Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 26972 del 26/11/2020

Cassazione civile sez. trib., 26/11/2020, (ud. 17/09/2020, dep. 26/11/2020), n.26972

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CHINDEMI Domenico – Presidente –

Dott. STALLA Giacomo Maria – Consigliere –

Dott. MONDINI Antonio – Consigliere –

Dott. FILOCAMO Fulvio – rel. Consigliere –

Dott. VECCHIO Massimo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 12099-2017 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

D.D.L.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 1924/2016 della COMM. TRIB. REG. di FIRENZE,

depositata il 04/11/2016;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

17/09/2020 dal Consigliere Dott. FULVIO FILOCAMO.

 

Fatto

RITENUTO

che:

Con atto di compravendita del 01.12.2011 D.D.L. alienava, in favore della Società Agricola “F.E.R.T. S.r.l.” (di cui era amministratore, legale rappresentante e socio ai 99%) il diritto di usufrutto vitalizio su vari appezzamenti di terreno agricolo e tre fabbricati rurali.

In sede di valutazione dei beni, l’Ufficio Territoriale dell’Agenzia delle Entrate si atteneva, con riferimento ad alcuni cespiti, ai valori dichiarati negli atti di Provenienza riferiti ad anni recenti, mentre per altri, i cui atti di provenienza erano anteriori al 2006, faceva riferimento ai Valori Agricoli Medi pubblicati dall’Agenzia del Territorio per l’anno 2011.

In particolare, si teneva conto delle quotazioni relative alla provincia di Siena e attribuite alla Regione Agraria n. 6 Val di Chiana, di cui faceva parte il Comune di Montepulciano (quanto al negozio di cui alla lett. g) ed alle quotazioni relative alla Provincia di Perugia e attribuite alla Regione Agraria n. 8 “Colline di Assisi”, di cui faceva parte il Comune di Spello (quanto al negozio di cui alla lett. n).

Con riferimento, poi, al valore dei fabbricati, l’Ufficio si atteneva alla determinazione della base imponibile ai sensi del D.P.R. n. 131 del 1986, art. 52, commi 4 e 5.

Pertanto, con avviso n. (OMISSIS), notificato in data 27.11.2013 al contribuente, sia in qualità di venditore coobbligato, sia in qualità di rappresentante legale della società acquirente, venivano rettificati i valori dichiarati per gli appezzamenti agricoli, da 500.000 ad 835.122, e per i fabbricati, da 60.000 ad 611.755, con conseguente recupero delle maggiori imposte di registro, ipotecarie e catastali e contestuale irrogazione di sanzioni.

D.D.L. presentava ricorso innanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Siena con il quale impugnava l’avviso di rettifica e liquidazione, per illegittimità del criterio di valutazione automatica di cui al D.P.R. n. 131 del 1986, art. 52, commi 4 e 5, quanto al valore della cessione del diritto di usufrutto sui fabbricati, sul presupposto che la stessa era avvenuta a favore di una persona giuridica ed aveva riguardato beni con destinazione non abitativa, eccependo anche la nullità per difetto di motivazione e l’illegittima applicazione del D.P.R. n. 131 del 1986, artt. 51 e 52, in quanto il meccanismo di valutazione automatica non poteva trovare applicazione nei casi in cui fosse indicato un valore complessivo dei beni e non specificato il valore attribuito a ciascun immobile o diritto reale immobiliare.

Con sentenza n. 483 del 2014, la Commissione Tributaria Provinciale accoglieva il ricorso. L’Ufficio proponeva appello innanzi alla Commissione Tributaria Regionale della Toscana, contestando il fatto che la Commissione Tributaria Provinciale non avesse ben valutato le norme sottese all’operazione della riunione giuridica di tutta la proprietà e, relativamente all’equità del valore attribuito all’usufrutto in relazione al valore della nuda proprietà, chiariva che lo stesso era stato calcolato utilizzando i valori delle rendite catastali, ritenuti più favorevoli alla parte.

Con sentenza n. 1924/13/16, depositata in data 4.11.2016, la Commissione Tributaria Regionale dichiarava la legittimità dell’avviso di accertamento, tranne che per la parte riguardante gli appezzamenti di terreno agricolo ed i fabbricati rurali, mentre non riteneva applicabili le sanzioni.

L’Agenzia delle entrate ha proposto ricorso per la cassazione della suddetta pronuncia, affidandolo a due motivi.

La parte intimata non ha svolto difese.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. Con il primo motivo, l’Agenzia delle Entrate denuncia l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, nella parte relativa al valore dei terreni e dei fabbricati rurali, ritenendo non corretto per tali beni l’utilizzo da parte del giudice del criterio di determinazione automatica del valore in base alle rendite catastali. La Commissione Tributaria Regionale avrebbe omesso di considerare il criterio in concreto utilizzato dall’Ufficio per la rettifica del valore dei diritti sui terreni agricoli e annessi fabbricati rurali, come rilevabile dall’avviso di rettifica. Infatti, l’Ufficio aveva rideterminato la base imponibile alla luce dei valori indicati negli atti di provenienza risalenti ad anni recenti rispetto al rogito (per i terreni indicati con le lett. a, b, c, d, e, f della compravendita), nonchè alla luce dei Valori Agricoli Medi pubblicati per l’anno 2011 (per i terreni indicati alle lett. g ed n). Detta omissione, basata su un fatto storico che era stato oggetto di discussione tra le parti, sarebbe stata decisiva nel determinare la pronuncia.

2. Con il secondo motivo si denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c., dell’art. 71T.U.R., nonchè del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 8, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, per vizio di extra-petizione nella parte in cui il giudice di appello ha stabilito la non applicabilità delle sanzioni irrogate con l’avviso impugnato, non essendo tale domanda mai stata proposta dal contribuente, il quale si sarebbe limitato a chiedere l’annullamento dell’atto.

2. Il primo motivo è fondato.

Come correttamente rilevato dal ricorrente, ma tale circostanza è evincibile dalla lettura dell’atto impugnato che è stato allegato al ricorso in ossequio al principio di autosufficienza, il criterio in concreto utilizzato dall’Ufficio per la rettifica del valore dei diritti sui terreni agricoli e annessi fabbricati rurali non è stato quello della determinazione automatica del valore in base alle rendite catastali, ma l’Ufficio aveva effettivamente rideterminato la base imponibile alla luce dei valori indicati negli atti di provenienza risalenti ad anni recenti rispetto al rogito (per i terreni indicati con le lett. a, b, c, d, e, f, della compravendita), nonchè alla luce dei Valori Agricoli Medi pubblicati per l’anno 2011 (per i terreni indicati alle lett. g e n).

Ciò premesso in fatto, va rilevato il predicato vizio di motivazione della sentenza impugnata, considerato che, come precisato da questa Corte: “il mancato esame di un documento può essere denunciato per cassazione solo nel caso in cui determini l’omissione di motivazione su un punto decisivo della controversia e, segnatamente, quando il documento non esaminato offra la prova di circostanze di tale portata da invalidare, con un giudizio di certezza e non di mera probabilità, l’efficacia delle altre risultanze istruttorie che hanno determinato il convincimento del giudice di merito, di modo che la ratio decidendi venga a trovarsi priva di fondamento” (Cass. n. 19150 del 2016). Appare evidente che, se il giudice avesse effettivamente esaminato l’atto impugnato nella parte relativa all’indicazione del criterio di calcolo del valore effettivamente utilizzato dall’Ufficio, avrebbe certamente rilevato che il valore degli immobili in contestazione non era stato quello di determinazione automatica del valore in base alle rendite catastali, ma quello dei valori indicati negli atti di provenienza risalenti ad anni recenti rispetto al rogito (per i terreni indicati con le lett. a, t), c, d, e, f, della compravendita), nonchè alla luce dei Valori Agricoli Medi pubblicati per l’anno 2011 (per i terreni indicati alle lett. g e n), sicchè il percorso logico giuridico per giungere al proprio convincimento sarebbe stato certamente diverso.

3. In definitiva va accolto il primo motivo di ricorso, assorbito il secondo, la sentenza impugnata va cassata, con rinvio alla Commissione Tributaria della Toscana, in diversa composizione, per il riesame e per la liquidazione delle spese del presente giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, dichiara assorbito il secondo, cassa la sentenza impugnata e rinvia per il riesame alla Commissione Tributaria Regionale della Toscana, in diversa composizione, la quale provvederà anche alla liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 17 settembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 26 novembre 2020

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