Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 26951 del 05/10/2021

Cassazione civile sez. VI, 05/10/2021, (ud. 04/05/2021, dep. 05/10/2021), n.26951

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BISOGNI Giacinto – Presidente –

Dott. SCOTTI U.L.C. Giuseppe – Consigliere –

Dott. MARULLI Marco – rel. Consigliere –

Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –

Dott. LAMORGESE Antonio Pietro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 16136-2020 proposto da:

A.S., elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE DELLE

MEDAGLIE D’ORO, 169, presso lo studio dell’avvocato NOVARA ANNA, che

lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, COMMISSIONE TERRITORIALE PER IL

RICONOSCIMENTO DELLA PROTEZIONE INTERNAZIONALE DI VERONA;

– intimati –

avverso la sentenza n. 5563/2019 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA,

depositata il 10/12/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 04/05/2021 dal Consigliere Relatore Dott. MARULLI

MARCO.

 

Fatto

RITENUTO IN FATTO

1. Con il ricorso in atti si impugna l’epigrafata sentenza con la quale la Corte d’Appello di Venezia, attinta dal ricorrente ai sensi del D.Lgs. 1 settembre 2011, n. 150, art. 19 e art. 702-quater c.p.c., ha confermato il diniego pronunciato in primo grado della protezione internazionale e della protezione umanitaria e se ne chiede la (cassazione sul rilievo; 1) della nullità della sentenza per violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. e per l’omesso l’esame di un fatto decisivo avendo il decidente denegato l’accesso alle misure richieste sull’assunto della non credibilità del ricorrente, quantunque a conforto dei fatti dal medesimo narrati fosse stata prodotta copia della denuncia all’autorità di polizia in ordine alle minacce ricevute nel paese di origine dal proprio datore di lavoro, nonché copia delle buste paghe relative all’attività svolta nel nostro paese, circostanza, quest’ultima, rilevante ai fini della protezione umanitaria; 2) della nullità della sentenza in relazione agli artt. 115 e 116 c.p.c. per vizio di motivazione apparente avendo il decidente denegato l’accesso alle misure richieste sull’assunto che, nel rappresentare la propria vicenda, il ricorrente non si era soffermato sui pericoli connessi ad un suo eventuale rientro in patria, al contrario avendo egli espresso al riguardo grande preoccupazione; 3) della violazione del D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, artt. 3 e 5, avendo il decidente denegato l’accesso alle misure richieste sull’assunto della non credibilità del ricorrente, malgrado le prove delle minacce, quantomeno presuntivamente rese, mediante la denuncia prodotta agli atti; 4) della nullità della sentenza per violazione e/o errata interpretazione del D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 5, comma 6, avendo il decidente denegato la protezione umanitaria in ragione delle omissioni denunciate con i precedenti motivi di ricorso.

Non ha svolto attività difensiva il Ministero intimato non essendosi il medesimo costituito con controricorso ex art. 370 c.p.c. ma solo a mezzo di “atto di costituzione” ai fini della partecipazione all’udienza pubblica inidoneo allo scopo.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

2. Tutti i sopradetti motivi di ricorso possono essere associati in un comune giudizio di immeritevolezza argomentabile sotto plurimi profili.

3. Quanto alle lagnanze esternate con il primo e secondo motivo di ricorso circa la violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. non è inopportuno rammentare che la violazione del primo ricorre solo ove il giudice abbia dichiarato espressamente di non dover osservare la regola contenuta nella norma, ovvero ha giudicato sulla base di prove non introdotte dalle parti (Cass., Sez. III, 10/06/2016, n. 11892) e che la violazione del secondo è invece ravvisabile solo quando il giudice di merito disattenda il principio della libera valutazione delle prove in assenza di una deroga normativamente prevista, ovvero, all’opposto, valuti secondo prudente apprezzamento una prova o risultanza probatoria soggetta ad un diverso regime (Cass., Sez. III, 10/06/2016, n. 11892), di modo che l’omesso esame di mere allegazioni istruttorie operate dalliparti – che neppure integra il vizio dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 secondo gli intendimenti di questa Corte (SS.UU. 8053 e 8054/2014) – non è fonte di alcun vizio cassatorio, in esso esercitandosi semmai il potere del giudice di scegliere le fonti del proprio convincimento.

4. Inammissibile poiché meramente reiteratrice di ragioni già sottoposte al vaglio di merito e quindi, da un lato, perché priva di specificità, in difetto di contenuto critico, e, dall’altro, perché intesa solo a sollecitare una rinnovazione del giudizio di fatto esperito in quella sede, è la censura ostesa con il terzo motivo di ricorso che si sottrae perciò al chiesto sindacato di legittimità.

5. Assorbito si mostra, infine, il quarto motivo di ricorso, postulando la sua disamina, in disparte da ogni altro rilievo pure parimenti preclusivo, la fondatezza e l’accoglimento delle pregresse ragioni di doglianza.

6. Il ricorso va dunque dichiarato inammissibile.

7. Nulla spese in difetto di costituzione avversaria. Doppio contributo, ove dovuto.

PQM

Dichiara il ricorso inammissibile.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente, ove dovuto, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della VI-I sezione civile, il 4 maggio 2021.

Depositato in Cancelleria il 5 ottobre 2021

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