Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 26966 del 23/12/2016
Cassazione civile, sez. VI, 23/12/2016, (ud. 22/09/2016, dep.23/12/2016), n. 26966
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 2
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. PETITTI Stefano – Presidente –
Dott. MANNA Felice – Consigliere –
Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –
Dott. PICARONI Elisa – rel. Consigliere –
Dott. ABETE Luigi – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 1406-2015 proposto da:
C.A., C.F. elettivamente domiciliati in ROMA,
PIAZZALE DELLE BELLE ARTI 8, presso lo studio dell’avvocato ANTONINO
PELLICANO’, che li rappresenta e difende giusta procura a margine
procura a margine del ricorso;
– ricorrente –
contro
MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, (OMISSIS), in persona del Ministro pro
tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,
presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e
difende ope legis;
– controricorrente e ricorrente incidentale –
nonchè sul ricorso proposto da:
C.F., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZALE DELLE
BELLE ARTI, 8 presso lo studio dell’avvocato ANTONINO PELLICANO’ che
lo rappresenta e difende giusta procura a margine del ricorso
successivo;
– ricorrente successivo –
e contro
MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, (OMISSIS), in persona del Ministro pro
tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,
presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e
difende ope legis;
– controricorrente al ricorso successivo –
avverso il decreto n 179/2014 V.G. della CORTE D’APPELLO di SALERNO,
depositato il 23/05/2014;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del
22/09/2016 dal Consigliere Relatore Dott. ELISA PICARONI;
udito l’Avvocato Antonino Pellicanò difensore dei ricorrenti che si
riporta agli scritti insistendo per l’accoglimento del ricorso.
Fatto
RITENUTO IN FATTO
che la Corte d’appello di Salerno, con decreto in data 23 maggio 2014, ha rigettato l’opposizione L. n. 89 del 2001, ex art. 5 ter proposta da F. e C.A. avverso il decreto con il quale il Consigliere designato aveva determinato in Euro 1.600,00 l’indennizzo spettante a ciascuno dei ricorrenti a titolo di equa riparazione per la durata irragionevole dei giudizi previdenziali, promossi in data 11 dicembre 1997 e definiti con sentenza della Corte di cassazione n. 11929 del 2013;
che la Corte d’appello ha evidenziato la congruità dell’importo liquidato a compensare il patema d’animo sofferto dai ricorrenti per la non ragionevole durata, tenuto conto della modestia della pretesa azionata nel giudizio presupposto – avente ad oggetto il riconoscimento della rivalutazione monetaria sulla somma già percepita a titolo di indennità di disoccupazione agricola, la rivalutazione dell’indennità predetta e la corresponsione degli interessi -, e dell’accoglimento parziale della pretesa all’esito del giudizio di primo grado;
che i sigg. F. e C.A. ricorrono per la cassazione del decreto sulla base di quattro motivi, illustrati anche da memoria;
che il Ministero della giustizia resiste con controricorso e propone ricorso incidentale sulla base di un motivo.
Diritto
CONSIDERATO IN DIRITTO
che il Collegio ha deliberato l’adozione di una motivazione in forma semplificata;che risulta prioritario l’esame del ricorso incidentale, con il quale è denunciata la tardività del ricorso, per violazione del termine semestrale previsto dalla L. n. 89 del 2011, art. 4 sul presupposto che tale termine non sia soggetto a sospensione feriale;
che la doglianza è manifestamente infondata in quanto, come ripetutamente affermato da questa Corte, fra i termini per i quali la L. n. 742 del 1969, art. 1 prevede la sospensione nel periodo feriale vanno ricompresi non solo i termini cd. endoprocessuali, ma anche il termine entro il quale il processo stesso deve essere instaurato, allorchè l’azione in giudizio rappresenti, per il titolare del diritto, l’unico rimedio per fare valere il diritto stesso. La sospensione si applica pertanto anche al termine di sei mesi previsto dalla L. n. 89 del 2001, art. 4 per la proposizione della domanda di equa riparazione per violazione del termine ragionevole del processo (ex plurimis, Cass., sez. 1, sent. n. 5895 del 2009);che con i primi tre motivi del ricorso principale si denuncia violazione e falsa applicazione della L. n. 89 del 2001, artt. 2-bis e 3 carenza assoluta di motivazione nonchè omesso esame di un fatto decisivo oggetto di discussione tra le parti, assumendosi che la Corte d’appello avrebbe applicato erroneamente il criterio del valore del giudizio presupposto come limite dell’indennizzo, non avendo considerato la natura previdenziale/assistenziale del predetto giudizio, e non avrebbe individuato l’esatto valore della causa;che con il quarto motivo si denuncia violazione e falsa applicazione della L. n. 89 del 2001, art. 2-bis, comma 3, nonchè carenza assoluta di motivazione, e si assume che la limitazione della misura dell’indennizzo, prevista dalla norma indicata “anche in deroga al comma 1”, deve intendersi riferita al parametro annuale dell’indennizzo, non all’importo complessivo;che in via subordinata i ricorrenti eccepiscono l’illegittimità costituzionale della L. n. 89 del 2001, art. 2-bis, comma 3, nell’interpretazione fornita dalla Corte d’appello di Salerno, per violazione dell’art. 3 Cost., art. 117 Cost., comma 1, art. 6, par. 1 CEDU;
che con il quinto motivo si denuncia violazione della L. n. 89 del 2001, art. 2 in combinato disposto con gli artt. 6, comma 1, 13 e 41 CEDU, artt. 2056 e 1226 c.c., nonchè carenza assoluta di motivazione, e si contesta l’irrisorietà dell’importo liquidato, in contrasto con i parametri indennitari fissati dalla Corte EDU, e senza giustificazione;che il ricorso principale è fondato con esclusivo riferimento all’accertamento del valore del giudizio presupposto, che la Corte d’appello non ha effettuato, essendosi limitata a fare riferimento generico alla “modesta ragione di credito”;
che l’omissione viola l’art. 2-bis, comma 3, il quale postula che il giudice dell’equa riparazione individui l’esatto valore della causa, ovvero l’entità della posta in gioco, senza che rilevi al riguardo la circostanza che il giudice del giudizio presupposto abbia accolto solo parzialmente la pretesa (Cass., sez. 6-2, sent. n. 25711 del 2015);
che, per il resto, le doglianze sono infondate;che questa Corte ha già affermato che il limite previsto dall’art. 2-bis, introdotto dal D.L. n. 83 del 2012, convertito dalla L. n. 134 del 2102, va riferito all’indennizzo globale per l’ingiusta durata del processo presupposto e non a quello annuo, come emerge dall’interpretazione letterale e teleologica della norma che, in deroga espressa al comma 1, àncora l’indennizzo al valore della causa, onde evitare sovracompensazioni o arricchimenti occasionali, se non insperati (Cass., sez. 6-2, sent. n. 25804 del 2015);
che la ratio di sistema del suddetto limite ne impone l’applicazione qualunque sia la natura del giudizio presupposto, e quindi anche nel caso di giudizio avente ad oggetto prestazioni assistenziali, come nella specie, laddove la natura del giudizio presupposto rileva, a monte, al fine della verifica della sussistenza dell’interesse alla decisione nei casi di particolare esiguità della pretesa (valore monetario inferiore a 500,00 Euro), per escludere il carattere bagatellare della stessa (ex plurimis, Cass., sez. 6-2, sent. n. 11936 del 2015);
che questa Corte ha già dichiarato manifestamente infondata l’eccezione di illegittimità costituzionale della norma indicata, sul rilievo che la stessa, garantendo una più stretta relazione tra il significato economico della domanda giudiziale e il paterna d’animo che la parte subisce in attesa della definizione, persegue il legittimo obiettivo di evitare sovracompensazioni, nè introduce disparità di trattamento a seconda dell’esito della lite, posto che il valore deve essere accertato a prescindere dalla soccombenza (Cass., sez. 6-2, sentenza 14047 del 2016);
che l’accoglimento del ricorso con riferimento al mancato accertamento del valore del giudizio presupposto impone la cassazione del decreto impugnato con decisione nel merito, con rideterminazione dell’indennizzo, previo accertamento del valore dalla causa come risultante dal conteggio allegato, nell’importo di Euro 2.276,00 oltre interessi;
che le spese del giudizio di merito e del presente giudizio, compensate per la metà, sono poste per la rimanente parte a carico del Ministero della giustizia, liquidate come in dispositivo e distratte a favore del procuratore dichiaratosi antistatario.
PQM
La Corte accoglie il ricorso per quanto di ragione, cassa il decreto impugnato e, decidendo nel merito, condanna il Ministero della giustizia al pagamento dell’importo di Euro 2.276,00, oltre agli interessi dalla domanda al soddisfo, in favore di ciascuno dei ricorrenti; rigetta il ricorso incidentale; condanna il Ministero della giustizia alla rifusione delle spese del giudizio di merito, che liquida in Euro 800,00, oltre accessori, e delle spese del giudizio di legittimità, che, compensate per la metà, sono liquidate in Euro 800,00, oltre spese generali ed accessori di legge; dispone la distrazione delle spese in favore del procuratore antistatario.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Sesta civile – 2 della Corte suprema di Cassazione, il 22 settembre 2016.
Depositato in Cancelleria il 23 dicembre 2016