Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 26968 del 22/10/2019

Cassazione civile sez. VI, 22/10/2019, (ud. 23/05/2019, dep. 22/10/2019), n.26968

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FRASCA Raffaele – Presidente –

Dott. GRAZIOSI Chiara – rel. Consigliere –

Dott. IANNELLO Emilio – Consigliere –

Dott. GIANNITI Pasquale – Consigliere –

Dott. POSITANO Gabriele – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 987-2018 proposto da:

D.M.S., elettivamente domiciliato in ROMA VIA ANDREA

BAFILE 5, presso lo studio dell’avvocato SIMONA MARTINELLI,

rappresentato e difeso dall’avvocato FIORAVANTE DEL GIUDICE;

– ricorrente –

contro

BPER BANCA SPA, in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA XX SETTEMBRE 3, presso lo

studio dell’avvocato FEDERICA SANDULLI, che la rappresenta e difende

unitamente all’avvocato ANTONIO NARDONE;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

contro

COMUNE DI AVELLINO, DEL FAVERO SPA;

– intimati –

avverso la sentenza n. 4225/2016 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

depositata il 28/11/2016;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 23/05/2019 dal Consigliere Relatore Dott. CHIARA

GRAZIOSI.

La Corte:

Fatto

RILEVATO

che:

D.M.S. conveniva davanti al Tribunale di Avellino Banca della Campania S.p.A. (già Banca Popolare dell’Irpinia), Del Favero S.p.A. e il Comune di Avellino, adducendo che un terreno di sua proprietà era stato, in conseguenza della costruzione di una strada, illegittimamente trasformato per 125 metri quadri e chiedendo la condanna alla restituzione di tale terreno con riduzione in pristino. Ciascuno dei convenuti si costituiva resistendo. Disattesa la richiesta attorea di consulenza tecnica d’ufficio, con sentenza n. 1071/2011 il Tribunale rigettava ogni domanda del D.M..

D.M.S. proponeva appello principale e il Comune appello incidentale; si costituiva, resistendo all’appello principale, la banca. La Corte d’appello di Napoli rigettava i gravami con sentenza del 28 novembre 2016.

Ha presentato ricorso D.M.S., sulla base di due motivi.

Il primo motivo del ricorso principale denuncia, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, omesso esame di fatto discusso e decisivo e motivazione apparente.

Il secondo motivo denuncia, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione degli artt. 61,116 e 194 c.p.c.; denuncia altresì omesso esame di fatto discusso e decisivo, “concernente il diniego della c.t.u.”.

La banca, nel frattempo divenuta BPER Banca S.p.A., si è difesa con controricorso contenente pure ricorso incidentale condizionato, e ha altresì depositato memoria.

Diritto

RITENUTO

che:

1.1 Il primo motivo denuncia omesso esame di un fatto decisivo e discusso e motivazione apparente, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.

Sarebbe stata del tutto pretermessa la difesa, “dispiegata dall’odierno ricorrente anche in grado di appello”, relativa al vizio di ultrapetizione che sarebbe stato denunciato in riferimento “alla valutazione di infondatezza della domanda giudiziale, compiuta sulla base di fatti storici diversi dal lamentato sconfinamento”.

Nella sua domanda, il D.M. avrebbe proposto un’azione reale per accertare, tramite una consulenza tecnica d’ufficio, l’invasione e la illegittima trasformazione di circa mq 125 del suo terreno, con conseguente condanna dei convenuti, in solido tra loro, a restituire il terreno “previo arretramento del muro in cemento armato costruito su proprietà dell’istante e riduzione in pristino dello stato dei luoghi”. Per sostenere l’esistenza di tale sconfinamento sarebbero stati prodotti un atto di avviamento dei confini – redatto in contraddittorio con la convenuta banca e con la società Del Favero prima della realizzazione dell’asserito sconfinamento -, una relazione tecnica di parte effettuata invece dopo il suddetto evento ed estratti di mappa e frazionamento avvenuto sulla originaria particella catastale un mese prima sempre del lamentato sconfinamento.

Nell’atto d’appello, poi, l’attuale ricorrente avrebbe lamentato che il Tribunale aveva rigettato le sue pretese “non solo perchè non aveva ritenuto che i suddetti documenti, descrittivi della situazione dei luoghi prima e dopo la realizzazione della strada, integrassero quantomeno principio di prova dello sconfinamento”, ma anche per essersi avvalso di precedenti pronunce, sia proprie sia del Tar Campania-Salerno, che sarebbero state però inconferenti “in quanto riguardanti sia la variazione altimetrica della quota dell’asse stradale rispetto al preesistente livello del terreno e agli strumenti urbanistici, sia il risarcimento dei danni”. E sotto quest’ultimo profilo l’attuale ricorrente avrebbe denunciato ultrapetizione, adducendo che così il giudice di prime cure avrebbe “deciso la causa anche su fatti diversi da quelli oggetto della domanda”. Il motivo riporta, quindi, una asserita sintesi di tali pronunce e delle relative cause (ricorso, pagine 10-14) per desumerne che la corte territoriale avrebbe “con motivazione apparente” respinto il primo motivo d’appello denunciante ultrapetizione “avvalendosi ancora una volta di quei provvedimenti ultronei ed inconferenti”, nonostante essa stessa ne avesse dichiarato la estraneità alla domanda.

Il motivo a questo punto riporta le pagine 6-7 della sentenza impugnata, in cui sarebbe stato affrontato “il tema della corretta individuazione dell’oggetto del giudizio di primo grado” sulla base della domanda e dell’esatto decisum del Tribunale, dapprima affermando che la domanda proposta avrebbe riguardato l’occupazione di una parte del fondo attoreo di cui si chiedeva che, accertate “invasione, occupazione ed illegittima trasformazione parziale”, i convenuti fossero condannati alla restituzione con ripristino dello stato dei luoghi, ma successivamente asserendo che il primo giudice avrebbe richiamato i “provvedimenti… resi negli altri giudizi” per rigettare la domanda di ripristino, avvalendosene “non come preclusivi all’esame del merito della lite, ma solo per utilizzare le risultanze dei medesimi (e delle prove in essi assunte) ai fini della valutazione del fatto storico (variazione altimetrica della strada e sottoposizione del terreno ad essa) ritenuto rilevante ai fini del giudizio”, nulla avendo addotto l’appellante sull’utilizzabilità delle risultanze e dei mezzi di prova assunti in altro giudizio svoltosi tra le stesse parti. Secondo il motivo in esame, sussisterebbe dunque “un contrasto evidente” tra queste due parti della motivazione; e i passi conclusivi del motivo sono dedicati ad argomentare per sostenere il suddetto asserto della contraddittorietà.

1.2 Vagliando allora il motivo appena riassunto, non si può non rilevare, anzitutto, che già nella rubrica reca di per sè una contraddizione, dal momento che contemporaneamente denuncia l’omesso esame di fatto decisivo e discusso, considerato che si riferisce alla “totale pretermissione della difesa dispiegata dall’odierno ricorrente anche in grado di appello sul vizio di ultra-petizione ivi denunziato con riferimento alla valutazione di infondatezza della domanda giudiziale, compiuta sulla base di fatti storici diversi dal lamentato sconfinamento”, così manifestando l’assenza di denuncia di un omesso esame di un fatto, poichè oggetto della censura risulta, a questo punto, come appalesano anche le successive argomentazioni, l’asserto che la domanda sarebbe stata valutata, da entrambi i giudici di merito, sulla base di fatti diversi da quelli allegati. E infatti la successiva esposizione del motivo conferma in tal senso, poichè, pur essendo alquanto ampia, in essa non si rinviene l’indicazione di un fatto discusso e decisivo che sarebbe stato inconsiderato.

Quanto poi al vizio di motivazione apparente, rectius, motivazione affetta da rilievi incomprensibili e tra loro inconciliabili, come si è visto avviene dopo una prolissa esposizione dei contenuti di altre cause e delle relative pronunce (già si è rilevato che ciò si dispiega da pagina 10 a pagina 14 del ricorso).

Quindi il preteso vizio di motivazione, in ultima analisi, si configura come una critica alla motivazione in ordine alla ricostruzione della quaestio facti e alla correlata utilizzazione per essa di elementi estratti da altri giudizi.

Il motivo, pertanto, si colloca su un evidente piano di inammissibilità.

2.2 Il secondo motivo denuncia, al contempo, sia violazione degli artt. 61,116 e 194 c.p.c. in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, sia omesso esame su fatto decisivo e discusso concernente il diniego della consulenza tecnica d’ufficio.

L’incipit del motivo ne manifesta subito la natura che lo accomuna al motivo precedente, in quanto critica la corte territoriale per avere affermato che l’attuale ricorrente non avrebbe “offerto alcuna prova circa l’esistenza dello sconfinamento” e che dunque la consulenza tecnica d’ufficio sarebbe stata meramente esplorativa. Riportato poi un altro stralcio della motivazione della sentenza impugnata (pagine 9-10 della sentenza stessa), si elencano documenti che si sarebbero prodotti in giudizio, per censurare, poi, la motivazione del rigetto della istanza di consulenza tecnica d’ufficio sulla base dei documenti che sarebbero stati messi a disposizione del giudice e che vengono qui considerati per argomentare nel senso della giustificazione della disposizione della consulenza tecnica d’ufficio, con conclusione di riferimento alla giurisprudenza di questa Suprema Corte sulla disposizione, appunto, della consulenza tecnica.

E’ evidente che anche questo motivo, non distogliendosi – si ripete – dalla natura di quello precedente, si risolve in una manifestazione di dissenso sulla valutazione operata dalla corte territoriale nella sua motivazione, laddove ha condiviso con il giudice di prime cure il diniego della disposizione della consulenza; e il dissenso manifestato dal motivo si articola proprio sulla base dell’evocazione di una serie di emergenze istruttorie il cui apprezzamento, nella valutazione proposta dalla ricorrente, avrebbe invece dovuto condurre alla disposizione della consulenza.

Pure questo motivo, allora, travalica i limiti della giurisdizione di legittimità per richiedere una revisione in punto di merito, incorrendo in evidente inammissibilità.

In conclusione, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con conseguente condanna del ricorrente alla rifusione delle spese del grado liquidate come da dispositivo – alla controricorrente; sussistono altresì D.P.R. n. 115 del 2012, ex art. 13, comma 1 quater, i presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art., comma 1 bis.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso, condannando il ricorrente a rifondere alla controricorrente le spese processuali, liquidate in complessivi Euro 2800, oltre a Euro 200 per gli esborsi e al 15% per spese generali, nonchè agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 23 maggio 2019.

Depositato in Cancelleria il 22 ottobre 2019

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