Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 26950 del 26/11/2020

Cassazione civile sez. trib., 26/11/2020, (ud. 08/07/2020, dep. 26/11/2020), n.26950

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANZON Enrico – Presidente –

Dott. BRUSCHETTA E. Luigi – Consigliere –

Dott. PUTATURO DONATI VISCIDO di NOCERA M.G. – rel. Consigliere –

Dott. GORI P. – Consigliere –

Dott. ARMONE Maria G. – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

Sul ricorso iscritto al numero 7784 del ruolo generale dell’anno

2013, proposto da:

G.G. rappresentato e difeso, giusta procura speciale a

margine del ricorso, dall’avv.to Di Paola Paolo Pasquale,

elettivamente domiciliato presso lo studio dell’avv.to Cicconetti

Carola, in Roma, Via Cola di Rienzo n. 149;

– ricorrente –

contro

Agenzia delle entrate, in persona del Direttore pro tempore,

domiciliata in Roma, Via dei Portoghesi n. 12, presso l’Avvocatura

Generale dello Stato che la rappresenta e difende;

– controricorrente –

per la cassazione della sentenza della Commissione tributaria

regionale della Lombardia n. 3/12/2012, depositata il 27 gennaio

2012, non notificata.

Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio

dell’8 luglio 2020 dal Relatore Cons. Putaturo Donati Viscido di

Nocera Maria Giulia.

 

Fatto

RILEVATO

Che:

– con sentenza n. 3/12/2012, depositata il 27 gennaio 2012, non notificata, la Commissione tributaria regionale della Lombardia, accoglieva l’appello proposto dall’Agenzia delle entrate, in persona del Direttore pro tempore, nei confronti di G.G., titolare delle ditta individuale GDF Costruzioni di G.G., avverso la sentenza n. 376/41/2009 della Commissione tributaria provinciale di Milano che aveva accolto il ricorso proposto dal suddetto contribuente avverso l’avviso di accertamento n. (OMISSIS) con il quale l’Ufficio di Desio 2, a seguito di verifica della dichiarazione di redditi dell’anno di imposta 2003, ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 41-bis, aveva recuperato a tassazione nei confronti di quest’ultimo, ai fini Irpef, Irap e Iva, Euro 84.012,00 per ricavi non dichiarati e Euro 16.068,00 quali costi indebitamente dedotti;

– in punto di fatto, il giudice di appello ha premesso che: 1) avverso l’avviso di accertamento n. (OMISSIS) emesso, per l’anno 2003, ai fini Irpef, Irap e Iva, il contribuente G.G. aveva proposto ricorso dinanzi alla CTP di Milano eccependo preliminarmente la notifica dell’atto impositivo oltre il termine di decadenza del 31 dicembre del quarto anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione dei redditi (31 dicembre 2008) ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 43; nel merito deducendo il – mancato pagamento dei presunti importi non contabilizzati riguardanti lavori di ristrutturazione di un immobile in comproprietà con la sorella, in quanto dati in permuta a fronte della rinuncia di quest’ultima alla propria quota di comproprietà di altro immobile; 2) aveva controdedotto l’Ufficio sostenendo la tempestività della notifica dell’avviso per essere stato consegnato in data 17 dicembre 2008 al messo comunale; 3) la CTP di Milano, con la sentenza n. 376/41/2009 aveva accolto il ricorso ritenendo la notifica effettuata oltre i termini di cui all’art. 43 cit.; 4) avverso la sentenza di primo grado aveva proposto appello l’Ufficio, ribadendo la tempestività della notifica dell’avviso alla luce della sentenza della Corte costituzionale n. 477 del 2002 di declaratoria di illegittimità costituzionale del combinato disposto dell’art. 149 c.p.c. e della L. n. 890 del 1982, art. 4, comma 3, , nella parte in cui prevede il perfezionamento della notifica, per il notificante, alla data di ricezione dell’atto da parte del destinatario anzichè a quella di consegna dell’atto all’ufficiale giudiziario; 5) era rimasto contumace il contribuente;

– in punto di diritto, la CTR, per quanto di interesse ha affermato che: 1) alla luce della sentenza della Corte costituzionale n. 477 del 2002, la notifica dell’atto impositivo in questione era tempestiva in quanto lo stesso era stato depositato per la notifica all’Ufficio del messo comunale in data 17.12.2008 entro il termine di cui al D.P.R. n. 600 del 1973, art. 43, perfezionandosi, dunque, a tale data, la notifica per il notificante; 2) gli altri rilievi erano assorbiti;

– avverso la sentenza della CTR, il contribuente propone ricorso per cassazione affidato a due motivi, cui resiste, con controricorso, l’Agenzia delle entrate;

– il ricorso è stato fissato in camera di consiglio, ai sensi dell’art. 375 c.p.c., comma 2, e dell’art. 380-bis.1 c.p.c., introdotti dal D.L. 31 agosto 2016, n. 168, art. 1-bis, convertito, con modificazioni, dalla L. 25 ottobre 2016, n. 197.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

– in data 8 luglio 2020 si tiene l’adunanza camerale nell’aula d’udienza della sezione V civile del palazzo della Corte di Cassazione alla presenza dei magistrati pres. del collegio Enrico Manzon, cons. Ernestino Bruschetta, cons. Giovanni Maria Armone e con la presenza in collegamento remoto attraverso la piattaforma Microsoft Teams individuata con decreto dirigenziale adottato ai sensi del D.L. n. 18 del 2020, art. 83 convertito in L. n. 24 del 2020 dal direttore generale per i sistemi informativi automatizzati del Ministero della giustizia e pubblicato sul portale dei servizi telematici in data 20 marzo 2020 – dei magistrati cons. Maria Giulia Putaturo Donati Viscido Di Nocera e cons. Pierpaolo Gori, ai quali è assicurata la disponibilità agli atti attraverso la medesima piattaforma;

– con il primo motivo, il ricorrente denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 43 e del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 57 nonchè, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, la contraddittoria motivazione della sentenza impugnata, per avere la CTR erroneamente ritenuto che la notifica ex art. 149 c.p.c. dell’atto impositivo fosse avvenuta tempestivamente ex art. 43 cit. (entro il termine di decadenza del 31.12.2008, trattandosi dell’anno di imposta 2003) essendo stato quest’ultimo depositato presso l’Ufficio del messo comunale in data 17.12.2008, ancorchè – ferma la scissione del momento perfezionativo della notifica, a mezzo del servizio postale, per il notificante (al momento della consegna del plico all’ufficiale giudiziario) e per il notificato (alla data di ricezione dell’atto) come previsto dalla sentenza della Corte costituzionale n. 477 del 2002-nella specie, la dicitura “prot. n. 71403/08 del 17.12.2008” presente in alto a destra della pag. 1 dell’avviso di accertamento non costituisse la certificazione del deposito dell’atto presso la casa comunale ma la “protocollazione” dell’avviso fatta dall’Agenzia, con conseguente erronea “identificazione” della detta dicitura da parte del giudice di appello; al contrario, il deposito dell’atto presso la casa comunale, sarebbe avvenuto, ad avviso del ricorrente, il 12.1.2009, oltre il termine di decadenza, come certificato in basso a destra della – pag. 1 dell’avviso in questione;

– il motivo – articolato in due sub censure, da trattarsi congiuntamente per connessione- è inammissibile;

– dal ricorso si evince che il contribuente ha denunciato, in sostanza, un’erronea “identificazione” da parte del giudice di appello del contenuto della dicitura prot. n. 71403/08 del 17.12.2008″, presente in alto a destra della pag. 1 dell’avviso di accertamento, come certificazione del deposito in data 17.12.2008 dell’atto presso l’Ufficio del messo comunale e non già, come sostenuto dal contribuente, come “protocollazione” fatta dall’Agenzia dell’avviso medesimo;

– premesso che non è idoneo ad integrare errore revocatorio-eccepito dall’Agenzia nel controricorso- “l’ipotizzato travisamento di dati giuridico-fattuali acquisiti attraverso la mediazione delle parti e l’interpretazione dei contenuti espositivi degli atti del giudizio, e dunque mediante attività valutativa, insuscettibile in quanto tale quand’anche risulti errata – di revocazione” (Cass. n. 14108 del 2016; Cass. n. 13181 del 2013; da ultimo, nello stesso senso, Cass., sez. L, n. 8828 del 2017; Cass. n. 27570 del 2018; Cass. Sez. 5, Sentenza n. 26890 del 22/10/2019), nella sentenza impugnata, la CTR ha accolto l’appello dell’Ufficio stante l’asserita legittimità dell’avviso per essere stato notificato nel termine di decadenza ex art. 43 cit. (31.12.2008) essendosi perfezionata la notifica, a mezzo servizio postale, per il notificante, in data 17.12.2008, con il deposito dell’atto presso l’Ufficio del messo comunale; il che presuppone una valutazione da parte del giudice di appello degli atti del giudizio, peraltro su un punto controverso, ed esclude, in radice, l’astratta configurabilità della “svista percettiva” dedotta a fondamento dell’eccepito errore revocatorio; invero, se non risulta, nella specie, ravvisabile un errore di fatto revocatorio, il ricorrente nel denunciare, in sostanza, l’errata lettura da parte della CTR della dicitura “prot. n. 71403/08 del 17.12.2008” ha, comunque, denunciato inammissibilmente un erroneo apprezzamento della stessa, avendo il giudice di appello ritenuto provato, in base agli atti del giudizio, il deposito, in data 17.12.2008, dell’atto presso l’Ufficio del messo comunale; pertanto, nella specie, il ricorrente pur denunciando, apparentemente, una violazione di legge ed una insufficiente e contraddittoria motivazione della sentenza di secondo grado, chiede in realtà a questa Corte di pronunciarsi ed interpretare questioni di mero fatto non censurabili in questa sede mostrando di anelare ad una surrettizia trasformazione del giudizio di legittimità in un nuovo, non consentito, terzo grado di merito, nel quale ridiscutere analiticamente tanto il contenuto dei fatti storici quanto le valutazioni di quei fatti espresse dal giudice di appello – non condivise e per ciò solo censurate al fine di ottenerne la sostituzione con altre più consone alle proprie aspettative (Cass. n. 8758/2017; n. 21381/2006; v. da ultimo Cass. Sez. 5, Ordinanza n. 18721 del 13/07/2018);

– con il secondo motivo, il ricorrente denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, la nullità della sentenza per violazione dell’art. 112 c.p.c. per avere la CTR – dopo avere affermato la legittimità dell’avviso di accertamento in quanto notificato, a mezzo del servizio postale, nel termine di decadenza D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 43 – ritenuto erroneamente “assorbiti gli altri motivi”, omettendo di pronunciarsi sui motivi di impugnazione dell’atto impositivo di cui al ricorso introduttivo (violazione della L. n. 212 del 2000, artt. 7 e 10, art. 2697 c.c.);

– il motivo è infondato;

– il D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 56, con una formula che ricalca quasi letteralmente quella dell’art. 346 c.p.c. dispone che “le questioni ed eccezioni non accolte nella sentenza della commissione provinciale, che non sono specificamente riproposte in appello, si intendono rinunciate”;

– questa Corte ha affermato il condivisibile principio secondo cui “La parte pienamente vittoriosa nel merito in primo grado, difettando di interesse al riguardo, non ha l’onere di proporre, in ipotesi di gravame formulato dal soccombente, appello incidentale per richiamare in discussione “le eccezioni non accolte nella sentenza di primo grado”, da intendersi come quelle che risultino superate o non esaminate perchè assorbite o anche quelle esplicitamente respinte qualora l’eccezione mirava a paralizzare una domanda comunque respinta per altre ragioni, ma è soltanto tenuta a riproporle espressamente nel giudizio di appello in modo tale da manifestare la sua volontà di chiederne il riesame, al fine di evitare la presunzione di rinuncia derivante da un comportamento omissivo, ai sensi dell’art. 346 c.p. (Cass. Sez. L, Sentenza n. 24124 del 28/11/2016); peraltro, “Il principio sancito dall’art. 346 c.p.c., che intende rinunciate e non più riesaminabili le domande ed eccezioni non accolte dalla sentenza di primo grado che non siano state espressamente riproposte in appello, trova applicazione anche nei riguardi dell’appellato rimasto contumace in sede di gravame, in coerenza con il carattere devolutivo dell’appello, così ponendo appellato e appellante su un piano di parità – senza attribuire alla parte, rimasta inattiva ed estranea alla fase di appello, un posizione sostanzialmente di maggior favore – sì da far gravare su entrambi, e non solo sull’appellante, l’onere di prospettare al giudice del gravame le questioni (domande ed eccezioni) risolte in senso ad essi sfavorevole”(Cass. Sez. 3, Sentenza n. 28454 del 19/12/2013; Sez. 2, Sentenza n. 2730 del 06/02/2014);

– nella specie, il contribuente, completamente vittorioso in primo grado – sul rilievo assorbente, secondo la CTP, della invalidità dell’avviso per notifica dello stesso oltre il termine di decadenza ex art. 43 cit. – non ha riproposto in sede di gravame, essendo rimasto ivi contumace, le censure di merito dedotte in primo grado e “non accolte” dalla CTP, in quanto non esaminate, perchè assorbite, con conseguente presunzione di rinuncia delle stesse in applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 56; pertanto, trattandosi di censure del contribuente da presumersi rinunciate in appello, la pronuncia di “assorbimento degli altri motivi” della CTR non concreta un’omissione di pronuncia, ipotesi che, diversamente, ricorre allorquando “vi sia omissione di qualsiasi decisione su un capo della domanda, intendendosi per capo di domanda ogni richiesta delle parti che abbia un contenuto concreto formulato in conclusione specifica, sulla quale deve essere emessa pronuncia di accoglimento o di rigetto (Cass. n. 27566 del 2018; n. 28308 del 2017; n. 7653 del 2012);

– in conclusione, il ricorso va rigettato;

– le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e vengono liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

la Corte:

rigetta il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento in favore dell’Agenzia delle entrate, in persona del Direttore pro tempore, delle spese del giudizio di legittimità che liquida in complessive 4.100,00 oltre spese prenotate a debito;

Dà inoltre atto, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, il 8 luglio 2020.

Depositato in Cancelleria il 26 novembre 2020

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