniego della protezione umanitaria, relativamente alla quale comunque non aveva fornito adeguati dati fattuali lumeggianti condizione di vulnerabilità e di effettiva integrazione sociale in Italia.

Il richiedente asilo ha proposto ricorso per cassazione avverso il provvedimento

della Corte marciana articolato su tre motivi.

Il Ministero degli Interni, ritualmente evocato, ha resistito con controricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Il ricorso svolto da A.D. appare siccome inammissibile a sensi dell’art. 360 bis c.p.c. – siccome la norma ricostruita ex Cass. SU n. 7155/17.

Con la prima ragione di doglianza il D. lamenta violazione dei principi che regolano l’onere della prova in materia, poichè la Corte marciana s’è limitata a far proprio il ragionamento logico-fattuale elaborato dal Tribunale senza operare alcun approfondimento ed integrazione istruttoria ex officio, non valutando lo sforzo probatorio da lui compiuto e sovravalutando la circostanza che egli non conoscesse i dialetti locali parlati nella zona di sua indicata origine, bensì parlasse solo la lingua inglese.

La censura s’appalesa siccome inammissibile poichè generica in quanto viene sviluppato argomento meramente assertivo ed astratto senza un effettivo confronto con la motivazione illustrata dal Collegio lagunare, per giunta deducendo errore di diritto palesemente incongruo rispetto all’argomento critico sviluppato nel motivo di ricorso.

Difatti il Collegio marciano non ha affatto violato il principio afferente l’onere della prova posto che s’è limitato a valutare la credibilità del narrato, reso dal richiedente asilo per evidenziare le ragioni sottese all’abbandono del suo Paese, che risulta essere una degli elementi indice previsti dalla normativa in tema per poter superare la carenza di prova a sostegno della domanda di protezione internazionale proposta.

Quindi l’apprezzamento operato dalla Corte territoriale prescinde dal principio dell’onere della prova e non risulta contestato dal ricorrente con argomenti puntuali afferenti la valutazione al riguardo esposta dalla Corte marciana.

Difatti il Collegio lagunare ha puntualmente esaminato le dichiarazioni significative rese dal ricorrente e posto in evidenza, dopo aver illustrato le ragioni specifiche del gravame sul punto, le contraddizioni ed incongruenze presenti in dette dichiarazioni – ignoranza della lingua locale del villaggio in cui sarebbe nato ed avrebbe abitato per anni, frequentando anche la locale scuola; la non conoscenza del nome degli abitati confinanti con il suo; ritorno nel villaggio dopo che assieme alla madre ne sarebbe scappato per sottrarsi alle violenze per ragioni religiose ivi esistenti -, così palesando l’intervenuto partito esame delle ragioni critiche mosse alla prima sentenza e l’elaborazione di specifica risposta.

A fronte di un tanto il ricorrente si limita ad apoditticamente ribadire la veridicità de suo racconto ed a lamentare il mancato approfondimento istruttorio al riguardo da parte dei Giudici di merito, senza considerare che la non credibilità del suo narrato rende irrilevanti detti elementi in difetto dell’esistenza di una specifica persecuzione – Cass. sez. 1 n. 4892/19, Cass. sez. 1 n. 15794/19, Cass. sez. 1 n. 10286/20.

Con il secondo mezzo d’impugnazione proposto il ricorrente deduce nullità della sentenza impugnata per violazione delle norme D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 2, comma 1, lett. g) e art. 14 ed D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32, comma 3, per erronea valutazione del contesto di provenienza del richiedente asilo ed insufficienza dei criteri interpretativi utilizzati per rigettare la domanda di protezione.

Il ricorrente, sulla scorta di ricognizione normativa e giurisprudenziale dell’istituto della protezione sussidiaria e della protezione umanitaria, rileva come il Collegio marciano non abbia adeguatamente considerato la situazione di violenza diffusa in cui versa la società nigeriana ai fini della concorrenza dei requisiti prescritti dalla legge per il riconoscimento dei due istituti citati.

Deve, in limine, il Collegio osservare circa il vizio siccome denunziato, come la violazione ex art. 360 c.p.c., n. 3, non dia origine a vizio di nullità e come il richiamo al vizio ex art. 360 c.p.c., n. 5, in effetti sia privo della specifica indicazione del fatto storico, di cui sarebbe stata omesso l’esame.

Nel concreto, poi, va rilevato come la censura mossa si declina siccome argomentazione astratta priva di ogni specifico confronto con la motivazione illustrata dalla Corte serenissima.

Difatti il ricorrente lamenta la mancata adeguata considerazione della situazione socio-politica della Nigeria specie nel nord del Paese, avendo invece la Corte marciana esaminato la questione sotto il profilo della situazione negli Stati federali allogati nel sud del Paese.

Anche detta censura si compendia nell’apodittica contestazione della motivata statuizione adottata dal Collegio lagunare sul punto, mediante ritrascrizione di norme ed elaborazione di propria tesi alternativa fondata sulla ribadita affermazione di provenire da Stato sito nel nord della Nigeria.

Viceversa il Collegio marciano, mediante l’esposizione di puntuale motivazione al riguardo, ha escluso che il ricorrente provenisse dall’indicato Stato del Borno – di cui nemmeno conosceva la lingua in uso locale ed il nome di alcun altro villaggio che il suo -, ritenendo che invece provenisse da uno degli Stati nigeriani siti al sud – dove era asseritamente solo emigrato per sfuggire alle violenze – e rispetto alla cui situazione socio-politica ha centrato il suo esame.

Esame condotto – secondo il parametro di legge – al fine di accertare l’eventuale concorrenza di una situazione socio-politica connotata da violenza diffusa secondo l’accezione individuata dalla Corte Europea – sulla scorta di indicati aggiornati rapporti redatti da Organismi internazionali all’uopo preposti.

E tale statuizione non viene attinta dal ricorrente con specifica censura, specie suffragata – Cass. sez. 1 n. 26728/19 – con l’indicazione di altri rapporti rilevanti non esaminati dal Collegio veneto.

Con la terza ragione di doglianza – denominata quarta nel ricorso – il D. deduce vizio per difetto di motivazione sostanziale in quanto apparente ovvero manifestamente incomprensibile non risultando l’argomentazione svolta dal Collegio marciano collegata alla sua vicenda personale.

La censura mossa risulta inammissibile poichè l’argomento critico svolto si limita ad apodittica affermazione che la sentenza impugnata palesa motivazione apparente ovvero manifestamente incomprensibile senza la minima elaborazione di una argomentazione critica a suffragio di detta denunzia.

Alla declaratoria d’inammissibilità dell’impugnazione non segue, ex art. 385 c.p.c., la condanna del ricorrente alla rifusione delle spese di lite di questo giudizio di legittimità in favore dell’Amministrazione costituita poichè il controricorso privo dei requisiti propri di detto atto processuale.

Concorrono in capo al ricorrente le condizioni processuali per l’ulteriore pagamento del contributo unificato.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso, nulla per le spese.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della parte ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso a norma D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nell’adunanza in Camera di consiglio, il 8 settembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 26 novembre 2020

 

 

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