Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 26953 del 23/12/2016


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Cassazione civile, sez. I, 23/12/2016, (ud. 18/10/2016, dep.23/12/2016),  n. 26953

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NAPPI Aniello – Presidente –

Dott. BERNABAI Renato – Consigliere –

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Consigliere –

Dott. ACIERNO Maria – Consigliere –

Dott. FERRO Massimo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

D.M.F., M.R., L.A., MI.Ro.,

P.R., P.M., rappr. e dif. dagli avvocati Vito e

Silvana Patanella, elett. dom. presso la cancelleria della Corte di

cassazione, come da procura a margine dell’atto;

– ricorrenti –

Fallimento S.F. s.r.l., in persona del curatore fall.

p.t.;

– intimato –

per la cassazione della sentenza App. Palermo n. 118/2010, RG

626/2002 e riuniti;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

giorno 18 ottobre 2016 dal Consigliere relatore Dott. Massimo Ferro;

udito il P.M., in persona del sostituto procuratore generale Dott.

SALVATO Luigi, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

IL PROCESSO

D.M.F., M.R., L.A., MI.Ro., P.R., P.M. impugnano la sentenza App. Palermo n. 118/2010 con cui venivano rigettati gli appelli dalle medesime proposti avverso plurime sentenze, non definitive e definitive, di Trib. Palermo – nei riuniti procedimenti ad R.G. nn. 653/02, 654/02, 655/02, 656/02, 657/02 – emesse nel 1999 e nel 2001 e parzialmente confermative del rigetto delle proprie domande di ammissione al passivo del fallimento S.F. s.r.l..

Le appellanti già avevano inutilmente opposto, per quanto qui di residuo interesse, la mancata inserzione tra i crediti privilegiati ex art. 2751 bis c.c., delle differenze di trattamento retributivo e di T.F.R. pretesamente connesse alla continuità del rapporto di lavoro che doveva in realtà considerarsi instaurato con l’impresa individuale di S.F. (ovvero, secondo il ricorso, la s.d.f. fra S.F. e G.F.), dalla quale le lavoratrici sarebbero transitate e così vantando maggiori crediti complessivi anche in capo alla cessionaria d’azienda s.r.l.. La corte d’appello ritenne che nessuna unicità del rapporto lavorativo intercorso fra le parti e rispettivamente l’imprenditore individuale e poi la società fallita potesse ravvisarsi, stante la genericità delle contestazioni e la non novità degli elementi apportati al giudizio, oltre che – sul piano probatorio – la contraddittorietà delle deposizioni testimoniali delle ricorrenti pur astrattamente non incompatibili con il giudizio. Quanto poi alla determinazione delle retribuzioni, richieste ai sensi dell’art. 36 Cost., ed in confotiiiità al CCNL, non risultava provato che tale fonte dovesse applicarsi.

Il ricorso è affidato a tre motivi.

Diritto

I FATTI RILEVANTI DELLA CAUSA E LE RAGIONI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo il ricorrente deduce la violazione dell’art. 2212 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5, avendo la corte erroneamente omesso di rilevare il giudicato formatosi quanto alla pronuncia sull’opposizione allo stato passivo nel fallimento della s.d.f. fra S.F. e G.F. e contraddittoriamente apprezzato gli elementi storici della continuazione di attività, immutevolezza del luogo di lavoro e del titolare nel passaggio alla società di capitali.

Con il secondo motivo, si deduce la violazione dell’art. 36 Cost., ove la sentenza ha negato la congruità della retribuzione rispetto ai canoni costituzionali ed in questo senso agendo il CCNL come parametro di riferimento di immediata attuazione.

Con il terzo motivo, si deducono violazione di legge e vizio di motivazione quanto agli artt. 91 e 92 c.p.c., avendo la corte applicato una misura di condanna alle spese abnorme rispetto all’oggetto della domanda e alla condizione di lavoratrici prive di altro sostegno delle ricorrenti.

1. Il primo motivo, da considerare per il duplice profilo di censura, è in parte inammissibile, ove si invoca l’efficacia preclusiva del giudicato in relazione ad un principio affermato da altra sentenza resa in realtà su un giudizio di opposizione allo stato passivo tra parti diverse (il fallimento della s.d.f. fra S.F. e G.F.) (Cass. 6830/2014), senza prova o almeno allegazione della definitività della pronuncia e comunque avendo riguardo non ad una constatazione o accertamento di un fatto bensì ad una apparente statuizione di diritto (Cass. 28247/2013).

2. E’ invece fondato il secondo profilo di critica, posto che la sentenza appare contraddittoriamente avere escluso la unicità dell’attività produttiva tra iniziativa imprenditoriale pregressa riferibile a S.F. (e senza chiarirne la struttura organizzativa elevata invece a società di fatto di costui con G.F., secondo i ricorrenti) e rispettivamente alla S.F. s.r.l., omettendo di dare conto della significatività indiziante di circostanze, quali la identità oggettiva dell’attività aziendale, il non mutamento sostanziale dei luoghi di lavoro e la riconducibilità del potere direttivo alla stessa persona, proprie di un fenomeno di continuazione economica. In questo senso, va ripetuto che “nel caso di conferimento di un’azienda individuale ad una società – sia essa di persona o di capitali – si verifica un fenomeno traslativo non soggetto alla disciplina dell’art. 2498 c.c. (concernente esclusivamente il caso di trasformazione di società da un tipo in un altro, con conseguente passaggio ipso jure dalla prima alla seconda di diritti ed obblighi), ma bensì, ove il trasferimento investa l’intera struttura aziendale o parti di essa idonee a costituire autonome unità organizzative e produttive, alle disposizioni dettate, per gli aspetti generali del fenomeno stesso, dagli artt. 2558 c.c. e segg. e, per quelli particolari attinenti ai rapporti di lavoro, dall’art. 2112 c.c., in applicazione del quale sussiste la solidale responsabilità – per i debiti contratti verso i lavoratori anteriormente al trasferimento (anche se al momento di questo i relativi rapporti di lavoro non siano più in atto ed anche se detti debiti conseguano alla disposta integrazione giudiziale della retribuzione ex art. 36 Cost. e art. 2099 c.c.) – del socio conferente e della società nonchè, eventualmente, in relazione al tipo di questa, dei soci illimitatamente responsabili” (Cass. 1963/1990, 4873/1995). Ed invero “quando il lavoratore fondi la propria pretesa sulla continuità del rapporto con un unico soggetto, pronunzia “ultra petita” la sentenza che accolga la domanda in base al menzionato art. 2112 c.c., sul presupposto dell’esistenza di un trasferimento d’azienda non allegato dalla parte” (Cass. 7379/1996). Nella fattispecie il giudice di merito ha trascurato il valore indiziante delle predette circostanze ai fini di determinare se il passaggio della titolarità dell’azienda da una società di fatto ad una società a responsabilità limitata fosse compatibile con la semplice modificazione dell’atto costitutivo, tale da consentire alla società di continuare ad esistere in una nuova veste giuridica, dunque costituendo una plausibile vicenda di trasformazione ex art. 2498 c.c. (Cass. 3086/1983).

3. Il secondo motivo è fondato, con assorbimento del terzo (inerente alla regolazione delle spese di soccombenza), avendo la corte disatteso il principio – che qui si ribadisce – per cui “ai fini del giudizio circa l’adeguatezza della retribuzione ai sensi del l’art. 36 Cost., il giudice del merito deve accertare la natura e l’entità qualitativa e quantitativa delle prestazioni lavorative del dipendente, nonchè le effettive esigenze del medesimo e della sua famiglia per un’esistenza libera e dignitosa; a tale scopo può fare riferimento, come espressione parametrica delle condizioni di mercato, al contratto collettivo di categoria, ove questo non sia direttamente applicabile, o ad altro contratto che concerna prestazioni lavorative affini o analoghe” (Cass. 9759/2002, 17274/2004), apparendo dunque erronea la sbrigativa allocazione sul lavoratore dell’onere di dimostrare la specifica previsione di fonte contrattuale privata esplicitamente recante l’obbligo per il datore di dare corso all’applicazione dell’invocato CCNL, se ed una volta dimostrata la prestazione lavorativa.

Il ricorso pertanto va accolto per un profilo quanto al primo motivo, interamente quanto al secondo, con assorbimento del terzo, cassazione e rinvio ad altro collegio della Corte d’appello di Palermo, anche per le spese del presente giudizio di legittimità.

PQM

La Corte accoglie ai sensi di motivazione i primi due motivi di ricorso, dichiara assorbito il terzo e cassa la sentenza impugnata, con rinvio alla Corte d’appello di Palermo, in diversa composizione, anche per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 18 ottobre 2016.

Depositato in Cancelleria il 23 dicembre 2016

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