Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 26983 del 02/12/2013


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Civile Sent. Sez. 2 Num. 26983 Anno 2013
Presidente: ODDO MASSIMO
Relatore: SCALISI ANTONINO

SENTENZA

sul ricorso 15691-2009 proposto da:
PITTORRA MARIA TERESA *PTTMTR45H451329Y,

PITTORRA

GIORGIO PTTGRG35H16F9791, PITTORRA GONARIO
PTTGNR37P15F9791, elettivamente domiciliati in ROMA,
VIALE CARSO 77, presso lo studio dell’avvocato
PONTECORVO EDOARDO, che li rappresenta e difende
2013

unitamente all’avvocato ALBERINI LUCIANO;
– ricorrenti –

1974

contro

PITTORRA

ANTONIO

PTTNTN40H291329H,

elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA CHISIMAIO 29, presso lo

Data pubblicazione: 02/12/2013

studio

dell’avvocato

BARRACCA TAMARA,

che

lo

rappresenta e difende unitamente all’avvocato SPANU
ALBERTO;
– controricorrente nonchè contro

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IDOCCU ELENA;
– intimati –

avverso la sentenza n. 59/2009 della CORTE D’APPELLO
di CAGLIARI sezione distaccata di SASSARI, depositata
il 02/02/2009;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 26/09/2013 dal Consigliere Dott. ANTONINO
SCALISI;
udito l’Avvocato ALBERINI Luciano, difensore dei
ricorrenti che ha chiesto l’accoglimento del ricorso;
udito

l’Avvocato

SPANU Alberto,

difensore

del

resistente che ha chiesto il rigetto del ricorso;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. AURELIO GOLIA che ha concluso per il
rigetto del ricorso.

I9DOCCU GIORGIO, IDOCCU ROSETTA, IDOCCU MARIA RINA,

_
Svolgimento del processo
Con due atti di citazione, successivamente riuniti in un unico procedimento,
Pittorra Antonio conveniva in giudizio davanti al Tribunale di Nuoro i fratelli
Pittorra Giorgio, Gonario e Maria Teresa, nonché Iddoccu Maria Rina, Elena

Giorgio e Rosetta al fine di sentire dichiarare l’avvenuta usucapione in proprio

favore di due immobili in agro di San Teodoro, rispettivamente in località
Stirritoggiu e Cala d’Ambra. Precisava che fin dall’epoca in cui viveva il
genitore, proprietario dei terreni egli aveva costruito due locali adibiti a bar
dancing e li aveva gestiti in proprio, costituendovi due aziende turistiche a lui
interestate percependone i redditi.
Resistevano i convenuti eccependo che il compendio ereditario era stato
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gestito dapprima dal genitore e dal 1984, cioè dalla morte del genitore, in

comune tra tutti gli eredi. In via riconvenzionale, chiedevano la scioglimento
della comunione ereditario includendovi i beni in oggetto.
Il Tribunale di Nuoro con sentenza non definitiva del 2007 accoglieva la
domanda ritenendo che: a) il locale edificato in località Cala d’Ambra
risultava gestito dal 1971 dall’attore dato che fin dal 1971 risultava titolare
della relativa licenza commerciale richiedente fin dal 1969 della licenza di
costruzione, fin dal 1973 Pittorra Antonino aveva chiesto la licenza per
l’organizzazione di trattenimenti danzanti e aveva, successivamente, pagato
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anno per anno le relative imposte e sanato le contravvenzioni finanziarie ,
ottenuto le licenze edilizie di agibilità e provveduto a sanare gli abusi edilizi.;
b) il locale edificato in località Stinitoggiu era stato edificato dopo che nel
1979 il Pittorra aveva ottenuto l’autorizzazione a trasformare un edificio
rurale ivi esistente, in ritrovo pubblico ed aveva successivamente ottenuto
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_
tutte le necessarie licenze e provveduto a sanare le contravvenzioni finanziarie
e gli abusi edilizi.. Il Tribunale escludeva, altresì’, che fosse stata creata dal
comune dante causa un’azienda familiare e rilevava che i beni in controversia
non erano stati compresi nella denuncia di successione del Pittorra Giovanni

domiunus pubblico e pacifico per tutto il decorso del periodo utile
all’usucapione

e, pertanto,

lo dichiarava proprietario

dei fondi in

contestazione.
Avverso la sentenza del Tribunale di Nuoro proponevano appello Pittorra
Giorgio, Gonario e Maria Teresa deducendo che la prova documentale cui il
primo giudice aveva fatto riferimento non sarebbe stata sufficiente a impostare
_
il dato essenziale della relazione materiale dell’attore con i beni in

contestazione considerato che le licenze amministrative (edificatorie e
commerciali) rilasciate a chi si fosse dichiarato proprietario degli immobili
non sarebbero stati sufficienti a dimostrare il concreto esercizio di tutte le
corrispondenti facoltà.
Per altro il Tribunale, sempre a dire degli appellanti avrebbe omesso di
verificare se il possesso non fosse da attribuirsi a mera tolleranza dei parenti
divenuti comproprietari per successione ereditaria.
La Corte di Appello di Cagliari con sentenza n. 59 del 2009 rigettava l’appello
e confermava la sentenza di primo grado. Secondo la Corte cagliaritana nel
caso concreto, correttamente il Tribunale di Nuoro aveva ravvisato un
possesso utile per l’usucapione da parte di Pittorra Antonio, considerato che
questi aveva provveduto ad una radicale trasformazione della destinazione
economica degli immobili, oggetto della controversia, da quella meramente
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Antonino e riteneva che l’attore avesse dimostrato l’esercizio del possesso uti

_
agricola a quella commerciale (attività di intrattenimento turistico

e non

risultava che avesse operato nell’interesse del genitore e/o avesse proseguito
l’attività imprenditoriale nell’interesse degli altri coeredi. Piuttosto, l’animus
di utilizzare la cosa nel proprio esclusivo interesse era palesata dall’esclusiva
percezione dei redditi da essa derivante.

La cassazione di questa sentenza è stata chiesta da Pittorra Giorgio, Gonario e
Maria Teresa, con ricorso affidato a due motivi, illustrati con memoria.
Pittorra Antonio ha resistito con controricorso.
Motivi della decisione
1.= Pittorra Giorgio, Gonario e Maria Teresa lamentano:
a) con il primo motivo la violazione o falsa applicazione degli artt. 565 e 566,
primo comma, 1158, 1141, secondo comma, 1146, primo comma, 1102,
_

secondo comma, 2697, primo e secondo comma, 2727, 2729, primo comma,
cod. civ., 115, primo comma e 116, primo comma, codice procedura civile, in
relazione all’art. 360, primo comma, 3), codice procedura civile.
Secondo i ricorrenti, la Corte cagliaritana avrebbe omesso di valutare (come
invece imponevano le risultanze delle prove documentali e testimoniali
acquisite al processo a cura degli attuali ricorrenti) che l’attore Antonio
Pittorra avrebbe dovuto, anzitutto, provare con fatti davvero incontrovertibili

il reale corpus possessionis degli immobili oggetto di causa da parte sua. In
particolare, la Corte di merito, sempre a dire dei ricorrenti, non avrebbe preso
in considerazione il contenuto di 36 incontestabili documenti da loro prodotti
e delle deposizioni di cinque attendibili testimoni che dimostrerebbero la
partecipazione degli stessi ricorrenti alla gestione dei due locali od
_
all’esercizio di diritti contrastanti con la signoria di fatto che su di essa veniva
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espletata dal fratello. D’altra parte, essendo il potere di fatto sul bene un
elemento costitutivo della pretesa si sarebbe dovuto provare nella sua
manifestazione materiale e non, invece, attraverso il ricorso a meri dati
formali.

Pertanto, concludono i ricorrenti dica la Corte di Cassazione “se la Corte di

Appello di Cagliari abbia violato e/o falsamente applicato le norme di diritto
precisate nell’epigrafe di questo primo motivo di ricorso erroneamente
omettendo di motivare e di decidere, conseguentemente e logicamente: 1) che
l’attore signor Antonino (Nino) Pittorra al quale la legge faceva esclusivo
carico tale onus probandi, ha totalmente omesso di provare il corpus
possesionis, l’animus sibi res habendi uti dominus e la esclusività del
possesso, per legge ininterrotto e ultraventermale, degli immobili di ingente
valore e delle notevoli e proficue attività imprenditoriali e commerciali in esse
esercitate, tutti oggetto dell’asserita e giudizialmente rivendicata usucapione
per cui è causa. 2) che per contro i ricorrenti sigg. Giorgio, Gonario e Maria
Teresa Pittorra, hanno incontrovertibilmente provato con cinque attendibili
testimoni e con 36 incontestabili documenti , che l’attore sig. Antonino
Pittorra, addirittura, non avrebbe potuto assolvere a tale suo ineludibile onere,

ovverossia: provare tutto quanto più sopra precisato sub 1)”.
b) con il secondo motivo i ricorrenti lamentano la violazione o falsa
applicazione degli artt. 565 e 566, primo comma, 1158, 1141, secondo
comma, 1146, primo comma, 1102, secondo comma, 2697, primo e secondo
_

comma, 2727, 2729, primo comma, cod. civ., 115, primo comma e 116, primo
comma, codice procedura civile, in relazione all’art. 360, primo comma, 3),
codice procedura civile. Secondo i ricorrenti, la Corte cagliaritana non
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lifi(

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avrebbe tenuto conto che tutte le aziende l’Ambra Nigt, La Luna, l’Ambra
_
Day e le aziende agricole identificavano un tutt’uno e mentre l’apporto di
Antonio Pittorra era prevalente, poniamo, nell’Ambra Night a ciò
corrispondeva un apporto prevalente di Gonario nell’azienda agricola di
Monte Ruiu, di Maria Teresa nella La Luna d i Gonario e Giorgio nell’Ambra
Day ma nessuno poteva vantare il possesso esclusivo a discapito degli altri
fratelli in quanto l’intero compendio da considerarsi come un unico
complessivo veniva gestito da tutti a vantaggio di tutti. Pertanto, dica la Corte
Suprema di Cassazione se la Corte di Appello di Cagliari abbia violato o
falsamente applicato le norme di diritto precisate nell’epigrafe

di questo

secondo motivo di ricorso motivando e decidendo erroneamente e finanche
falsamente illogicamente e contraddittoriamente : 1) che i convenuti sigg.
_

Giorgio, Maria Teresa e Gonario , non hanno dedotto alcuna prova circa una
loro partecipazione alla gestione dei due locali od all’esercizio di diritti
contrastanti con la signoria di fatto che su di essi veniva esOletata dal fratello;
2) Tutto quanto sub 1) nonostante che i tre fratelli dell’appellato sig. Antonio
Pittorra

abbiano

incontrovertibilmente

ritualmente

dimostrato

e

provato

in

causa

(circostanze in toto ignorate dalla Corte di appello)

come e qualmente il fratello attore avesse omesso totalmente di provare il

corpus possessionis, l’animus sibi res habendi uti dominus e l’esclusività di
tale possesso ininterrotto e ultraventennale fatti e circostanze invero ed
incontrovertibilmente esclusi dalle deposizioni di ben cinque attendibili
testimoni e finanche dai contenuti dei 36 oggettivi ed esaustivi documenti e da
ultimo pure per facta concludentia.
_
1.1= Entrambi i motivi vanno esaminati congiuntamente per l’innegabile
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«

connessione che esiste tra gli stessi, considerato che il secondo motivo è una
specificazione del primo, ed entrambi sono infondati.
Intanto, va qui ribadito quanto già affermato da questa Corte in altra occasione
e cioè che

l’accertamento relativo al possesso “ad usucapionem”, alla

rilevanza delle prove ed alla determinazione del decorso del tempo utile al

verificarsi dell’usucapione è devoluto al giudice del merito ed è incensurabile
in sede di legittimità se sorretto da motivazione congrua ed immune da vizi
logici (Cass. n. 4035 del 2007). Spetta, infatti, solo al giudice del merito
individuare la fonte del proprio convincimento e valutare le prove,
controllarne l’attendibilità e la concludenza, scegliere tra le risultanze
istruttorie quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione, dar
prevalenza all’uno o all’altro mezzo di prova. Nè per ottemperare all’obbligo
della motivazione il giudice di merito è tenuto a prendere in esame tutte le
risultanze istruttorie e a confutare ogni argomentazione prospettata dalle parti,
essendo sufficiente che egli indichi gli elementi sui quali fonda il suo
convincimento e dovendosi ritenere per implicito disattesi tutti gli altri rilievi
e fatti che, sebbene non specificamente menzionati, siano incompatibili con la
decisione adottata.
.

In particolare, nel caso in esame, non sono ravvisabili ne’ il lamentato difetto
di motivazione, ne’ le assente violazioni di legge: la sentenza impugnata è del
tutto corretta e si sottrae alle critiche di cui è stata oggetto e che
presuppongono una ricostruzione dei fatti diversa da quella ineccepibilmente
effettuata dalla Corte di merito e ancor prima dal Tribunale di Nuoro. Come
ha chiarito la Corte cagliaritana dalla documentazione acquisita risultava che
_
Antonio Pittorra aveva radicalmente mutato la destinazione economica dei
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beni di cui si dice trasformandola da agricola a quella commerciale e
utilizzando gli stessi beni per l’esercizio della propria attività imprenditoriale,
nonché aveva da sempre percepito i redditi derivanti dalle complesse attività
imprenditoriali svolte dallo stesso attore. Sicché, considerato che l’attività di

stessi quali beni aziendali, in mancanza di uno specifico rapporto di
detenzione (comodato o locazione), nonché la percezione dei redditi dei beni
di cui si dice quale utili dell’azienda, sono attività corrispondenti all’esercizio
del diritto di proprietà dei beni di cui si dice, in quanto corrispondenti ad
altrettante attività di godimento degli stessi, Antonio Pittorra, in ragione di
quelle attività, contrastanti ed inoppugnabilmente incompatibili con il
possesso altrui, ha posseduto uti dominus i beni immobili oggetto della
controversia.
D’altra parte, la sentenza impugnata, che ha ribadito il convincimento
espresso dal giudice di primo grado, avendo riferito lo spossessamento
dell’attore (esercizio del potere di fatto in assenza di prova della tolleranza) al
momento in cui il padre era in vita, correttamente ha escluso che assumessero
rilievo le vicende successive alla morte del de cuius, in particolare una

tolleranza degli eredi od una loro partecipazione alla gestione dell’attività
dell’attore. Alla morte del padre non si era conseguentemente realizzato un
compossesso degli eredi e questi ultimi non avevano compiuto (dopo la morte
del padre) atti idonei all’interruzione della prescrizione acquisitiva del fratello
_

(reimpossessamento o proposizione di un giudizio per la riacquisizione del
possesso perduto dal padre o riconoscimento del diritto. Piuttosto, come
specifica la stessa sentenza impugnata (pag. 5)„ Pittorra Maria Teresa
7

trasformazione della destinazione economica del bene, l’utilizzazione degli

riferendo dell’attività dalla stessa svolta presso il locale La Luna ha riferito di
.
aver percepito gli incassi e di averli consegnati al fratello il quale in quanto
titolare provvedeva a tutti i pagamenti, evidenziando, pertanto, che la stessa
non era cointeressata alla gestione dell’azienda di cui si dice e che il titolare
dei locali non era tenuto a rispondere dei guadagni nei confronti dei propri
fratelli.
Il risultato acclarato dalla sentenza impugnata

comunque, non sembra sia

travolto dalla censura degli attuali ricorrenti considerato che gli stessi
ritengono che la Corte cagliaritana non abbia tenuto conto della
documentazione depositata dagli stessi nonché della prova testimoniale
esperita in giudizio, ma non specificano le ragioni secondo cui la “prova” cui
fanno riferimento (documenti e prova testimoniale) renderebbero illogiche o
arbitrarie le risultanze cui è pervenuta la Corte di merito che ha valutato
l’interezza della produzione documentale acquisita agli atti ed i risultati
complessivi della prova testimoniale esperita, entrambi

richiamati sia dal

Tribunale di Nuoro e sia dalla Corte di merito.
In definitiva, il ricorso va rigettato e i ricorrenti, in ragione del principio della
soccombenza ex art. 91 cpc., condannati in solido al pagamento delle spese

del presente giudizio di cassazione che verranno liquidate con il dispositivo
PQM
La Corte rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti in solido al pagamento delle
spese del presente giudizio che liquida in E. 4.200,00 di cui E. 200,00 per
rimborsi oltre accessori di legge
Così deciso nella Camera di Consiglio della Seconda Sezione Civile della
Corte Suprema di Cassazione il 26 settembre 2013.

.

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