Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 26968 del 15/12/2011

Cassazione civile sez. VI, 15/12/2011, (ud. 18/11/2011, dep. 15/12/2011), n.26968

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PICCIALLI Luigi – Presidente –

Dott. BURSESE Gaetano Antonio – rel. Consigliere –

Dott. BIANCHINI Bruno – Consigliere –

Dott. BERTUZZI Mario – Consigliere –

Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso 11911-2010 proposto da:

G.E. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA PAOLO EMILIO 34, presso lo studio dell’avvocato D’ANGELO

QUIRINO, rappresentato e difeso dall’avvocato MASCI CARLO, giusta

procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

D.V.G. (OMISSIS) titolare della Ditta Mobili

d’Arte del rag. D.V.G., elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA GIUSEPPE AVEZZANA 2/B, presso lo studio dell’avvocato

STEFANO LATELLA, rappresentato e difeso dall’avvocato AGRESTA DONATO,

giusta procura alle liti a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 352/2009 della CORTE D’APPELLO di L’AQUILA del

17.12.08, depositata il 03/11/2009;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

18/11/2011 dal Consigliere Relatore Dott. GAETANO ANTONIO BURSESE;

E’ presente il Procuratore Generale in persona del Dott. PRATIS

Pierfelice.

Fatto

FATTO E DIRITTO

Rilevato che il Consigliere dott. Lucio Mazziotti ha depositato la relazione ex art. 380 bis che qui si trascrive:

“1) G.E. conveniva in giudizio D.V.G. esponendo di aver acquistato dallo stesso mobili per il prezzo di L. 32 milioni constatando che molti di essi presentavano difetti e vizi e che solo alcuni erano stati sostituiti per cui esso attore aveva pagato il prezzo convenuto meno L. 7 milioni a motivo della mancanza di qualità di due divani e della omessa sostituzione di comò e comodini. Il G. chiedeva quindi la risoluzione contrattuale con riferimento ai detti mobili ed ai divani con la condanna del convenuto alla restituzione di L. 3.203.720. Il D.V., costituitosi, contestava il fondamento della domanda e spiegava domanda riconvenzionale per il pagamento del residuo prezzo di L. 1.870.000. Il G. proponeva opposizione al decreto ingiuntivo con il quale gli era stato intimato di pagare al D.V. L. 7 milioni a titolo di pagamento di mobili. I due procedimenti venivano riuniti e decisi con sentenza del tribunale di Pescara con la quale veniva dichiarata l’inefficacia del decreto ingiuntivo, respinta la riconvenzionale e compensato il credito residuo del D.V. con la pari somma dovuta dal convenuto per gli inadempimenti riscontrati.

Avverso la detta sentenza il D.V. proponeva appello al quale resisteva il G..

“2) Con sentenza 3/11/2009 la corte di appello dell’Aquila, in accoglimento del gravame e in riforma dell’impugnata decisione, rigettava le domande di risoluzione e l’opposizione a decreto ingiuntivo proposte dal G. e condannava quest’ultimo al pagamento in favore dell’appellante di Euro 1.870.000. La corte di appello osservava: che con la citazione introduttiva il G. aveva lamentato la presenza di vizi e difetti del comò e del comodino deducendo di aver rifiutato per lo stesso motivo quelli offerti in sostituzione; che il primo giudice aveva individuato l’inadempimento del venditore nell’omessa consegna dei tre mobili con mutamento della causa petendi della domanda e con vizio di ultra petizione; che in relazione alla domanda come proposta dal G. erano da condividere le critiche mosse dall’appellante circa la carenza di prova sull’esistenza degli asseriti vizi e sulla loro attitudine ad integrare l’inidoneità all’uso dei mobili in questione secondo la disciplina per la compravendita dettata dagli artt. 1490 e 1492 c.c. o dall’art. 1455 c.c.; che erano infatti contraddittorie le deposizioni assunte su tale punto posto che le deposizioni favorevoli al G. erano da valutare con apprezzamento “prudente” per i motivi dedotti dalla controparte; che, con riferimento ai divani, il tribunale – con una pronuncia riconducitene alla “quanti minoris” – non aveva tenuto conto che la domanda era intesa ad ottenere la risoluzione; che nel merito anche per questa domanda valevano le considerazioni svolte circa l’insufficienza della prova in ordine all’esistenza degli asseriti difetti di qualità e delle difformità dal modello (non risultando nella commissione il tipo di fabbrica);

che anche per la somma di L. 7 milioni portata nel decreto ingiuntivo erano da condividere le censure pregiudiziali e di merito mosse con l’atto di appello; che le censure di merito trovavano conferma nelle osservazioni svolte a proposito dell’esclusione dell’inadempimento del venditore; che per l’accertamento del totale del prezzo di vendita occorreva far riferimento alla copia commissione da cui risultava il detto totale ammontante a L. 33.870.000 per cui la diversa indicazione di L. 32.000.000 doveva imputarsi ad un mero errore di calcolo.

“3) La cassazione della sentenza della corte di appello dell’Aquila è stata chiesta da G.E. con ricorso affidato a tre motivi.

D.V.G. ha resistito con controricorso.

“4) Con i tre motivi di ricorso il G. denuncia: a) violazione dell’art. 112 c.p.c. deducendo che il giudice di primo grado, al contrario di quanto affermato dalla corte di appello, non era incorso nel vizio di ultra petizione posto che esso ricorrente con l’atto introduttivo del giudizio aveva narrato i fatti come svoltisi ed aveva chiesto la risoluzione per inadempimento – senza far alcun riferimento nè a vizi, nè a mancata consegna – e tale domanda era stata ritenuta fondata dal tribunale per il ravvisato inadempimento della controparte dando solo maggior peso alla mancata consegna di mobili che ai denunciati vizi (primo motivo); b) violazione dell’art. 1497 c.c. deducendo che ha errato la corte di appello nell’affermare che il tribunale era pervenuto ad una riduzione del prezzo non richiesta: infatti il primo giudice aveva solo ridotto il prezzo non per una “quanti minoris, ma per una liquidazione del danno derivante dalla consegna di mobili di minor valore rispetto a quelli commissionati (secondo motivo); c) vizi di motivazione sostenendo che la corte di appello ha errato nel valutare le deposizioni testimoniali affermando: che le testimonianze favorevoli ad esso ricorrente erano da apprezzare con prudenza; che vi fosse contraddittorietà delle deposizioni assunte; che la motivazione sulla valutazione delle prove è contraddittoria ed insufficiente oltre che basata su un apprezzamento di fatto non congruamente motivato (terzo motivo).

“5) Il relatore ritiene che il ricorso principale possa essere deciso in camera di consiglio per la manifesta inammissibilità ed infondatezza del primi due motivi e per la palese fondatezza del terzo. “6) I primi due motivi di ricorso – che vanno esaminati congiuntamente per la loro stretta connessione riguardando questioni collegate – si risolvono in una critica del risultato del compito istituzionalmente svolto dalla corte di appello in ordine all’interpretazione della sentenza di primo grado. Si tratta di una interpretazione corretta ed ineccepibile che trova conferma nella consentita lettura della sentenza del tribunale. In ogni caso le censure al riguardo mosse dal ricorrente devono ritenersi superate e travolte in quanto la corte di merito ha comunque esaminato la domanda come formulata dal G. volta ad ottenere la risoluzione del contratto con riferimento alla parte concernente la fornitura dei divani, del comò e dei comodini. Lo stesso G. alla pagina 5 del ricorso ha ammesso di aver chiesto la risoluzione per inadempimento (per la consegna di mobili viziati, il successivo ritiro degli stessi, la mancata sostituzione per la presenza di ulteriori vizi e la consegna di mobili di diversa qualità rispetto a quelli commissionati). Di tale domanda – così individuata dallo stesso ricorrente – si è comunque occupata la corte di appello con la sentenza impugnata.

“7) Il terzo motivo – con il quale il ricorrente ha denunciato il vizio di motivazione facendo specifico riferimento ai punti ed ai fatti controversi in relazione ai quali ha assunto sussistere una motivazione contraddittoria ed insufficiente indicando le ragioni per le quali ha ritenuto inidonea la detta motivazione a giustificare la decisione – è invece palesemente fondato. La sentenza impugnata non si sottrae infatti alle censure mosse dal ricorrente relative ai denunciati vizi di motivazione con riferimento, in particolare, ai principi in tema di onere della prova e di valutazione delle risultanze istruttorie. La corte di appello – come sopra esposto nella parte narrativa che precede – si è limitata a condividere “i rilievi critici della difesa del D.V. circa la insufficienza della prova a carico di esso attore sull’esistenza dei vizi e sulla loro attitudine ad integrare l’inidoneità dell’uso dei mobilio …

oppure un inadempimento di non scarsa importanza”. A sostegno di tale valutazione la corte di merito ha indicato le seguenti ragioni:

contraddittorietà delle deposizioni assunte sul punto controverso;

apprezzamento “prudente” delle testimonianze favorevoli al G. “per i motivi dedotti da controparte”; inadeguatezza del mezzo istruttorio rispetto alla finalità di un accertamento tecnico. Il giudice di appello ha poi ritenuto “per le stesse ragioni” insufficiente la prova circa l’esistenza degli asseriti “difetti di qualità e delle pretese difformità dal modello”. Emerge con immediatezza che la corte territoriale è giunta alle dette conclusioni circa il mancato assolvimento della prova a carico del G. in modo apodittico sulla base di una motivazione meramente apparente e del tutto carente in merito agli elementi di fatto posti a sostegno della ritenuta carenza di prova di quanto dedotto dall’attore-appellato a fondamento della proposta domanda di risoluzione per inadempimento. La corte di appello non ha fornito alcun chiarimento in relazione: ai rilievi critici della difesa de D.V.”; alle ravvisate “contraddittorietà delle deposizioni assunte sui punti controversi” (neanche precisati); al contenuto di tali deposizioni ed alla individuazione dei testi escussi; ai motivi addotti da controparte ai fini di un “prudente” apprezzamento delle testimonianze favorevoli al G.; ai motivi giustificativi del giudizio di insufficienza di prova sull’esistenza dei lamentati difetti dei mobili forniti. Manca quindi ogni possibilità di ricostruzione dell’iter logico che ha guidato il convincimento del giudice di appello e – conseguentemente – una reale motivazione della sentenza impugnata. “8) In definitiva devono ritenersi manifestamente fondati i denunciati vizi di motivazione per cui il ricorso può essere deciso in camera di consiglio”.

Il COLLEGIO tanto premesso, osserva:

Si ritiene di condividere la relazione sopra riportata che non è stata oggetto di contestazione, alla quale ha aderito il P.G., atteso che le conclusioni in essa contenute sono corrette e condivisibili, essendo evidente la carenza di motivazione della sentenza impugnata ampiamente e puntualmente stigmatizzata nelle relazione stessa.

Pertanto il ricorso va accolto limitatamente alla doglianza stessa (rigettati i motivi n. 1 e 2), con conseguente cassazione della sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvio della causa, anche per le spese di questo giudizio, alla Corte d’Appello di Campobasso.

P.Q.M.

La Corte rigetta il 1^ ed il 2^ motivo de ricorso; accoglie il 3^ motivo; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia la causa, anche per le spese processuali di questo giudizio, alla Corte d’Appello di Campobasso.

Così deciso in Roma, il 18 novembre 2011.

Depositato in Cancelleria il 15 dicembre 2011

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