Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 26955 del 02/12/2013


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Civile Sent. Sez. L Num. 26955 Anno 2013
Presidente: VIDIRI GUIDO
Relatore: MAISANO GIULIO

SENTENZA

sul ricorso 16035-2010 proposto da:
ASTALDI S.P.A. c.f. 00398970582, (incorporante della
società Italstrade S.p.A.) in persona del legale
rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata
in ROMA, VIA PO 25/B, presso lo studio degli avvocati
PESSI ROBERTO, GENTILE GIOVANNI GIUSEPPE che la
2013

rappresentano e difendono, giusta delega in atti;
– ricorrente –

2843
contro

PALADINI FRANCO C.F. PLDFNC52M02E715R, elettivamente
domiciliato in ROMA, VIALE G. MAZZINI 134, presso lo

Data pubblicazione: 02/12/2013

studio

dell’avvocato

SADURNY

CLAUDIO,

che

lo

rappresenta e difende unitamente all’avvocato TOFFOLI
PAOLO, giusta delega in atti;
– controri corrente –

– avverso la sentenza definitiva n. 4856/2009 della

R.G.N. 5737/2004;
avverso la sentenza non definitiva n. 2716/2006 della
CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 10/07/2006
R.G.N. 5737/2004;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 09/10/2013 dal Consigliere Dott. GIULIO
MAISANO;
udito l’Avvocato GENTILE GIOVANNI GIUSEPPE;
udito l’Avvocato SADURNY CLAUDIO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. GIULIO ROMANO che ha concluso per il
rigetto del ricorso.

CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 09/03/2010

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con sentenza non definitiva pubblicata il 10 luglio 2006 la Corte d’appello
di Roma, in riforma della sentenza del 4 febbraio 2004 del Tribunale di
Roma con la quale era stata dichiarata la nullità del ricorso introduttivo del
giudizio di primo grado proposto da Paladini Franco nei confronti della

condanna della società convenuta, sua ex datrice di lavoro, al pagamento di
differenze retributive in ragione del corretto inquadramento spettantegli in
funzione delle mansioni svolte, ha dichiarato la validità di tale ricorso
introduttivo. La Corte territoriale ha motivato tale pronuncia ritenendo,
contrariamente al giudice di primo grado, che il ricorso ex art. 414 cod.
proc. civ. contenesse tutti gli elementi previsti da tale norma e, in
particolare, la durata del rapporto, le mansioni svolte, il CCNL applicabile,
i livelli di inquadramento previsti da tale contratto, l’indicazione dello
straordinario svolto e le vicende societarie della datrice di lavoro. Con
successiva sentenza definitiva del 4 giugno 2009 e pubblicata il 9 marzo
2010, la medesima Corte d’appello di Roma, in parziale accoglimento della
domanda introduttiva del Paladini, ha condannato la Astaldi s.p.a. al
pagamento in suo favore della somma di € 31.315,31, di cui € 6.076,06 a
titolo di scatti di anzianità, € 11.788,83 a titolo di premio di fedeltà ed €
13.466,42 a titolo di trattamento di fine rapporto. La Corte d’appello ha
motivato tale pronuncia definitiva considerando che le mansioni di
magazziniere addetto agli acquisti di cantiere e alla correlativa gestione, di
fatto svolte dal lavoratore e provate dalle deposizioni testimoniali assunte,
debbono essere ricondotte alla categoria impiegatizia così da far conseguire
al lavoratore l’acquisizione delle differenze economiche rivendicate.
L’assunto è confermato dallo stesso comportamento datoriale per cui, ad un
certo punto del rapporto e senza cambiamento delle mansioni svolte, la
datrice di lavoro ha riconosciuto al Paladini il trattamento impiegatizio. Gli

Astaldi s.p.a., incorporante la Italstrade s.p.a., ed inteso ad ottenere la

scatti di anzianità sono stati riconosciuti in base alla previsione
contrattuale, al pari del premio di fedeltà, considerando la continuità del
rapporto svolto alle dipendenze del medesimo datore di lavoro con
modifiche di denominazione dovute a vicende societarie non contestate.
La Astaldi s.p.a. propone ricorso per cassazione avverso entrambe le

e su cinque motivi riguardo alla sentenza definitiva.
Il Paladini resiste con controricorso.
Entrambe le parti hanno presentato memoria.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo del ricorso avverso la sentenza non definitiva si
lamenta violazione dell’art. 414, comma 1 n. 4 cod. proc. civ. ai sensi
dell’art. 360, primo comma n. 3 cod. proc. civ., in ordine alla mancata
indicazione nel corpo del ricorso introduttivo del contratti collettivi
nazionali successivamente applicabili, delle declaratorie contrattuali di
riferimento e delle singole disposizioni contrattuali.
Con il secondo motivo si deduce insufficiente ed illogica motivazione circa
un punto decisivo della sentenza non definitiva nella parte in cui ritiene che
il Paladini abbia adempiuto agli obblighi di individuazione dei contratti
collettivi nazionali applicabili e delle declaratorie contrattuali di
riferimento.
Con il terzo motivo si assume violazione e falsa applicazione dell’art. 425
cod. proc. civ. ai sensi dell’art. 360, primo comma n. 3 cod. proc. civ. In
particolare si censura la sentenza impugnata nell’affermazione per cui il
testo dei contratti e accordi collettivi di lavoro applicabili alla fattispecie
oggetto del giudizio potrebbero comunque essere richiesti alle associazioni

sentenze citate articolate su tre motivi riguardo alla sentenza non definitiva,

sindacali ai sensi dell’art. 425, quarto comma cod. proc. civ. e quindi la sua
mancanza non potrebbe causare la nullità del ricorso.
Con il primo motivo del ricorso relativo alla sentenza definitiva si lamenta
omessa e comunque insufficiente motivazione ai sensi dell’art. 360 comma
1 n. 5 cod. proc. civ. in merito all’iter logico giuridico adottato dalla Corte

Paladini di mansioni riferibili alla categoria di impiegato, essendo stata
riconosciuta tale categoria senza alcun riferimento alle previsioni
contrattuali che disciplinano l’inquadramento dei dipendenti.
Con il secondo motivo si deduce omessa e comunque insufficiente
motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, in
relazione al confronto tra le risultanze di causa e le declaratorie contrattuali
di riferimento ex art. 360 comma 1 n. 5 cod. proc. civ. in quanto, anche
ammettendo provate le mansioni dedotte dal lavoratore, non sarebbe in
alcun modo motivata la mancata corrispondenza con la qualifica di operaio
rivestita dal Paladini.
Con il terzo motivo si assume violazione dell’art. 2103 cod. civ. ai sensi
dell’art. 360, primo comma n. 3 cod. proc. civ. In particolare si deduce che
le mansioni svolte dal Paladini, anche ammettendo provate quelle da lui
dedotte, non sarebbero riconducibili alla qualifica rivendicata ai sensi
dell’art. 2103 cod., civ. che prevede il diritto del dipendente ad essere
inquadrato nella qualifica corrispondente alle mansioni concretamente
svolte.
Con il quarto motivo si lamenta violazione dell’art. 2697 cod. civ. e
dell’art. 115 cod. proc. civ. ai sensi dell’art. 360, primo comma n. 3 cod.
proc. civ. In particolare si afferma che la Corte romana, in violazione di
detto art. 2697 avrebbe ritenuto sufficienti meri indizi sullo svolgimento di

d’appello ai fini della verifica giudiziale dello svolgimento da parte del

mansioni impiegatizie da parte del lavoratore, anziché richiedere una prova
piena come previsto dalla norma.
Con il quinto motivo si deduce insufficiente motivazione su un punto
decisivo della controversia in merito alla quantificazione della condanna
subita dalla Astaldi s.p.a. ed ai conteggi di controparte in quanto il richiamo

motivazione della condanna disposta.
Il primo motivo del ricorso avverso la sentenza non definitiva è
inammissibile per inidoneità del quesito di diritto ex art. 366 bis cod. proc.
civ. Il ricorrente propone, infatti, il seguente quesito:”Dica la Suprema
Corte di Cassazione se determini la violazione dell’art. 414, comma 1, n. 4,
c.p.c., l’assunto secondo cui non sia da considerasi nulle il ricorso
introduttivo di un lavoratore che rivendichi, come nel caso in esame, un
inquadramento superiore e che sia sprovvisto della specifica indicazione
dei contratti collettivi tempo per tempo vigenti, delle relative declaratorie
contrattuali di riferimento e della indicazione degli articoli del contratto
collettivo di interesse ai fini di causa”. Se si tiene conto del principio
secondo cui il quesito di diritto deve essere formulato in maniera specifica
e deve essere pertinente rispetto alla fattispecie cui si riferisce la censura
(cfr., ad es., Cass. S.U. 5 gennaio 2007 n. 36 e 5 febbraio 2008 n. 2658) è
evidente che il quesito come sopra formulato dalla società appare in buona
parte estraneo alle argomentazioni sviluppate nel motivo e comunque del
tutto astratto, senza alcun riferimento all’errore di diritto pretesamente
commesso dai giudici nel caso concreto esaminato, per cui deve ritenersi
inesistente con conseguente inammissibilità del motivo ai sensi dell’art.
366-bis c.p.c..(in tal senso v. fra le altre Cass. 10-1-2011 n. 325). Il motivo
sarebbe comunque infondato in quanto il giudice d’appello ha, con corretta
motivazione, illustrato come nel ricorso ex art. 414 c.p.c. vi fossero tutti gli

ai conteggi contenuti nelle note autorizzate non assolverebbe al dovere di

elementi essenziali che non presentavano quella incertezza assoluta che per
la giurisprudenza determinano l’invalidità dell’atto.
Gli altri due motivi sono parimente inammissibili perché non individuano il
punto della motivazione della sentenza di cui si lamenta il vizio, e tale
omissione non consente l’esame degli stessi motivi di ricorso.

essere esaminati congiuntamente riferendosi tutti, sotto vari profili, al
contestato riconoscimento della qualifica di impiegato. I motivi si
presentano inammissibili per quanto riguarda una rivalutazione delle
risultanze probatorie non consentite in sede di legittimità. Inoltre è
infondata la contestazione dell’iter argomentativo che, sulla base dei
compiti in realtà svolti dal Paladini corrispondenti a quelli di magazziniere,
ha correttamente riconosciuto al lavoratore non la qualifica di operaio,
come sostenuto dalla società, ma quella di impiegato sul presupposto che il
Paladini si occupava dell’intero ufficio, firmava le bolle di consegna,
misurava il materiale che arrivava, era addetto alla gestione degli acquisti
(attrezzature, materiale e scorte), che esulavano quindi da compiti di mera
esecuzione.
Anche il quinto motivo è inammissibile in quanto, a fronte dell’assunto del
giudice di merito che ha affermato che i conteggi erano stati allegati al
ricorso e che erano stati correttamente sviluppati nelle note autorizzate, il
ricorrente, in violazione del principio della autosufficienza del ricorso per
cassazione, non ha in alcun modo provato di avere contestato
tempestivamente e ritualmente detti conteggi, né ha in alcun modo provato
come al Paladini spettassero somme inferiori a quelle in concreto
riconosciute in giudizio.
Le spese di giudizio, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso;

I primi quattro motivi del ricorso avverso la sentenza definitiva possono

Condanna.ikricorrente al pagamento delle spese di giudizio liquidate in €
100,00 per esborsi ed € 3.500,00 per compensi professionali oltre accessori
di legge.

Così deciso in Roma il 9 ottobre 2013.

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