Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 26975 del 23/12/2016


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Cassazione civile, sez. VI, 23/12/2016, (ud. 01/12/2016, dep.23/12/2016),  n. 26975

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CURZIO Pietro – Presidente –

Dott. ARIENZO Rosa – Consigliere –

Dott. FERNANDES Giulio – Consigliere –

Dott. GARRI Fabrizia – Consigliere –

Dott. MAROTTA Caterina – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 22745/2015 proposto da:

ASSESSORATO REGIONALE RISORSE AGRICOLE E ALIMENTARI DELLA REGIONE

SICILIA, quale successore ex lege dell’ASSESSORATO REGIONALE

AGRICOLTURA E FORESTE, in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e

difende ope legis;

– ricorrente –

contro

L.F.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 1037/2014 del TRIBUNALE di PALERMO, depositata

l’8/5/2014;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio

dell’1/12/2016 dal Consigliere Don. CATERINA MAROTTA.

Fatto

FATTO E DIRITTO

1 – Il Consigliere relatore, designato ai sensi dell’art. 377 c.p.c., ha depositato in cancelleria la seguente relazione ex artt. 380 bis e 375 c.p.c., ritualmente comunicata alle parti:

“La Corte di appello di Palermo, con ordinanza depositata il 19/5/2015, dichiarava inammissibile ex art. 348 bis c.p.c., per mancanza di ragionevole probabilità di accoglimento, il gravame proposto dall’Assessorato Regionale delle risorse agricole ed alimentari della Regione Sicilia avverso la sentenza del Tribunale di Palermo che aveva parzialmente accolto il ricorso in opposizione proposto dall’Assessorato avvero il decreto ingiuntivo ottenuto da L.F. e condannato l’opponente al pagamento in favore del ricorrente, lavoratore a tempo determinato come forestale, di differenze retributive dovute in forza del c.c.n.l. di categoria. A fondamento dell’opposizione l’Assessorato aveva dedotto la non applicabilità dei benefici economici previsti dalla contrattazione nazionale, la quale non poteva avere efficacia diretta nel territorio isolano, in assenza di una disposizione di recepimento ad hoc. Il Tribunale fondava la sua decisione sul rilievo che sussistesse un obbligo dell’Amministrazione regionale di recepire la contrattazione collettiva nazionale, richiamando a tal fine, la L.R. n. 14 del 2006, art. 49. Riteneva, quindi, che gli stessi principi che regolano i rapporti tra potestà legislativa statale e potestà normativa esclusiva della regione potessero essere applicati ai rapporti tra le rispettive contrattazioni concludendo, nella sostanza, con la disapplicazione della contrattazione regionale per essere prevalente quella statale.

L’Assessorato Regionale delle Risorse Agricole ed Alimentari propone ricorso per cassazione, tanto avverso la sentenza del Tribunale quanto avverso l’ordinanza della Corte di appello, affidato a unico articolato motivo.

Il lavoratore è rimasto intimato.Va preliminarmente rilevata l’inammissibilità per difetto di interesse del ricorso proposto avverso l’ordinanza d’inammissibilità dell’appello ex art. 348 ter c.p.c., emessa in uno dei casi in cui ne è consentita l’adozione e come nella specie contenente un giudizio prognostico negativo circa la fondatezza nel merito del gravame. Ed infatti tale ordinanza, in quanto emanata nell’ambito suo proprio, non è ricorribile per cassazione, non avendo carattere definitivo, giacchè del medesimo art. 348 ter, comma 3, consente di impugnare per cassazione il provvedimento di primo grado (Cass., 27 marzo 2014, n. 7273; Cass. 12 ottobre 2015, n. 20470; Cass. 29 gennaio 2016, n. 1748; Cass., Sez. Un., 2 febbraio 2016, n. 1914). L’ordinanza in esame, peraltro, rispetta il dato normativo, dal momento che la Corte ha ritenuto inammissibile l’appello per la sua manifesta infondatezza, ovvero per ragioni di merito, ed ha così inteso dare continuità ad un proprio orientamento richiamando le argomentazioni riferite a casi analoghi decisi nel medesimo senso. Il riferimento a precedenti decisioni è espressamente contemplato nell’art. 348 ter c.p.c., che autorizza la motivazione succinta, anche mediante il rinvio agli elementi di fatto riportati in uno o più atti di causa e il riferimento a precedenti conformi (così Cass. 14 ottobre 2015, n. 20717).

Tanto premesso il ricorrente deduce violazione e falsa applicazione del D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165, art. 40; della L.R. Sic. 15 maggio 2000, n. 10, art. 23, comma 5; della L.R. Sic. 6 aprile 1996, n. 16, art. 45 ter; della L.R. Sic. 14 aprile 2006, n. 14, art. 49; della L.R. 10 aprile 1978, n. 2, art. 3, u.c.. Rileva l’erroneità della decisione del Tribunale che si è limitato ad affermare la sussistenza di un obbligo di recepimento della normativa nazionale a seguito della modifica della L.R. Sic. n. 16 del 1996, art. 45 ter, ad opera della L.R. Sic. n. 14 del 2006, art. 49, ed a trasporre il medesimo principio ai rapporti tra contrattazioni collettive.

Il motivo è manifestamente fondato (si veda la pronuncia di questa Corte del 13 gennaio 2016, n. 356).

Anche in questa sede s’intende riaffermare il principio enunciato dalla giurisprudenza di questa Corte in forza del quale “anche nell’ambito del pubblico impiego privatizzato, il contrasto fra contratti collettivi di diverso ambito territoriale (nazionale, regionale, provinciale, aziendale) deve essere risolto non già in base al criterio della gerarchia (che comporterebbe la prevalenza della disciplina di livello superiore) nè in base al criterio temporale (che comporterebbe sempre la prevalenza del contratto più recente e che invece è determinante solo nell’ipotesi di successione di contratti collettivi con identità di soggetti stipulanti, ossia dei medesimo livello), ma secondo il principio di autonomia (e, reciprocamente, di competenza), alla stregua del collegamento funzionale che le associazioni sindacali (nell’esercizio, appunto, della loro autonomia) pongono, mediante statuti o altri idonei atti di limitazione, fra i vari gradi o livelli della struttura organizzativa e della corrispondente attività” (Cass. 26 maggio 2008, n. 13544).

Il suddetto enunciato costituisce applicazione, nel contesto dell’impiego pubblico privatizzato, del principio, consolidato nella giurisprudenza di legittimità, in materia di regolamentazione del contrasto tra contrattazione collettiva relativa a rapporti di lavoro privatistici, risolto, in conformità alla valorizzazione dell’autonomia negoziale, “non in base a principi di gerarchia e di specialità proprie delle fonti legislative, ma sulla base della effettiva volontà delle parti sociali, da desumersi attraverso il coordinamento delle varie disposizioni della contrattazione collettiva, aventi tutte pari dignità e forza vincolante, sicchè anche i contratti territoriali possono, in virtù dei principio dell’autonomia negoziale di cui all’art. 1322 c.c., prorogare l’efficacia dei contratti nazionali e derogarli, anche in pejus senza che osti il disposto di cui all’art. 2077 c.c., fatta salva solamente la salvaguardia dei diritti già definitivamente acquisiti nel patrimonio dei lavoratori, che non possono ricevere un trattamento deteriore in ragione della posteriore normativa di eguale o diverso livello” (Cass. 18 maggio 2010, n. 12098).

La sentenza del Tribunale non appare rispettosa dei principi affermati, nel momento in cui ritiene che l’applicazione del contratto collettivo di lavoro nazionale s’imponga in ambito regionale con forza imperativa, senza necessità di recepimento ad hoc mediante delibera di giunta e decreto assessoriale, in ragione di una sorta di prevalenza gerarchica.

In conclusione, si propone l’accoglimento del ricorso, la cassazione della sentenza del Tribunale di Palermo, con rinvio ad altro giudice di merito il quale, ai fini della soluzione della controversia, farà applicazione del principio di autonomia delle fonti contrattuali collettive nei termini sopra precisati”.

2 – Non sono state depositate memorie ex art. 380 bis c.p.c., comma 2.

3 – Questa Corte ritiene che le osservazioni in fatto e le considerazioni e conclusioni in diritto svolte dal relatore siano del tutto condivisibili, siccome coerenti alla giurisprudenza di legittimità in materia e che ricorra con ogni evidenza il presupposto dell’art. 375 c.p.c., n. 5, per la definizione camerale del processo.

4 – In conclusione il ricorso va accolto e va cassata l’impugnata sentenza, con rinvio alla Corte di appello di Palermo che, in diversa composizione, ai fini della soluzione della controversia, farà applicazione del principio di autonomia delle fonti contrattuali collettive nei termini sopra precisati e provvederà anche sulle spese del presente giudizio di legittimità.

PQM

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, alla Corte di appello di Palermo, in diversa composizione.

Così deciso in Roma, il 1 dicembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 23 dicembre 2016

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