Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 26967 del 15/12/2011

Cassazione civile sez. VI, 15/12/2011, (ud. 18/10/2011, dep. 15/12/2011), n.26967

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PICCIALLI Luigi – Presidente –

Dott. BURSESE Gaetano Antonio – Consigliere –

Dott. MIGLIUCCI Emilio – rel. Consigliere –

Dott. CORRENTI Vincenzo – Consigliere –

Dott. BERTUZZI Mario – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

M.S. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA U. SABA 54/C, presso lo studio dell’avvocato DELL’ANNO

PAOLO, rappresentato e difeso dall’avvocato DE CATA CARLO PIER MARIA,

giusta procura speciale in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

FIAT AUTO SPA (OMISSIS) in persona del procuratore speciale e

legale rappresentante pro-tempore, elettivamente domiciliata in ROMA,

e VIA CALABRIA 56, presso lo studio dell’avvocato D’AMATO GIOVANNI,

rappresentata e difesa dall’avvocato MONTI ANDREA, giusta procura

speciale in calce al controricorso;

– controricorrente –

contro

SOCIETA’ A RESPONSABILITA’ LIMITATA “BARBUSCIA & BARBA SRL”

in

persona del legale rappresentante pro-tempore, elettivamente

domiciliata in ROMA, VIALE DELLE MILIZIE 9, presso lo studio

dell’avv. RIMATO Alessandro, che la rappresenta e difende, giusta

procura speciale in calce al ricorso notificato;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 354/2010 della CORTE D’APPELLO di L’AQUILA del

2.4.09, depositata il 04/05/2010;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

18/10/2011 dal Consigliere Relatore Dott. EMILIO MIGLIUCCI;

E’ presente il Procuratore Generale in persona del Dott. UMBERTO

APICE.

Fatto

FATTO E DIRITTO

E’ stata depositata in cancelleria la seguente relazione, regolarmente comunicata al P.G, e notificata alle parti.

“1. M.S. conveniva in giudizio dinanzi al tribunale di Pescara la s.n.c. Barbuscia & Barba e la s.p.a. Fiat Auto, chiedendo:

la risoluzione del contratto di compravendita intercorso con la prima e avente a oggetto un’auto fabbricata dalla seconda rivelatasi difettosa; la condanna di entrambe al risarcimento dei danni.

Le convenute chiedevano il rigetto della domanda; la s.n.c. Barbuscia & Barba spiegava riconvenzionale di compensazione.

Il tribunale accoglieva la domanda con sentenza che, in accoglimento dell’appello principale proposto dalla s.n.c. Barbuscia & Barba e di quello incidentale della s.p.a. Fiat Auto, era riformata in sede di gravame in cui la domanda era rigettata: per quanto concerneva la s.p.a. Fiat Auto, era esclusa la legittimazione e comunque era accertata la violazione delle prescrizioni dettate dall’art. 1495 cod. civ. per l’esercizio dell’azione di garanzia; per quanto riguardava la s.n.c. Barbuscia & Barba, l’azione era ritenuta prescritta sul rilievo che la domanda era stata proposta oltre l’anno dalla consegna.

Ha proposto ricorso per cassazione affidato a quattro motivi il M.. Hanno resistito le intimate.

2. Il ricorso può essere trattato in camera di consiglio ai sensi degli artt. 376, 380 bis e 375 cod. proc. civ., essendo manifestamente infondato.

I primi due motivi, lamentando violazione e falsa applicazione dell’art. 1495 cod. civ. nonchè omessa,insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia, deducono che la sentenza impugnata non aveva tenuto conto delle prove emerse nel corso del giudizio dalle quali erano risultate le denunce dei vizi effettuate dall’attore e addirittura il riconoscimento al riguardo operato dalla venditrice, tenuto conto che comunque il termine di decadenza per la denuncia dei vizi decorre dal momento della effettiva conoscenza che – come nella specie – va individuato nella comunicazione dell’espletato accertamento tecnico preventivo.

Il terzo motivo invoca la violazione dell’art. 13 del decreto n. 224 del 1988 che stabilisce il termine di tre anni per il risarcimento dei danni nel caso di prodotti rivelatisi difettosi, termine che decorre dal momento in cui il danneggiato abbia avuto o avrebbe dovuto avere conoscenza del difetto.

Il quarto motivo censura la sentenza impugnata che aveva ritenuto ammissibile l’impugnazione incidentale tardiva che era stata proposta dalla s.p.a. Fiat Auto contro un soggetto diverso da quello che aveva spiegato l’impugnazione principale e che non era dipendente o necessitata da quest’ultima ed era stata depositata soltanto alla prima udienza del 20-12-2006 oltre il termine previsto dall’art. 325 che decorre dalla notificazione dell’appello principale.

Va esaminato preliminarmente il quarto motivo che, almeno per quanto riguarda la posizione della Fiat Auto, ha evidentemente carattere pregiudiziale.

Il motivo è infondato, essendo state correttamente ritenuta l’ammissibilità e la tempestività dell’impugnazione incidentale proposta dalla s.p.a. Fiat Auto alla stregua dell’orientamento della Suprema Corte secondo cui, in base al principio dell’interesse all’impugnazione, l’impugnazione incidentale tardiva è sempre ammissibile, a tutela della reale utilità della parte, tutte le volte che l’impugnazione principale metta in discussione l’assetto di interessi derivante dalla sentenza alla quale il coobbligato solidale aveva prestato acquiescenza; conseguentemente, è ammissibile, sia quando rivesta la forma della controimpugnazione rivolta contro il ricorrente principale, sia quando rivesta la forma della impugnazione adesiva rivolta contro la parte investita dell’impugnazione principale, anche se fondata sugli stessi motivi fatti valere dal ricorrente principale, atteso che, anche nelle cause scindibili, il suddetto interesse sorge dall’impugnazione principale, la quale, se accolta, comporterebbe una modifica dell’assetto delle situazioni giuridiche originariamente accettate dal coobbligato solidale (S.U. 24627/2007); in base al combinato disposto degli artt. 334, 343 e 371 cod. proc. civ., è ammessa l’impugnazione incidentale tardiva (da proporsi con l’atto di costituzione dell’appellato nel termine previsto dall’art. 343 cod. proc. civ.) anche quando sia scaduto il termine per l’impugnazione principale, l’unica conseguenza sfavorevole dell’impugnazione cosiddetta tardiva è che essa perde efficacia se l’impugnazione principale è dichiarata inammissibile (Cass. 15483/2008).

Il primo e il secondo motivo vanno disattesi ai sensi dell’art. 360 bis c.p.c., n. 1) introdotto dalla L. n. 69 del 2009, ratione temporis applicabile, secondo cui il ricorso è da ritenersi infondato quando il provvedimento impugnato ha deciso le questioni di diritto in modo conforme alla giurisprudenza della Corte e l’esame dei motivi non offre elementi per mutare l’orientamento della stessa (ORD S.U. 19051/20101).

Occorre premettere che la sentenza, nel rigettare la domanda proposta nei confronti della venditrice, ha ritenuto l’azione di garanzia prescritta ai sensi dell’art. 1495 c.c., u.c.: i riferimenti alla denuncia dei vizi e alla decorrenza del relativo termine non sono pertinenti, non essendosi la decisione (riguardante la venditrice) fondata sulla decadenza prevista dall’art. 1495 citato (che anzi deve ritenersi implicitamente esclusa), tenuto conto che la norma in esame prevede un termine di decadenza per la presentazione della denuncia dei vizi (dalla scoperta per i vizi occulti) e un termine di prescrizione che decorre dalla consegna. Ed in proposito, secondo il consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità, a norma dell’art. 1495 cod. civ., comma 3, il termine di prescrizione di un anno per l’esercizio dell’azione redibitoria decorre dalla consegna della cosa indipendentemente dalla scoperta del vizio (Cass. 9510/1991; 8169/ 1991; 2797/2008).

Per quel che concerne gli atti interruttivi della prescrizione, il ricorso difetta di autosufficienza laddove non trascrive il testo integrale delle prove e dei documenti ai quali si fa riferimento nei motivi dovendo qui ricordarsi che – in relazione al vizio di motivazione per omesso esame di un documento decisivo – il ricorrente ha l’onere, a pena di inammissibilità del motivo di censura, di riprodurre nel ricorso, in osservanza del principio di autosufficienza del medesimo, la prova o il documento nella loro integrità in modo da consentire alla Corte, che non ha accesso diretto agli atti del giudizio di merito, di verificare la decisività della censura (Cass. 14973/2006; 12984/2006; 7610/2006;

10576/2003), tenuto conto che in proposito occorre dimostrare la certezza e non la probabilità che, ove essi fossero stati presi in considerazione, la decisione sarebbe stata diversa: tale onere nella specie non è stato ottemperato dalle ricorrenti.

Anche il terzo motivo è infondato.

Premesso che il decreto n. 224 del 1988 prevede la responsabilità del produttore e che il danno è risarcibile nei limiti di quanto previsto dall’art. 11 del citato decreto, la deduzione è inconferente per quanto concerne la s.n.c. Barbuscia & Barba che è stata evocata in giudizio quale venditrice del bene de quo, e inammissibile per quel che riguarda la Fiat Auto, posto che il rigetto della domanda nei confronti di quest’ultima si basa su una duplice ratio decidendi: infatti, oltre alla (affermata) violazione delle prescrizioni di cui all’art. 1495 cod. civ., la domanda è stata respinta in quanto è stata esclusa la legittimazione passiva del fabbricante con motivazione che è idonea a sorreggere di per sè la decisione e non è stata minimamente censurata con il ricorso, dovendo qui ricordarsi che quando con il ricorso per cassazione una sentenza (o un capo di questa) che si fondi su più ragioni, tutte autonomamente idonee a sorreggerla, è necessario, per giungere alla cassazione della pronuncia, non solo che ciascuna di esse abbia formato oggetto di specifica censura, ma anche che il ricorso abbia esito positivo nella sua interezza con l’accoglimento di tutte le censure, affinchè si realizzi lo scopo proprio di tale mezzo di impugnazione, il quale deve mirare alla cassazione della sentenza, “in toto” o nel suo singolo capo, per tutte le ragioni che autonomamente l’una o l’altro sorreggano. Ne consegue che è sufficiente che anche una sola delle dette ragioni non abbia formato oggetto di censura, ovvero, pur essendo stata impugnata, sia respinta, perchè il ricorso o il motivo di impugnazione avverso il singolo capo di essa, debba essere respinto nella sua interezza, divenendo inammissibili, per difetto di interesse, le censure avverso le altre ragioni poste a base della sentenza o del capo impugnato (Cass. 16602/2005)”. Le resistenti hanno depositato memoria illustrativa.

Vanno condivise le argomentazioni e le conclusioni di cui alla relazione.

Il ricorso va rigettato. Le spese seguono la soccombenza.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso.

Condanna il ricorrente al pagamento in favore di ciascuna delle resistenti delle spese relative alla presente fase che liquida in Euro 1.800,00 di cui Euro 200,00 per esborsi ed Euro 1.600,00 per onorari di avvocato oltre spese generali ed accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 18 ottobre 2011.

Depositato in Cancelleria il 15 dicembre 2011

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