Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 26963 del 15/12/2011

Cassazione civile sez. VI, 15/12/2011, (ud. 18/10/2011, dep. 15/12/2011), n.26963

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PICCIALLI Luigi – Presidente –

Dott. BURSESE Gaetano Antonio – Consigliere –

Dott. MIGLIUCCI Emilio – rel. Consigliere –

Dott. CORRENTI Vincenzo – Consigliere –

Dott. BERTUZZI Mario – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

IMMOBILIARE MARE E MONTI SRL (OMISSIS) in persona del liquidatore

pro-tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA LUCREZIO CARO 62,

presso lo studio dell’avvocato CICCOTTI SIMONE, rappresentata e

difesa dall’avvocato SCARPELLI FERNANDO, giusta mandato a margine del

ricorso;

– ricorrente –

contro

T.M. (OMISSIS) in proprio e nella qualità di

erede di P.I., T.L., T.A.L.

entrambe nella qualità di eredi di P.I., elettivamente

domiciliate in ROMA, VIA DEGLI SCIPIONI 167, presso lo studio

dell’avvocato RABACCHI GIOVANNI, che le rappresenta e difende, giusta

procura speciale in calce al controricorso;

– controricorrenti –

e contro

T.R.A., T.R., T.L.;

– Intimati –

avverso la sentenza n. 70/2010 della CORTE D’APPELLO di CATANZARO del

13.1.2010, depositata il 03/02/2010;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

18/10/2011 dal Consigliere Relatore Dott. EMILIO MIGLIUCCI;

udito per la ricorrente l’Avvocato Simone Ciccotti (per delega avv.

Fernando Scarpelli) che si riporta agli scritti;

E’ presente il Procuratore Generale in persona del Dott. UMBERTO

APICE che si riporta alla relazione scritta.

Fatto

FATTO E DIRITTO

E’ stata depositata in cancelleria la seguente relazione, regolarmente comunicata al P.G. e notificata alle parti.

” P.I. e T.M. chiedevano la demolizione di un fabbricato realizzato dalla società Mare e Monti s.r.l. in violazione delle distanze dal confine e delle prescrizioni in tema di vedute.

La convenuta chiedeva il rigetto della domanda e il risarcimento conseguente alla sospensione dei lavori disposta dal Pretore adito ai sensi dell’art. 1171 cod. civ. Il tribunale accoglieva la domanda che era confermata in sede di gravame in cui la società convenuta con l’appello aveva chiesto la declaratoria di cessazione della materia del contendere essendo fra le parti intervenuta transazione che, avendo carattere novativo, aveva estinto il precedente rapporto, precludendo così l’esame delle originarie pretese fatte valere dalle parti: la sentenza di appello escludeva che la transazione intercorsa fra le parti avesse natura novativa.

Ha proposto ricorso per cassazione affidato a un unico motivo la società Mare e Monti s.r.l.. Hanno resistito le intimate.

2. Il ricorso può essere trattato in camera di consiglio ai sensi degli artt. 376,380 bis e 375 cod. proc. civ., essendo manifestamente infondato.

L’unico motivo denuncia il vizio di omessa e insufficiente motivazione circa la natura novativa della transazione laddove non aveva svolto adeguata indagine sulla volontà delle parti e non aveva valutato comparativamente il rapporto preesistente e quello risultante dalla scrittura, atteso anche il comportamento successivo tenuto dalle parti in considerazione del fatto che le attrici avevano autorizzato la convenuta a completare i lavori e che quest’ultima aveva terminato e, con il consenso delle istanti, aveva venduto l’intero immobile; nessuna considerazione era stata effettuata a proposito della pattuita penale in caso di inadempimento. Apodittica era l’affermazione secondo cui la transazione sarebbe rimasta inattuata, quando dalla stessa sentenza ne era risultata l’avvenuta esecuzione: il mancato trasferimento degli immobili era sanzionato con la penale pattuita e non configurava il mancato avvera mento del condizione. Il motivo va disatteso.

Il denunciato vizio di motivazione non sussiste: i Giudici hanno compiuto l’indagine in ordine alla volontà dichiarata dalle parti alla luce dei principi in materia di transazione novativa, escludendo che le parti, nel comporre l’originario rapporto litigioso, avessero inteso addivenire alla conclusione di un nuovo rapporto, diretto a costituire, in sostituzione di quello precedente, nuove autonome situazioni, tenuto conto che nella transazione novativa viene creato un rapporto che si sostituisce al precedente in modo da determinare una situazione di oggettiva incompatibilità tra il rapporto preesistente e quello dell’accordo transattivo, con la conseguente insorgenza dall’atto di un’obbligazione oggettivamente diversa dalla precedente. E in proposito la sentenza, nel procedere per l’appunto alla valutazione comparativa del rapporto preesistente e di quello regolato con la transazione, ha chiarito che le parti si erano richiamate alle pretese fatte valere nei giudizi in corso, formulando le rispettive concessioni in relazione a quello che aveva formato oggetto della controversia, fra cui l’abbandono della domanda di demolizione originariamente chiesta dalle attrici con il conseguente consenso all’ultimazione dei lavori da parte della convenuta: è stata, così, esclusa la creazione di un nuovo rapporto incompatibile con quello preesistente per avere la sentenza ritenuto che le parti si fossero limitate a regolare la situazione e le obbligazioni poste a base della controversia.

Orbene, il motivo si risolve nella censura della valutazione circa il carattere novativo o conservativo della transazione che, avendo ad oggetto un accertamento di fatto, è incensurabile in sede di legittimità se – come appunto nella specie – sia sorretto da motivazione immune da vizi logici o giuridici.

La sentenza ha chiarito la ragione perchè la transazione non avesse avuto attuazione, non essendosi verificata la condizione “essenziale” alla quale era subordinato il trasferimento degli immobili in favore delle attrici.

La doglianza circa la natura di condizione della clausola contenuta nell’art. 5 dell’accordo si sostanzia nella inammissibile (in sede di legittimità) censura dell’interpretazione del contratto data dai Giudici, dovendo qui ricordarsi che l’interpretazione del contratto, consistendo in un’operazione di accertamento della volontà, si risolve in un’indagine di fatto riservata al giudice di merito, il cui accertamento è censurabile in cassazione soltanto per inadeguatezza della motivazione o per violazione delle regole ermeneutiche, laddove la denuncia della violazione delle regole di ermeneutica esige una specifica indicazione dei canoni in concreto inosservati e del modo attraverso il quale si è realizzata la violazione, mentre la denunzia del vizio di motivazione implica la puntualizzazione dell’obiettiva deficienza e contraddittorietà del ragionamento svolto dal giudice del merito; nessuna delle due censure può, invece, risolversi in una critica del risultato interpretativo raggiunto dal giudice che – come nella specie – si sostanzi nella mera contrapposizione di una differente interpretazione dell’atto.

Infine, l’avvenuta esecuzione del contratto ovvero la mancata attuazione del sinallagma e la rilevanza dell’inadempimento attribuito alla convenuta sono oggetto di tipici accertamenti riservati alla valutazione del giudice di merito”.

Le parti hanno depositato memoria illustrativa.

Il Procuratore Generale ha rassegnato conclusioni conformi a quelle di cui alla relazione. Vanno condivise le argomentazioni e le conclusioni di cui alla relazione. Il ricorso deve essere rigettato.

Le spese seguono la soccombenza e vanno poste a favore di T. M., in proprio e quale erede di P.I., L. T. e T.A.L., quali eredi di P.I..

PQM

Rigetta il ricorso.

Condanna la ricorrente al pagamento in favore delle resistenti costituite delle spese relative alla presente fase che liquida in Euro 2.700,00 di cui Euro 200,00 per esborsi ed Euro 2.500,00 per onorari di avvocato oltre spese generali ed accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 18 ottobre 2011.

Depositato in Cancelleria il 15 dicembre 2011

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