Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 26976 del 26/11/2020

Cassazione civile sez. trib., 26/11/2020, (ud. 23/09/2020, dep. 26/11/2020), n.26976

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SORRENTINO Federico – Presidente –

Dott. CRUCITTI Roberta – rel. Consigliere –

Dott. GIUDICEPIETRO Andreina – Consigliere –

Dott. CATALDI Michele – Consigliere –

Dott. D’ORAZIO Luigi – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto proposto da:

AL DE. s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in Roma, via Calabria n. 56 presso lo

studio dell’Avv. Vincenzo M.Cesaro che la rappresenta e difende, per

procura a margine del ricorso, unitamente e disgiuntamente dall’Avv.

Bruno Cantone.

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in Roma, via dei Portoghesi 12 preso gli

Uffici dell’Avvocatura Generale di Stato dalla quale è

rappresentato e difeso.

– resistente –

per la cassazione della sentenza n. 5583/7/15 della Commissione

tributaria regionale della Campania, depositata il 9 giugno 2015.

Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

23 settembre 2020 dal relatore Consigliere dott.ssa Crucitti

Roberta.

 

Fatto

RILEVATO

che:

nella controversia originata dall’impugnazione da parte della società Al De. s.r.l. dell’avviso di accertamento con il quale, ai fini dell’IRAP, dell’IRES e dell’IVA, era stato rettificato il reddito dichiarato nell’annualità 2009, contestandosi i versamenti contabilizzati nel conto “finanziamento soci” da parte di due dei soci, tutti effettuati in più riprese, con denaro contante, e restituiti interamente nello stesso anno 2009, la Società ricorre, su unico motivo, nei confronti dell’Agenzia delle entrate (la quale ha depositato atto al fine dell’eventuale partecipazione alla pubblica udienza) avverso la sentenza, indicata in epigrafe, con la quale la Commissione tributaria regionale della Campania (d’ora in poi, per brevità, C.T.R.) aveva accolto l’appello proposto dalla [NDR: testo originale non comprensibile] contro la prima decisione di annullamento dell’atto impositivo.

In particolare, la C.T.R. riteneva, contrariamente al primo giudice, che la credibilità della gestione, nel caso di specie, non assumesse alcuna rilevanza, in quanto la questione riguardava la immissione e il prelievo di danaro in contanti, pur in presenza di conti finanziari attivi tali da non giustificare la necessità da parte della Società del ricorso al credito da parte dei soci.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. Con l’unico motivo di ricorso -rubricato: violazione e/o falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 1, lett. d), del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54, comma 2, D.L. n. 331 del 1993, art. 62 sexies, comma 3, artt. 2727 e 2729 c. c. nonchè omesso esame circa fatti decisivi per il giudizio che sono stati oggetto di discussione tra le parti- la Società censura la sentenza impugnata laddove il Giudice di appello aveva ritenuto assolto l’onere probatorio a carico dell’Ufficio (legittimante l’adozione dell’accertamento di tipo induttivo del D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 39, comma 1, lett d), solo in presenza di presunzioni gravi, precise e concordanti) dalla mera allegazione dell’inutilità del finanziamento, ignorando, altresì, altri elementi che erano stati forniti dalla contribuente, quali il fatto accertato che i soci avessero capacità economica tale da finanziare la società.

1.1.La censura è infondata. Premesso che la sussistenza dei requisiti di gravità, precisione e concordanza costituisce oggetto di un giudizio di merito non sindacabile in sede di legittimità se logicamente e congruamente motivato (ex plurimis, Cass. 22/05/2002 n. 7487; Cass. 20/04/2007, n. 9402), e che, come di recente ribadito (Cass. n. 3541 del 13/02/2020), “in sede di legittimità è possibile censurare la violazione degli artt. 2727 e 2729 c.c. solo allorchè ricorra il cd. vizio di sussunzione, ovvero quando il giudice di merito, dopo avere qualificato come gravi, precisi e concordanti gli indizi raccolti, li ritenga, però, inidonei a fornire la prova presuntiva oppure qualora, pur avendoli considerati non gravi, non precisi e non concordanti, li reputi, tuttavia, sufficienti a dimostrare il fatto controverso”, va, in ogni caso, rilevato che la C.T.R. ha reputato l’atto impositivo legittimo sulla base di elementi integranti i suddetti requisiti ovvero la circostanza che i finanziamenti dei soci per somme rilevanti, effettuati a più riprese, sempre in contanti, e restituiti nella medesima annualità, oltre a non essere stati preventivamente deliberati in assemblea, erano rimasti privi di giustificazione alcuna, attesa la situazione finanziaria pienamente attiva della Società, risalendo, quindi, da tali fatti noti a quello ignoto dato dall’immissione nei conti sociali di ricavi in nero.

1.2.D’altro canto del tutto infondata è anche l’ulteriore censura secondo cui la C.T.R. non avrebbe esaminato il fatto decisivo dato dalla disponibilità finanziaria dei soci rinveniente dalla cessione di quote sociali.

Dalla lettura della sentenza impugnata emerge che il Giudice di appello ha debitamente esaminato tale fatto ma, nel suo insindacabile giudizio valutativo, non lo ha ritenuto probante e idoneo a vincere le suddette presunzioni.

2. Ne consegue il rigetto del ricorso.

3. Non vi è pronuncia sulle spese in favore dell’Agenzia delle entrate in carenza di attività difensiva.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrenti principali dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 23 settembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 26 novembre 2020

 

 

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